"Intervengo, dunque sono". E' la nuova logica della Francia che,
maltrattata dalla Germania e stretta tra la crisi economica, una
fallita manovra di abbassamento del debito pubblico e proteste violente
per l'annuncio di un ulteriore innalzamento delle tasse, cerca di
recuperare prestigio all'estero. In Medio Oriente, principalmente, ma
anche nelle sue ex-colonie africane. Con una portata di interventi, finanziamenti e presenze che sta superando persino quella americana.
"Più la Francia si sente inferiore economicamente, più vuole essere
attiva diplomaticamente: il ricordo del grandioso passato è ancora molto
popolare tra i francesi". Parola di Dominique Moisi, consulente senior
all'Istituto francese degli Affari internazionali.
Così, dopo l'intervento lanciato in Mali lo scorso gennaio contro
l'avanzata di al-Qaeda, il supporto totale a un bombardamento
statunitense in Siria alla fine di agosto, un braccio di ferro con
l'Iran sulla questione del nucleare che ha fatto slittare l'accordo di
due settimane e una visitina in Israele per prendere le parti di
Netanyahu contro il nucleare iraniano - e, al contempo, fare la voce
grossa contro la colonizzazione israeliana della Palestina e della sua
capitale Gerusalemme - ora François Hollande guarda ancora più a est. E offre
all'Iraq armi, formazione e cooperazione di intelligence per combattere
la guerra civile che sta nuovamente scoppiando a Baghdad.
"Siamo assolutamente disposti ad aiutare l'Iraq nella lotta contro il
terrorismo - ha dichiarato oggi l'ambasciatore francese a Baghdad Denys
Gauer, a margine della visita di una delegazione commerciale francese in
Iraq - in termini di attrezzature, formazione, intelligence e cura per
i feriti". Quello della lotta al terrorismo è "un ulteriore settore in
cui siamo totalmente aperti a collaborare con le autorità irachene e a
soddisfare le loro esigenze", ha aggiunto l'inviato di Parigi,
ammettendo che "l'aiuto" consisterà soprattutto nella vendita di armi.
L'Iraq è vittima - e colpevole - di una spirale di violenza interconfessionale che, dall'inizio dell'anno ha provocato quasi 5.900 vittime, il numero più alto dalla "fine" della guerra civile nel 2008.
Grazie anche al ritrovato vigore che al-Qaeda ha avuto nella vicina
Siria, e complice la politica di restrizioni, discriminazioni e vendette
che la minoranza sunnita subisce sotto un governo guidato da sciiti,
attacchi e attentati sono all'ordine del giorno nel Paese. Il premier
Nuri al-Maliki ha chiesto più volte agli americani, ritiratisi
dall'Iraq solo due anni fa, di fornire assistenza e nuove tecnologie per
contrastare la spirale di violenza alimentata da al-Qaeda, ma Washington sembra preoccupata da altro in questo momento.
Così Parigi non si è lasciata scappare questa nuova occasione di
riempire gli spazi lasciati vuoti dagli Stati Uniti nel domino
mediorientale: a cominciare dal pugno duro sulla distruzione delle
scorte di uranio arricchito al 20 per cento di Teheran e sull'arresto
dell'arricchimento sopra il 5 per cento - una grande vittoria del
ministro degli Esteri Laurent Fabius che ora spicca sulla bozza di
intesa firmata sabato scorso a Ginevra dal 5+1, Unione Europea e Iran.
E ora mira a riempire l'Iraq di armi, cosa che sta già facendo con le
petromonarchie del Golfo, sedotte e abbandonate come Israele dal
riavvicinamento di Washington a Teheran: Parigi si è assicurata un
contratto da 8 miliardi di dollari per la vendita agli Emirati arabi di
60 jet da combattimento Rafale. E il Qatar ne vorrebbe comprare altri 72.
Soldi nelle tasche dell'economia francese disastrata, e fiori per il
presidente con il più basso indice di gradimento della storia della République.
Fonte
Come volevasi dimostrare, il "socialista" è peggiore del conservatore, tanto in casa quanto all'esterno. L'Obama europeo come ho più volte avuto modo di sottolineare...
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