Una nuova data per Ginevra 2: il 12 dicembre. Ad annunciarlo è stato
ieri un quotidiano siriano, ma di conferme ufficiali non ne sono giunte.
Di certo una delegazione del governo siriano volerà a Mosca tra tre giorni, il 18 novembre, per discutere con la diplomazia russa dei preparativi alla conferenza di pace.
Una delegazione, quella del governo siriano, guidata dal consigliere
personale del presidente Bashar al Assad, Buthaina Shaaban, e dal vice
ministro degli Esteri, Faisal Muqdad. "Confermiamo la visita di
rappresentanti del governo siriano, che terranno consultazioni
dettagliate a Mosca nel contesto della preparazione di Ginevra 2",
ha detto una fonte del ministero degli Esteri russo, che ha aggiunto
l'intenzione di incontrarsi anche con rappresentanti delle opposizioni.
Non giungono invece conferme sulla presunta data indicata dai media
siriani, il 12 dicembre. Ieri il segretario di Stato statunitense Kerry,
parlando con il ministro degli Esteri francese Fabius, ha affermato che
sarà Ban Ki-Moon, segretario generale Onu, ad indicare una data il
prossimo 25 novembre.
Che si arrivi finalmente al tavolo del negoziato? La conferenza di
pace, prevista per lo scorso 7 maggio, è stata rinviata continuamente
per il mancato accordo tra le parti sulle precondizioni al dialogo.
Da ultimo, Ginevra 2 era stata rinviata la scorsa settimana per i
tentennamenti delle opposizioni, che avevano posto come condizione alla
loro partecipazione l'assenza di Assad e del negoziatore di Teheran.
Le critiche internazionali piovute sulla Coalizione nazionale siriana hanno
spinto la federazione delle opposizioni ad accettare il dialogo,
probabilmente preoccupata per la perdita di autorità e potere sia dentro
che fuori la Siria. Così l'11 novembre è giunto il sì della Coalizione,
a patto di veder liberati i prigionieri politici detenuti da Damasco.
Il ruolo di Hezbollah
La "globalizzazione" del conflitto siriano ha ormai contagiato il vicino Libano. Ieri il leader di Hezbollah, Nasrallah, ha dichiarato che i suoi miliziani non intendono abbandonare la Siria.
Resteranno e combatteranno a fianco dell'esercito di Assad: "Abbiamo
detto in diverse occasioni che la presenza dei nostri soldati sul suolo
siriano è quella di difendere la Siria, che sostiene la resistenza. La
nostra presenza è giustificata".
Nel corso dell'anno appena trascorso, la partecipazione delle milizie
sciite ha permesso al regime di Damasco di archiviare vittorie
importanti, come la ripresa della città di Qusayr. Allo stesso
tempo, i settarismi siriani hanno drammaticamente contagiato il Paese
dei Cedri, in particolare la città di Tripoli, dove sostenitori e
oppositori di Assad si scontrano quasi quotidianamente.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento