Torna a parlare il presidente iraniano Hassan Rohani per ribadire che l'Iran andrà "un
passo alla volta" verso l'accordo globale con l'Occidente sul suo
programma nucleare, senza abbandonare "mai" l'arricchimento dell'uranio.
Rohani ha fatto un bilancio dei primi cento giorni del suo governo e
parlato del significato dalla firma dell'accordo sul nucleare a Ginevra
con il gruppo dei 5+1 (Onu + Germania). Rohani ha aggiunto che l'intesa è "un primo passo positivo", ma, ha aggiunto, "il viaggio è ancora lungo''.
"Alcuni
all'estero - ha detto in riferimento a Israele ed Arabia Saudita - non
volevano che questa questione fosse risolta e si potrebbe dire che c'è
chi, anche nel nostro paese, agisce in modo puerile (le forze politiche
più radicali)".
"Tutti sono felici - ha aggiunto - tranne i guerrafondai e quel
regime illegittimo e d'occupazione'', ha concluso alludendo ancora una
volta a Israele.
Rohani ha sottolineato che l'accordo ha
provocato un ''cambiamento di atmosfera'' in Iran, in evidente crisi
economica, e non ha mancato di rivolgere critiche al predecessore Mahmud Ajmadinejad.
"L'amministrazione
precedente ha guadagnato 600 miliardi di dollari tra petrolio e gas in
otto anni", ma è stato, ha detto, "il governo più ricco e più
indebitato della storia".
"In questi ultimi anni - ha ironizzato Rohani - abbiamo creato occupazione ... ma in Corea del sud e in Cina".
Nell'impossibilità di far rientrare gli introiti petroliferi a causa
delle sanzioni, Teheran ha barattato petrolio e gas con merci prodotte
dai suoi clienti asiatici.
Ieri era tornato a farsi sentire anche il grande manovratore della
politica iraniana, l'ex-presidente Akbar Hashemi Rafsanjani, con
un'intervista attraverso al Financial Times, per far sapere di essere
fiducioso che Iran e potenze mondiali del 5+1 - dopo quello semestrale -
troveranno con le trattative anche l'accordo definitivo sul programma
nucleare iraniano.
Trattative per le quali c'è già una ''finestra'' entro la
quale dovrebbe svolgersi il primo incontro: fra il 22 dicembre ed il 5
gennaio, come ha anticipato il ministro degli esteri e capo-negoziatore
per il nucleare, Mohammad Javad Zarif.
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