Dopo il Mali, la Francia si prepara a intervenire militarmente - per la seconda volta in un anno - in un'altra delle sue ex colonie dell'impero africano annunciando il dispiegamento di almeno 1200 soldati nella Repubblica Centrafricana
per un periodo di 6 mesi a sostegno dei battaglioni regionali
dell'Unione africana (Ua) e della Comunità economica degli stati
dell'Africa centrale (Eccas). Ad annunciarlo sono stati ieri i suoi
Ministri della Difesa e degli Esteri Jean Yves Le Drian e Laurent
Fabius. La notizia, confermata anche dal primo ministro della Repubblica Centrafricana, Nicolas Tiangaye, era già nell'aria da settimane
e a dare il via libero definitivo si attende ora solo l'investitura
ufficiale dell'Onu la cui risoluzione è ormai in dirittura d'arrivo per
la prossima settimana.
Circa dieci giorni fa era stato lo stesso Ban Ki-moon ad annunciare il
dispiegamento di nuovi battaglioni e la possibilità di una
ridistribuzione di quelli presenti nei Paesi vicini nel caso in cui la
situazione fosse ulteriormente precipitata in tempi ancor più rapidi.
Tanto alti funzionari dell'Onu quanto i ministri francesi confermano una
situazione «sull'orlo del genocidio». Secondo fonti Onu, nella sola
zona di Bossangoa, una delle zone più colpite - circa 300 chilometri a
nord della capitale Bangui - diverse centinaia di persone sono state
uccise nelle prime due settimane di settembre. Mentre circa 460.000 - il
10% su una popolazione di 4,6 milioni di abitanti - hanno abbandonato
le case, e più di un milione necessita di aiuti alimentari.
Due giorni fa il Vice Segretario Generale dell'Onu Jan Eliasson,
parlando al Consiglio di sicurezza, aveva esplicitamente chiesto alla
comunità internazionale interventi immediati a fronte di una situazione
che sta «scivolando nel caos completo».
Senza sbocco sul mare, isolata ed estremamente povera, nonostante le
sue riserve di oro, legname, uranio e diamanti di qualità gemma, la
Repubblica Centrafricana è devastata da una spirale di violenze che
da più di un decennio l'ha trascinata in un baratro infernale, una
voragine che litanie di stupri, uccisioni, fame e quant'altro perpetuano
giorno dopo giorno sotto gli occhi indifferenti sia dell'Occidente che
delle economie emergenti.
Il Paese è piombato nell'anarchia più totale dopo la débâcle di Bangui a
marzo scorso, quando i ribelli Seleka hanno rovesciato il Presidente
François Bozizé e insediato al potere il leader della coalizione Michel
Djotodia, formalmente insediatosi come Presidente ad interim nel mese di
agosto con un mandato di transizione di 18 mesi.
Da allora, il
dissolvimento di Seleka non è bastato ad arginare gli scontri con le
milizie di autodifesa locali, i cosiddetti «anti- Balaka» o
anti-machete, mentre i casi di esecuzioni sommarie, stupri e saccheggi
ad opera dei combattenti ex Seleka ancora all'indomani del colpo di
Stato hanno alimentato tensioni tra musulmani e cristiani nella ex
colonia francese dove la popolazione è per l'80% cristiana. La
situazione è già da tempo fuori controllo nella Repubblica
Centrafricana, un tempo considerata la Cenerentola dell'ex impero
coloniale francese in Africa poi diventata lo Stato fantasma dell'era
postcoloniale dove la Francia conta un considerevole numero di
interventi militari a difesa di non pochi interessi locali.
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