La Russia torna a condurre i giochi siriani. Dopo l'invito alla
coalizione nazionale a Mosca dal 18 al 21 novembre per un giro di
colloqui informali in concomitanza con la visita della delegazione di
Assad, oggi il presidente russo Putin ha telefonato al capo di Stato
iraniano Hassan Rowhani per discutere della situazione in Siria e sul
dossier nucleare di Teheran.
La telefonata - avvenuta "su iniziativa russa" come ha voluto precisare
il Cremlino - ha toccato i temi dell'attualità mediorientale sulle
agende internazionali, in primis la prossima conferenza di pace
sul conflitto siriano attesa per la metà di dicembre. I due presidenti
hanno "ribadito il loro sostegno a una soluzione politica del conflitto e
sottolineato l'importanza degli sforzi per preparare la conferenza
internazionale di pace Ginevra 2", con Mosca che ha chiesto la
partecipazione di Teheran.
I due capi di stato hanno anche affrontato la questione del programma
nucleare iraniano, e i risultati dei primi due round di colloqui sui
quali Mosca si era mostrata - se non proprio muta - molto fredda. Putin
ha detto a Rowhani che ora c'è una "possibilità vera" per trovare una
soluzione all'annoso problema del nucleare. Mercoledì prossimo a Ginevra
si terrà il terzo round di colloqui sulla questione tra le potenze del
5+1 e la Repubblica islamica. Dieci giorni fa l'accordo era saltato per
l'intransigenza di Parigi che, dando seguito ai dettami israeliani,
aveva chiesto maggiori garanzie sull'arricchimento dell'uranio e sulle
scorte di Teheran.
Mosca ha anche lasciato intendere che i latrati di Benjamin Netanyahu
sono fuori luogo, con il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov che
ha sottolineato quanto "certe dichiarazioni critiche" sull'accordo con
l'Iran siano "in divorzio con la realtà". "A Ginevra - ha dichiarato
il capo della diplomazia russa al quotidiano Rossijskaja Gazeta - l'Iran
era pronto a muoversi ulteriormente e più velocemente di quanto il 5+1
gli avesse chiesto all'inizio dell'anno. Quelli che sospettano russi,
americani e altri partecipanti al processo di consentire scappatoie
pericolose nel contratto, mancano di rispetto alle nostre capacità
intellettuali e ai nostri principi politici".
Non ci sono ancora notizie sulla data di Ginevra 2: inizialmente
prevista per il 25 novembre, era stata spostata a dicembre per i
tentennamenti delle opposizioni, che avevano posto come condizione alla
loro partecipazione l'assenza di Assad e del negoziatore Teheran. Fonti
del regime siriano avevano annunciato il 12 dicembre come data della
conferenza, mentre il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon ha detto
oggi di non essere ancora in grado di "annunciare una data precisa".
Intanto una delegazione del regime siriano è volata a Mosca guidata dal consigliere personale del presidente Bashar al Assad, Buthaina Shaaban, e dal vice ministro degli Esteri, Faisal Muqdad,
per tenere "consultazioni dettagliate nel contesto della preparazione
di Ginevra 2", ha fatto sapere una fonte del ministero degli esteri
russo. Anche la coalizione di opposizione siriana era stata invitata,
nel tentativo di Mosca di incassare una nuova vittoria mediorientale
riuscendo a far sedere allo stesso tavolo governo e opposizioni. Ahmed Jarba,
leader della coalizione, si è detto "molto interessato" a colloquiare
con Mosca, ma ha declinato l'invito e chiesto una nuova data perché
questa avrebbe coinciso con la visita del regime.
Intanto la Siria trema per l'inzio delle operazioni di distruzione delle armi chimiche del regime. L'organizzazione
per la proibizione delle armi chimiche (Opac) ha annunciato qualche
giorno fa che lo smaltimento sarebbe avvenuto all'estero, via mare,
entro il 5 febbraio del 2014. La strada che da Damasco conduce alla
costa verrà percorsa lentamente da decine di camion carichi delle 600
tonnellate di sostanze da smaltire, protetti unicamente dai soldati di
Assad, alla mercé di attacchi da parte dei ribelli di qualsiasi fazione.
Una volta in mare, il carico vagherà al largo nell'attesa che si renda
disponibile un nuovo paese per la distruzione: dopo il no della
Norvegia, ora anche l'Albania ha rifiutato. La Russia è già alle prese
con la distruzione delle sue armi chimiche, mentre negli Stati Uniti una
legge ne proibisce l'importazione al fine di distruggerle. Un grosso
guaio per l'amministrazione americana, che ha lasciato la patata bollente nelle mani di Damasco:
"Questo è il problema - ha dichiarato un funzionario Usa interrogato su
quale sarebbe il piano di riserva nel caso il carico fosse attaccato da
al-Qaeda - nessuno ha tentato una cosa simile, finora, durante una
guerra civile, e nessuno vuole mettere piede sul terreno per proteggere
questa roba, noi compresi".
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