di Michele Paris
Nella giornata
di mercoledì gli operai della Boeing di Everett, nello stato di
Washington, saranno chiamati ad approvare o respingere una proposta di
contratto negoziata tra il management della compagnia aerospaziale, i
vertici sindacali e i leader politici locali che promette di sconvolgere
in maniera permanente i rapporti di fabbrica e le condizioni di lavoro
di quasi 20 mila persone. Nonostante il contratto in vigore dei
meccanici della Boeing sia in scadenza solo fra tre anni, la dirigenza
della compagnia ha sfruttato il prossimo inizio della produzione del
nuovo aeromobile 777X per ottenere una serie di concessioni dai
lavoratori difficilmente conseguibili nell’ambito delle normali
trattative con il sindacato (International Association of Machinists,
IAM).
In particolare, la Boeing richiede la garanzia che non
verranno organizzati scioperi nei prossimi 11 anni, il passaggio
dall’attuale sistema pensionistico a quello contributivo e quindi meno
vantaggioso, lo stop all’accumulazione di ulteriori benefici in vista
della pensione, l’aumento dei premi da pagare per le polizze sanitarie
di dipendenti e pensionati e l’allungamento del periodo previsto per il
raggiungimento del livello massimo di retribuzione da sei a sedici anni.
Inoltre,
tra il 2016 e il 2024 saranno erogati soltanto quattro aumenti
salariali pari all’1% ciascuno. Gli stipendi, cioè, verranno di fatto
tagliati visti i livelli di inflazione decisamente più elevati. In
cambio di questa svendita dei lavoratori e dei loro diritti acquisiti
sostanzialmente appoggiata dal sindacato, la Boeing promette un bonus
una tantum pari a 10 mila dollari.
Se gli operai non approveranno
il nuovo accordo, la Boeing potrebbe concretizzare la minaccia di
trasferire la produzione del nuovo 777X dal gigantesco stabilimento a
nord di Seattle in un impianto non sindacalizzato della Carolina del
Sud, con la conseguente perdita, includendo l’indotto, di decine di
migliaia di posti di lavoro per lo stato di Washington.
La
richiesta di firmare il prolungamento del contratto con una pistola
puntata alla tempia ha prodotto una massiccia opposizione tra i
lavoratori nei confronti dei vertici aziendali e dello stesso sindacato
che dovrebbe teoricamente tutelare i loro interessi.
Un’accesa
riunione tra gli iscritti all’IAM lo scorso giovedì ha fatto emergere
tutta la rabbia degli operai, tanto che il presidente della sezione 751
del sindacato, Tom Wroblewski, ha addirittura fatto a pezzi una copia
dell’accordo da lui firmato, minacciando di revocare il voto di
mercoledì.
Lo stesso Wroblewski, tuttavia, qualche giorno più
tardi è tornato a sostenere l’accordo, sia pure in maniera velata, e a
ricordare ai lavoratori di decidere “ciò che è giusto per loro, per le
loro famiglie e per la comunità”, visto che in ballo c’è “il loro futuro
e il loro lavoro”.
Le minacce e le pressioni del sindacato per
dividere i lavoratori e giungere ad un voto positivo hanno fatto però
ben poco per calmare gli animi, visto che nel pomeriggio di lunedì
un’altra riunione tra alcune centinaia di iscritti ha di nuovo mostrato
l’ampia opposizione all’accordo. Alcuni di questi ultimi hanno anche
denunciato i tentativi dei vertici sindacali di mettere a tacere il
dissenso, accusandoli inoltre di avere tradito lo sciopero di quasi due
mesi messo in atto nel 2008 imponendo le pesanti concessioni volute
dall’azienda.
Tra gli operai intervistati dal Seattle Times
durante l’incontro, molti hanno espresso il malcontento nei confronti
del sindacato e il timore per i tagli a stipendi e benefit che si
prospetterebbero con l’estensione del contratto, provocando nel prossimo
futuro una sorta di “Wal-martizzazione dell’industria aerospaziale”
nello stato, in riferimento alla depressione delle retribuzioni causata
dall’arrivo del gigante della distribuzione Wal-Mart nelle varie
comunità degli Stati Uniti.
A conferma dell’unità di intenti tra
politica, sindacato e azienda per portare attacchi senza precedenti
contro i lavoratori, nella giornata di lunedì il leader sindacale
Wroblewski è apparso a fianco dell’amministratore delegato di Boeing
Commercial Airplanes, Ray Conner, e del governatore democratico dello
stato di Washington, Jay Inslee, durante una cerimonia organizzata per
la firma da parte di quest’ultimo di un pacchetto legislativo che
comprende svariati benefici per la compagnia.
Lo stato di
Washington ha infatti da poco approvato un provvedimento ad hoc per la
Boeing in seguito alle richieste della compagnia per garantire la
produzione del 777X a Everett. Tra le agevolazioni previste ci sono 8,7
miliardi di dollari in tagli alle tasse nei prossimi tre decenni, 8
milioni di dollari destinati alla formazione di lavoratori del settore
aero-spaziale e norme più semplici per la realizzazione di progetti
industriali in questo ambito.
La Boeing ha anche chiesto, oltre
al nuovo contratto che gli operai dovranno votare mercoledì, un
pacchetto fiscale per finanziare l’ammodernamento delle infrastrutture
dello stato, tra cui le strade che la compagnia utilizza per trasportare
i propri aeromobili. Su quest’ultima misura, tuttavia, il parlamento
statale di Washington non ha ancora trovato un accordo definitivo.
L’amministratore
delegato Conner, intanto, sempre nella giornata di lunedì ha ribadito
che la minaccia di portare la produzione del 777X in Carolina del Sud
“non è un bluff”, dal momento che la sua compagnia è ormai “sotto
assedio dai concorrenti stranieri”, a cominciare dall’europea Airbus.
La
Boeing, d’altra parte, come altre grandi aziende americane, ha già
mostrato ben pochi scrupoli nel trasferire i propri impianti da stati a
forte presenza sindacale e con retribuzioni relativamente elevate ad
altri, soprattutto nel sud degli Stati Uniti, dove la manodopera risulta
molto più flessibile ed economica.
Nel 2009, ad esempio, la
produzione del 787 Dreamliner è stata spostata proprio nell’impianto di
North Charleston, in Carolina del Sud, così come altre commesse hanno
ugualmente lasciato l’area a nord di Seattle e altri impianti nello
stato di Washington.
Anche con la firma del nuovo contratto,
peraltro, nonostante le concessioni è tutt’altro che certo che la
produzione del nuovo prodotto Boeing rimarrà interamente a Everett. Tra
le parti dell’accordo che più preoccupano i lavoratori, oltre a quelle
riguardanti le loro condizioni, ce n’è infatti una che sembra lasciare
aperta la possibilità per la compagnia di appaltare la realizzazione
delle sofisticate ali del nuovo aeromobile ad un fornitore esterno.
Tutti
i sacrifici richiesti con la collaborazione del sindacato ai propri
operai dietro il ricatto di vedere sparire migliaia di posti di lavoro,
va ricordato, si inseriscono in un frangente nel quale la Boeing sta
raccogliendo profitti da record e letteralmente ricoprendo di dollari i
propri top manager.
Nel
terzo trimestre di quest’anno, la compagnia aerospaziale ha fatto
registrare un aumento degli utili pari al 12% (2,2 miliardi di dollari),
mentre il CEO di Boeing Company, Jim McNerney, ha ricevuto nel 2012
qualcosa come 27,5 milioni di dollari tra stipendio e benefit vari dopo
che la compagnia americana ha superato per la prima volta in un decennio
la rivale Airbus.
Al di là dell’esito del voto di mercoledì, che
nonostante le manifestazioni di protesta contro l’accordo non appare
per nulla scontato viste le pressioni a cui i meccanici della Boeing
sono sottoposti, la vicenda della fabbrica di Everett è l’ennesima
conferma di come i lavoratori negli Stati Uniti e altrove non trovino
ormai più nessuna significativa rappresentazione nelle organizzazioni
sindacali tradizionali.
Queste ultime, infatti, operano sempre
più come un’estensione della dirigenza aziendale per far accettare ai
propri iscritti ogni richiesta di concessione o smantellamento dei
propri diritti, dividendo e isolando i lavoratori che intendono
manifestare un qualsiasi proposito di resistenza.
Di fronte a
questo scenario, la sconfitta dei lavoratori nelle singole unità
produttive diventa pressoché inevitabile, tanto più che le compagnie
trovano regolarmente preziosi alleati tra i politici di entrambi gli
schieramenti e la stampa ufficiale, diligentemente impegnata a predicare
l’impossibilità di combattere e percorrere strade alternative che non
prevedano il deterioramento delle condizioni di lavoro per evitare lo
spettro continuamente agitato di licenziamenti e della chiusura degli
impianti industriali.
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