di Michele Paris
Il Dipartimento
di Giustizia degli Stati Uniti ha dato di fatto il proprio via libera
questa settimana alla mega-fusione tra American Airlines e US Airways
che dovrebbe far nascere nelle prossime settimane la più grande
compagnia aerea del pianeta. La decisione ha lasciato relativamente
sorpresi analisti e commentatori, dal momento che solo tre mesi fa il
governo di Washington aveva bloccato l’annunciata fusione da 17 miliardi
di dollari, sostenendo che l’accordo avrebbe danneggiato i passeggeri
con una probabile riduzione del numero di voli offerti e l’aumento delle
tariffe.
A determinare l’inversione di rotta
dell’amministrazione Obama è stato il raggiungimento di un’intesa per
evitare la causa avviata ad agosto in base al dettato della legge
anti-trust americana e che si è risolta in concessioni del tutto
trascurabili da parte delle due compagnie.
Come ha reso noto lo
stesso Dipartimento di Giustizia nella giornata di martedì, la
nuova compagnia aerea ha accettato di cedere un numero modesto di slot -
le finestre di tempo che i voli hanno a disposizione per completare le
operazioni di decollo e atterraggio - attualmente detenuti presso gli
aeroporti Reagan di Washington e La Guardia di New York.
Nel
primo aeroporto, American Airlines e US Airways rinunceranno a 52 slot
ma continueranno comunque a coprire il 57% dei voli totali, mentre nel
terzo aeroporto di New York la diminuzione nel numero dei voli sarà
soltanto del 2%. Le due compagnie faranno a meno anche di un’altra
decina di slot suddivisi tra gli aeroporti Chicago-O’Hare, Boston-Logan,
Miami e Los Angeles International, nonché Dallas-Love Field, dove
peraltro li hanno già da tempo affittati ad altri operatori.
Complessivamente,
la compagnia che uscirà dalla fusione perderà appena 112 voli su 6.500
che prevede di operare giornalmente. Che l’accordo con il Dipartimento
di Giustizia risulti in pratica una vittoria per le compagnie lo pensano
in molti, visto che gli slot e i gate che dovranno cedere con ogni
probabilità sarebbero stati eliminati comunque dal nuovo piano
industriale previsto dalla fusione per ridurre i costi operativi.
Secondo quanto affermato al Wall Street Journal
dall’avvocato esperto in materia di anti-trust, Jeffrey Shinder, “è
forse esagerato sostenere che quello del Dipartimento di Giustizia sia
stato un semplice buffetto” ai danni delle due compagnie. Tuttavia,
“l’accordo di certo non ha posto alcun rimedio alle questioni
fondamentali” che stavano dietro al tentativo del governo di bloccare la
fusione.
Tali questioni rimaste sostanzialmente irrisolte
includono sia la possibilità che le tre grandi compagnie rimanenti -
United-Continental, Delta e la nuova American Airlines - possano
collaborare sui livelli delle tariffe da applicare sia la perdita di una
compagnia “indipendente” come US Airways che contribuiva a mantenere
una certa concorrenza.
Il ministro della Giustizia americano,
Eric Holder, ha invece cercato di far passare l’accordo, che lascia in
gran parte intatto il piano di fusione, come un successo per i
passeggeri. A suo dire, infatti, negli aeroporti interessati si
apriranno spazi per concorrenti low-cost, con il risultato di maggiore
competitività e tariffe più basse.
Tra le altre condizioni
dell’accordo c’è anche l’obbligo per la nascente compagnia di conservare
tutti i suoi attuali hub per almeno tre anni e di operare almeno un
volo al giorno nei prossimi cinque anni verso le città dei sei stati che
si erano uniti al Dipartimento di Giustizia nell’avviare la causa
anti-trust (Arizona, Florida, Michigan, Pennsylvania, Tennessee e
Virginia). La già ricordata cessione degli slot a New York e Washington,
però, determinerà la perdita di collegamenti aerei diretti tra queste
due metropoli e un certo numero di città più piccole degli Stati Uniti
La
nuova compagnia - che prenderà il nome di American Airlines Group e
sarà guidata dall’attuale CEO di US Airways, Doug Parker - avrà inoltre
la garanzia di continuare a operare le rotte aeree più trafficate e
redditizie, come ad esempio i voli che collegano New York-La Guardia con
Boston-Logan e Washington-Reagan.
La
fusione tra American Airlines e US Airways è solo la più recente tra le
principali compagnie aeree - americane e non solo - e segue, per quanto
riguarda gli Stati Uniti, quelle tra Delta e Northwest nel 2008, tra
United e Continental nel 2010 e tra Southwest e AirTran nel 2011.
Malgrado la pretesa del governo americano che ci sarà maggiore
concorrenza nel prossimo futuro, in seguito alla nascita di American
Airlines Group quattro colossi dei trasporti aerei monopolizzeranno,
secondo alcune stime, circa l’80% dei voli domestici negli Stati Uniti.
Questa
tendenza non promette nulla di buono per i costi che i passeggeri
dovranno sostenere. Infatti, secondo uno studio dell’American Antitrust
Institute, dopo la fusione tra Delta e Northwest le tariffe dei voli
operati dalla prima su molte tratte sono aumentati del 20% e addirittura
del 30% su svariati collegamenti aerei dopo la fusione tra United e
Continental.
Soprattutto, lo strumento della fusione, così come
della bancarotta, viene utilizzato dalle grandi corporation in tutti i
settori come la strada più breve per abbattere i propri costi attraverso
la riduzione di stipendi e benefit dei dipendenti e ingenti tagli di
posti di lavoro.
La stessa American Airlines o, meglio, la
compagnia AMR a cui essa fa capo assieme a American Eagle Airlines ed
Executive Airlines, aveva aperto le pratiche di fallimento nel novembre
2011, giungendo ad annunciare pochi mesi più tardi l’eliminazione di 13
mila posti di lavoro, pari al 18% del totale. Il giudice fallimentare
aveva poi approvato la fusione con US Airways nell’ambito del piano di
ristrutturazione della compagnia.
Al progetto hanno fornito il
proprio appoggio anche i sindacati, i quali hanno infatti preso parte ad
una vera e propria campagna pro-fusione assieme a 8 sindaci di grandi
città americane e a 183 membri del Congresso di Washington.
Le
organizzazioni sindacali - tra cui l’International Association of
Machinists (IAM), impossibilitata a chiudere un nuovo contratto con US
Airways dopo due anni di trattative - sono state convinte soprattutto
dalla promessa che nessuno dei circa 100 mila dipendenti complessivi
delle due compagnie perderà il proprio posto di lavoro dopo la fusione.
Visti i precedenti, tuttavia, appare estremamente improbabile che la nuova dirigenza possa mantenere a lungo il proprio impegno.
Fonte
Queste situazioni dimostrano che i sistemi capitalistici maturi non sono portatori di concorrenza e "sano" sviluppo aziendale, ma piuttosto (come già s'è osservato nel settore informatico) di aggregazioni oligopolistiche che si muovono nella direzione esattamente opposta agli interessi dell'utenza e dei dipendenti.
Scopro l'acqua calda ovviamente, ma fa sempre bene ricordare e ribadire certi concetti.
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