La democrazia turca targata Erdogan fa acqua da tutte le parti. Dopo le
durissime e violente repressioni del movimento di Gezi Park, il governo
di Ankara continua ad avere nel mirino la stampa. Ieri un tribunale di
Istanbul ha condannato all'ergastolo sei giornalisti accusati di essere
membri di un partito marxista illegale, il Partito Marxista Leninista
Comunista (MLKP). Tra loro la giornalista turco-olandese Fusun Erdogan,
direttrice della Ozgur Radio (un'emittente curda) e già dietro le sbarre
da 7 anni.
Immediate le reazioni internazionali. La Federazione Europea della
stampa ha commentato il verdetto, definendolo "un'assurdità e una
disgrazia per il sistema giudiziario turco, un'espressione del potere
assoluto del governo sulla magistratura".
La stretta del governo sulla stampa si è inasprita a seguito delle
manifestazioni di protesta dello scorso giugno. Nel 2012, secondo il
Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ), associazione
statunitense, erano almeno 76 i giornalisti prigionieri in carcere. Ma il loro numero sarebbe drammaticamente salito dopo la violenta repressione del movimento di Taksim Square e Gezi Park: il governo aveva additato la stampa indipendente come la responsabile di un complotto contro il premier Erdogan, una campagna per screditare il Paese agli occhi della comunità internazionale.
E così i reporter finiscono dietro le sbarre. Mai accusati di aver
criticato il governo: il trucco è denunciarli per la loro presunta
appartenenza a organizzazioni illegali. "Nessun regime con tendenze
autoritarie arresta un giornalista semplicemente per il fatto di essere
un giornalista - aveva detto a luglio Kadri Gursel, presidente
dell'International Press Institute - Il procuratore generale trova
sempre un'altra scusa. E in Turchia la scusa è quella di appartenere ad un'organizzazione terroristica".
Il risultato è scontato: delle oltre 1.300 testate nazionali, giornali,
radio, tv, la maggior parte sta diventando filogovernative, nuova forma
di autocensura e istinto di sopravvivenza. Secondo i dati forniti da
CPJ, negli ultimi mesi sono stati almeno 50 i reporter licenziati dopo i fatti di Gezi Park, a causa delle pressioni del governo Erdogan.
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