AGGIORNAMENTO 24 NOVEMBRE 2013. L'intesa è stata raggiunta nella
notte a Ginevra, dopo quattro giorni di colloqui tra i Paesi del 5+1
(Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania) e l'Iran. Teheran
si è impegnata a non arricchire uranio sopra il 5 per cento, a
neutralizzare del 20 per cento le riserve di uranio arricchito e a non
realizzare altre centrifughe. In cambio per i prossimi sei mesi le
potenze mondiali non imporranno sanzioni che impediscono le transazioni
finanziarie e ostacolano la vendita del petrolio.
Sebbene l'accordo sia limitato nel tempo, è stato presentato come un
successo dai partecipanti al negoziato, raccogliendo il favore anche
della Guida Suprema dell'Iran l'Ayatollah Ali Khamenei: un primo passo
verso la soluzione definitiva della questione del nucleare iraniano, che
agita lo scacchiere mediorientale. Unica voce critica quella del governo israeliano:
il premier Benjamin Netanyahu ha affermato che Tel Aviv non si sente
vincolata dall'intesa che ha impegnato la Repubblica islamica a "rinunce
di carattere cosmetico" e che non permetterà all'Iran di sviluppare una
capacità nucleare militare. "Un errore storico",, ha detto Netanyahu, "Il mondo è più pericoloso". Nena News
Roma,
23 novembre 2013, Nena News - Oggi è già domani, e cioè il "momento
finale" dei negoziati sul nucleare iraniano, come ha profetizzato il
ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Assieme agli altri capi della
diplomazia del 5+1 (Russia, Cina, Usa, Francia, Gran Bretagna +
Germania), Yi è volato nella notte a Ginevra con l'intento di mettere
una firma su un'intesa che porrebbe fine a dieci anni di fallimento
diplomatico sulla questione. Il segretario di Stato Usa John Kerry era
partito ieri sera per "aiutare a sciogliere i nodi" del complesso
negoziato, anche se la sua presenza non avrebbe costituito "una
previsione dell'esito", come si erano affrettati a precisare dal
Dipartimento di Stato. Stamattina, invece, l'accordo sembra quasi
concluso. "Se fossero solo vicini all'intesa - ha dichiarato Trita
Parsi, presidente del Consiglio Nazionale Iraniano americano - Kerry non
sarebbe andato. Significa che l'accordo è fatto".
Strano il destino di questo round di colloqui, il terzo dall'inizio del
negoziato, che al secondo giorno già lasciava poche speranze di firmare
un primo accordo di sei mesi, base per un piano definitivo. Giovedì,
dopo una partenza in un "clima positivo" come sempre, era arrivata la
prima doccia fredda: i colloqui erano fermi sui punti più importanti,
come il diritto della Repubblica islamica di arricchire l'uranio e il
destino delle scorte già arricchite al 20 per cento. Altro nodo cruciale
era l'alleggerimento delle sanzioni, sul quale infuriava una strenua
battaglia dopo che Barack Obama, per dare un contentino al Congresso,
aveva dichiarato che le sanzioni più importanti, quelle sui proventi del
petrolio - che da sole generano interessi del valore di 120 milioni di
dollari al mese - sarebbero rimaste.
Poi era arrivato l'annuncio del Senato americano: dopo le vacanze del
Ringraziamento avrebbe votato per imporre un nuovo pacchetto di sanzioni
all'Iran. "Noi sosteniamo questo negoziato - ha dichiarato il leader dei
democratici al Senato Harry Reid - e speriamo che si arrivi a un
accordo. Ma dobbiamo essere pronti e preparare un nuovo pacchetto di
sanzioni entro due settimane". Parole che non hanno certo aiutato le
difficoltà iniziali del round di negoziati: il numero due della
delegazione iraniana, Abbas Araghchi, giovedì sera dichiarava che
"nessun progresso" era stato fatto fino ad allora, e che non vedeva
prospettive di riuscita nemmeno per la giornata di venerdì. La
delegazione iraniana aveva avvertito che nell'attuale clima di
diffidenza "creato dalle resistenze a un accordo", non si era "nella
fase in cui si possa affrontare seriamente la stesura di un testo".
Certo, le dichiarazioni della Guida Suprema iraniana Ali Khamenei, che
mercoledì da Teheran aveva tuonato contro Israele, "cane rabbioso del
Medio Oriente destinato a sparire" e avvertito che l'Iran non cederà sul
suo diritto di arricchire uranio, non avevano aiutato. Parole
"inaccettabili", come si era affrettato a dire il ministro degli Esteri
francese Laurent Fabius, che non giovano affatto al negoziato. Israele
era convinto di aver vinto l'altro ieri, quando sembrava che l'accordo
fosse sfumato un'altra volta: era riuscito a trascinare Parigi nella sua
offensiva diplomatica, con la delegazione francese che aveva fatto
saltare l'accordo del 9 novembre chiedendo "più trasparenza" che non una
semplice firma messa da Teheran per "fermare" l'arricchimento
dell'uranio al 20 per cento. La Francia si è ri-presentata a Ginevra
ancora più risoluta, chiedendo "fermezza nel negoziato", e il presidente
israeliano Benjamin Netanyahu aveva profetizzato mercoledì scorso che
"l'Iran non avrà mai l'arma nucleare".
E invece ieri sera, quando tutto sembrava perduto, il 5+1 pare abbia
riconosciuto a Teheran il diritto di arricchire uranio. E' stata
l'emittente iraniana Press Tv a dare la notizia, citando fonti interne
alle delegazioni sedute al tavolo di Ginevra. Una vittoria morale per la
Repubblica islamica, che potrebbe cambiare le sorti (e forse le pagine)
del negoziato: la bozza redatta il 9 novembre scorso e presa come punto
di partenza per un accordo interinale di sei mesi, prevede lo stop
all'arricchimento dell'uranio al 20 per cento, assieme al blocco del
reattore ad acqua pesante di Arak che produrrebbe plutonio. In più,
l'Iran dovrebbe sottoporsi al più rigido controllo da parte degli
ispettori dell'Aiea. Israele, che voleva lo stop di ogni attività della
Repubblica islamica legata al nucleare, era riuscito a convincere la
Francia a proporlo nel testo. Ma ora è ancora tutto da vedere: i
compromessi fatti da Teheran e dalle delegazioni occidentali sedute a
Ginevra sono ancora in fase di elaborazione.
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