Dopo una dura e prolungata lotta gli accordi raggiunti sono spesso
costituiti da luci e ombre, almeno quando i lavoratori non riescono a
vincere completamente. L'accordo di ieri a Genova sul trasporto
pubblico locale non rappresenta ancora una svolta, nonostante
l'impressionante carica conflittuale smossa. Ma allo stesso tempo non
lascia tutto come prima. Senza fare i cerchiobottisti vale la
pena provare a ragionare sui termini dell'accordo raggiunto, su ciò che è
mancato e sulle prospettive aperte. Indubbiamente viene siglato
l'obiettivo di una «Amt più forte e pubblica», ma tale ambizione fatica
ad essere visualizzata nei punti successivi. Si stabilisce di accelerare
l'applicazione della normativa sull'azienda regionale dei trasporti che
comporterebbe una effettiva razionalizzazione dell'esercizio su scala
ligure, ma la proposta dell'aumento della patrimonializzazione non c'è,
nonostante fosse la principale rivendicazione del più rappresentativo
sindacato in azienda, la Faisa. Una richiesta giustificata dal modesto
livello patrimoniale di Amt.
In compenso per rafforzare l'impresa pubblica nell'accordo la
Regione si impegna all'acquisto di 200 nuovi mezzi. Da qui ne
discenderebbe un miglioramento del servizio, un calo delle spese di
manutenzione e dunque un risparmio. Questa l'iniezione più forte in
termini di strategia aziendale. Per quanto riguarda la gestione
finanziaria del disavanzo previsto il prossimo anno, Comune e Azienda si
impegnano a reperire direttamente risorse per 4,3 milioni di euro
mentre altri 4 li recupereranno attraverso riorganizzazione interna e
risparmi senza toccare salari, orari e normative. Tale riorganizzazione
comprende un non molto chiaro «aumento delle quote di attività da
affidare in appalto», che nel caso si ipotizzasse una qualsivoglia
segmentazione del servizio, fosse anche delle linee più periferiche o
collinari, rappresenterebbe il rischio di far rientrare dalla finestra
quello che si è riusciti a lasciare fuori della porta. Invece, per
quanto riguarda gli aspetti legali della mobilitazione, importanti sono
le garanzie ottenute perché non venga preso alcun provvedimento
disciplinare e non venga chiesto nessun risarcimento.
Il problema è trarne un bilancio complessivo. Indubbiamente
questo tipo di mobilitazione è logorante e dunque doveva trovare uno
sbocco. Se essa poteva rappresentare un ponte per una vertenza nazionale
della categoria, magari fino alla realizzazione del primo sciopero
contro le privatizzazioni e per i beni comuni, e come tale è stata
vissuta da moltissimi lavoratori, invece per l'assenza di un
allargamento del fronte, si è dovuta affidare ancora una volta a
soluzioni locali anziché complessive. Soluzioni avulse da un
contesto generale. Come se i soggetti in campo avessero dato prova di
una maturità e disponibilità all'azione collettiva che nessuna
organizzazione strutturata è stata in grado di raccogliere. Speriamo che
tale risorsa, anche se non del tutto dispiegata, possa seminare una
consapevolezza più diffusa in tutto il paese.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento