L'Iran, come ha dichiarato l'Agenzia internazionale per l'Energia
Atomica (Aiea) dopo un giro d'ispezione nella Repubblica islamica, ha
fermato l'espansione del suo programma nucleare. Ancora troppo poco,
evidentemente, per l'Unione Europea, che ieri ha ripristinato le sanzioni contro Teheran annullate lo scorso settembre.
La notizia è giunta ieri in serata a conclusione di un meeting a
Bruxelles dei ministri europei delle Finanze in cui, secondo una fonte
diplomatica citata dall'AFP, è stato deciso di re-imporre le
misure punitive su sette banche e alcuni organismi iraniani accusati di
sovvenzionare il controverso programma nucleare di Teheran: misure
che erano state annullate lo scorso settembre dalla sentenza di un
tribunale europeo, che le aveva giudicate "illegittime".
Stando alle parole del diplomatico riportate dall'AFP,
ripristinando le sanzioni l'Unione Europea ha risposto ai "requisiti di
legge in materia di denominazioni" e non "alla politica comunitaria sul
programma nucleare iraniano", aggiungendo che "queste decisioni non
cambiano in alcun modo il livello di sanzioni dell'Europa contro l'Iran,
ma sono destinate a mantenere le inserzioni in corso".
La doccia fredda arriva in un momento molto delicato per il contenzioso sul programma atomico della Repubblica islamica,
a pochi giorni dal terzo round di colloqui previsto a Ginevra il 20
novembre tra Teheran e le potenze del 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia,
Gran Bretagna + Germania) il quale - si vocifera alla Casa Bianca -
potrebbe essere decisivo. Fonti dell'amministrazione americana hanno
svelato infatti che l'accordo con l'Iran sul programma nucleare "è
vicino" ed è "abbastanza possibile" che venga siglato già la prossima
settimana a Ginevra.
Due settimane fa, nel corso del secondo round di colloqui, l'accordo che
sembrava sul punto di essere firmato - con la Repubblica islamica che
aveva ceduto ai compromessi rispetto al piano iniziale presentato a
Ginevra e tutti i capi della diplomazia del 5+1 che si erano precipitati
nella città svizzera per suggellare l'accordo - è sfumato all'ultimo
momento a causa dei paletti imposti dalla Francia. Parigi, infatti,
si era improvvisamente allineata con Israele, che da giorni gridava allo
"storico errore" che avrebbe prodotto il sollevamento delle sanzioni a
Teheran senza che l'arricchimento dell'uranio non fosse cessato del tutto e le scorte in possesso dell'Iran liquidate completamente.
I timori francesi e la strategie belligeranti di Tel Aviv sono state
parzialmente smentite dall'agenzia Onu per il nucleare giovedì scorso,
quando al termine di una visita dei siti iraniani l'Aiea aveva
dichiarato che Teheran aveva congelato l'espansione del suo programma
nucleare. Secondo il rapporto dell'agenzia Onu, infatti, negli ultimi
tre mesi soltanto quattro nuove centrifughe sono state installate presso
l'impianto di Natanz, a fronte di 1.861 macchine messe in atto nel
periodo precedente.
Presso l'impianto di Fordo - il più allarmante per la comunità
internazionale, dato che arricchisce uranio che può essere utilizzato
per un ordigno nucleare se altamente purificato - invece, nessuna nuova
centrifuga è stata messa in funzione. Il rapporto dell'Aiea ha poi
sottolineato che l'Iran non ha iniziato a far operare nessuna delle
centrifughe di nuova generazione IR-2M - necessarie per produrre in
breve tempo abbastanza uranio arricchito per una possibile bomba - che
"nessuna delle principali componenti" erano state installate nel
reattore ad acqua pesante in costruzione ad Arak.
Un rapporto che non ha minimamente intaccato le posizioni del premier
israeliano Benjamin Netanyahu, che si è detto "non impressionato" dalla
relazione dell'Aiea. "L'Iran - ha detto Netanyahu - non ha bisogno di
espandere il suo programma perché già possiede le infrastrutture
necessarie a costruire un ordigno nucleare". Il primo ministro è
impegnato in una strenua opera di convincimento dell'alleato americano, per cui ogni occasione è buona per fare pressione: l'ultimo episodio
viene da Washington, dove durante una visita il ministro israeliano
dell'economia Naftali Bennet - leader di "Focolare ebraico", partito
nazionalista religioso partigiano della colonizzazione dei Territori
palestinesi occupati - ha cercato di far pressione sul Congresso
americano per non allentare le sanzioni all'Iran. Normale, per un paese
in cui - secondo un sondaggio pubblicato ieri - due terzi della popolazione si dice contraria a un accordo sul nucleare iraniano.
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