Aggiornamento ore 16: Nuovi scontri oggi nella capitale libica
hanno fatto salire il bilancio delle vittime a 43 morti e 460 feriti.
Nella strade di Tripoli si sono dati battaglia soldati e milizie
affiliate al governo contro gruppi armati. La città è blindata e il
governo ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale.
Roma, 16 novembre 2013, Nena News - Dopo le violenze di ieri a Tripoli, che hanno fatto almeno 31 morti e 235 feriti, il primo ministro libico, Ali Zeidan, ha lanciato un ultimatum alle milizie, ordinandogli di lasciare la città.
Ma non è chiaro come il premier riuscirà a imporre l'ordine,
considerato che questi gruppi sono ben armati e controllano ampie zone
del territorio libico.
La tensione è alta nella capitale, teatro di una giornata di scontri, i più violenti da mesi, tra
un gruppo armato di Misurata che spadroneggia in città e i manifestanti
che ieri sono scesi in strada per protestare contro la presenza di
questi miliziani.
Le violenze sono iniziate nel quartieri di Ghargur, quando un gruppo di
un centinaio di persone si è radunato davanti al quartier generale della
milizia. Un corteo pacifico, secondo i testimoni, contro cui però
alcuni guerriglieri hanno aperto il fuoco. Agli spari di avvertimento
sono seguite raffiche ad altezza d'uomo e, secondo quanto riportato
dall'agenzia Reuters, i miliziani avrebbero sparato anche con un cannone
anti-aereo. I manifestanti sono fuggiti, ma alcuni di loro
sarebbero tornati sul posto armati e sono iniziati i combattimenti. È
intervenuto anche l'esercito. Anche la settimana scorsa Tripoli è
diventata un campo di battaglia: due incidenti distinti nel giro di 48
ore hanno fatto due morti e diversi feriti.
La presenza delle milizie che fuggono al controllo del governo pone un
enorme problema di sicurezza in Libia, segnata da violenze e instabilità
dopo la fine del regime di Gheddafi, morto due anni fa durante una
rivolta sostenuta dall'intervento armato della Nato. Il Paese non ha
ancora un Costituzione, il Parlamento è paralizzato dalla
contrapposizione tra laici e islamisti e dilagano le proteste. Sono
frequenti gli scontri tra le diverse milizie, gruppi di ex ribelli che
non si sono sciolti dopo la fine del regime, e da giorni la protesta dei
berberi blocca la distribuzione di gas e petrolio dall'impianto di
Mellitah, gestito dall'Eni e dalla compagnia petrolifera nazionale
libica (Noc).
Ieri i manifestanti chiedevano al governo di applicare la legge che
prevede l'integrazione dei miliziani nelle file delle Forze armate o
nella polizia e la smobilitazione delle brigate. Ma sinora il governo
di Tripoli non è riuscito a disarmare questi guerriglieri che
controllano molte zone del Paese ed è stato lo stesso esecutivo a
ricorrere talvolta a queste formazioni per garantire la sicurezza. È
accaduto nel caso dei Comitati Supremi di Sicurezza, guidati dal
salafita Hashim Bishr, o del Lybia Shield, gruppo considerato vicino
alla Fratellanza musulmana. Lo scorso ottobre è stato persino rapito e
subito liberato il primo ministro, Ali Zeidan.
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