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15/11/2013

Riforme e mercato in Cina: adelante, con juicio.

Il Segretario del Partito Xi Jinping e il Premier Li Keqiang hanno assunto il potere in Cina da ormai un anno. Un anno in cui gli osservatori hanno provato a indovinare la direzione della nuova leadership dai segnali, spesso contraddittori, lanciati attraverso dichiarazioni e atti di governo. La riunione del Terzo Plenum del Comitato Centrale del Partito svolta dal 9 al 12 novembre ha licenziato un documento programmatico che per la prima volta contiene le linee guida per le riforme tanto annunciate.

 

Una pietra alla volta


Un lungo comunicato dell’agenzia di stampa ufficiale Xinhua ha illustrato i contenuti del documento. Le grandi attese suscitate dall’evento hanno ovviamente portato molti osservatori a ritenere vaghe e insufficienti le linee guida per le riforme, mentre altri considerano già dirompente la promessa di “riforme profonde e globali” e il riconoscimento della “funzione decisiva del mercato”.

Chi si aspettava che la nuova generazione di dirigenti abbandonasse la tradizione gradualista delle riforme, è rimasto a bocca asciutta. Il documento riconferma chiaramente il metodo “guadare il fiume poggiando il piede su una pietra alla volta”, in altre parole il lento lavoro di sperimentazioni locali e, solo dopo un riconosciuto successo, graduale espansione delle riforme a tutti il territorio nazionale.

Tra i punti più chiari riportati da Xinhua, è la costruzione di un sistema fiscale moderno che dia vigore sia al governo centrale sia a quelli locali. La situazione debitoria delle amministrazioni locali, dopo anni di grandi investimenti infrastrutturali e scarse entrate fiscali, non è ancora chiara ed è stimata tra i dodici e i venti trilioni di Yuan.

Il documento conferma il ruolo del settore privato nell’economia cinese e riconosce al mercato una “funzione decisiva nell’allocazione delle risorse”. A questo riconoscimento si accompagna il “miglioramento del sistema di protezione dei diritti di proprietà” e l’apertura di nuove Zone di Libero Commercio come quella recentemente avviata a Shanghai, dove le regole per gli investimenti sono meno restrittive e dove anche il controllo di internet dovrebbe essere meno pesante.

Giornali influenti, come il South China Morning Post, avevano chiesto di spezzare i monopoli statali, specialmente nel campo dell’energia, per contrastare il rallentamento della crescita. Una decisione così drastica non sembra però imminente: ”dobbiamo fermamente consolidare e rafforzare l’economia pubblica, insistere sul ruolo chiave degli investimenti pubblici, far si che le imprese di stato abbiano un ruolo guida e incessantemente rafforzare la vitalità, il dominio e l’influenza dell’economia statale”. Una visione mitigata dall’adozione per le imprese statali di “moderne pratiche d’impresa”, che potrebbe significare la diminuzione di prestiti facili alle imprese pubbliche.

Un intero paragrafo è dedicato alla riforma dei rapporti tra zone rurali e urbane. Viene dichiarato esplicitamente che “la struttura duale urbana-rurale è uno dei principali ostacoli all’integrazione dello sviluppo”. Non viene nominato direttamente, ma nel mirino c’è il sistema dell’hukou, il sistema di registrazione che assegna diritti e doveri a chi è residente nelle zone rurali oppure in quelle urbane. Il problema principale riguarda il welfare, poiché i lavoratori immigrati in città senza residenza non possono ottenere i servizi locali ma solo dall’amministrazione d’origine.

Dopo sperimentazioni locali a Chongqing, Suzhou e Shenzhen, il comunicato parla di “più diritti di proprietà da dare ai contadini” ma non è chiaro se questi diritti si spingeranno fino alla possibilità di vendere la terra. Gli esperimenti pilota sembrerebbero aver lasciato scontenti i governi locali, che perdendo il controllo della terra perderebbero una fonte di introiti importante, ma anche studiosi come Zhao Xiaoling che hanno rilevato gli scarsi benefici ricavati dai contadini nei progetti pilota.

 

La squadra centrale


Nonostante l’immagine di uno stato centrale onnipotente, diffusa in occidente e alimentata dagli stessi media cinesi, l’applicazione delle riforme in Cina è sempre stata frenata dalla resistenza al cambiamento opposta dai governi locali e dai nuclei d’interessi che si formano dove s’intrecciano le amministrazioni, le imprese pubbliche e gli interessi privati.

Per provare a districare questo groviglio d’interessi sarà costituita una Squadra Centrale Ristretta, incaricata di trasformare in proposte di legge le linee guida e di coordinare e controllare i vari organi dello stato nell’applicazione delle riforme. Stando ai primi rumors riportati dal South China Morning Post, a guidare questo gruppo di lavoro ristretto sarebbero il Primo Ministro Li Keqiang, tendenzialmente considerato a favore dell’interventismo statale, insieme al vice Primo Ministro Wang Yang e Han Zheng, attualmente Segretario del Partito a Shanghai, considerati invece campioni dell’ala “pro-business”.

Il compito di questo gruppo ristretto sarà sicuramente anche quello di cercare un consenso su quelle riforme che nel documento sono nominate solo per titoli senza indicazioni chiare, come quella dell’istruzione, l’estensione della protezione sociale in senso universalistico e la protezione ambientale.

Il Plenum infine ha approvato anche la formazione di un Comitato per la Sicurezza Nazionale, che probabilmente sarà guidata dal Presidente Xi. La sicurezza nazionale è diventato un argomento sempre più caldo nell’ultimo anno a causa degli attriti col Giappone sulle Isole Diaoyu/Senkaku, degli arresti di importanti dirigente dello Stato e delle imprese per corruzione e delle tensioni interetniche che, probabilmente, sono a causa anche dei due attentati dei giorni scorsi in Piazza Tiananmen a Pechino e alla sede provinciale del Partito nello Shanxi.

Aldilà d’improbabili catastrofi sociali, la direzione del Partito Comunista è consapevole che corruzione e rallentamento della crescita economica fanno aumentare la disillusione nei confronti del governo. Sulla capacità o meno di attuare quest’ambizioso piano di riforme, Xi Jinping si gioca il grado di consenso dei cinesi al suo sogno di cinese di grande rinascita della nazione.

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