La data è stata fissata, il 22 gennaio, e il balletto delle adesioni a
Ginevra 2 sembra essersi concluso nelle ultime ore, anche se sarà arduo
arrivare a un accordo tra i diretti interessati. Governo e ribelli ci saranno, ma restano fermi su posizioni opposte e dietro l'angolo potrebbero esserci strappi e defezioni. Ci
sono anche perplessità sugli altri partecipanti, Stati come l'Iran e
l'Arabia Saudita schierati rispettivamente con il regime e con le
opposizioni. Intanto, Ankara e Teheran, in una insolita convergenza sulla Siria, hanno lanciato un appello al cessate-il-fuoco in vista della ripresa del negoziato, il cui primo infruttuoso round si è tenuto nell'estate del 2012.
Damasco ha annunciato che parteciperà ai colloqui che si prefiggono di porre fine al conflitto che in 32 mesi ha fatto oltre 120.000 morti e milioni di sfollati,
ma ha già spiegato che il presidente Bashar al Assad non si tocca e
dunque la sua delegazione non negozierà alcun passaggio di poteri.
Proprio quello che invece chiedono le opposizioni, divise e riluttanti a
sedere al tavolo assieme ai delegati governativi. Dopo molte titubanze e
diverse defezioni, ieri Ahmad al Jarba, leader della Coalizione
nazionale siriana (Cns), gruppo di opposizione in esilio, ha annunciato
che sarà a Ginevra il 22 gennaio. Un colpo di scena dopo il netto
'no' di Salim Idriss, comandate dell'Esercito siriano libero (Esl), il
braccio armato del Cns. Ma la principale condizione posta dalle
opposizioni e sostenuta anche da alcuni Paesi arabi e occidentali, tra
cui la Francia, è stata rigettata dal governo siriano: Assad non
parteciperà al negoziato, ma la sua uscita di scena non è in agenda. Gli
occidentali e le opposizioni rinuncino alle loro "illusioni", ha detto
Damasco, aggiungendo che il primo punto di discussione dovrà essere la
lotta al terrorismo, alludendo ai numerosi gruppi armati legati ad
al Qaeda che combattono tra le file dei ribelli. Formazioni che in
realtà sfuggono al controllo dell'opposizione spalleggiata
dall'Occidente e che spesso si scontrano con essa sul campo di
battaglia, poiché in mente hanno l'obiettivo di fondare uno Stato
islamico in Siria. Ormai i ribelli sono frastagliati in una galassia
di sigle che da quelle laiche a quelle jihadiste, passando per le
fazioni curde, rappresentano visioni diverse sul futuro della Siria.
Divisioni che avvantaggiano Assad che agita lo spettro del terrorismo.
La fermezza del governo siriano su Ginevra 2 spariglia le carte. Gli
Stati Uniti, sponsor del negoziato assieme alla Russia, puntano a un
governo di transizione senza Assad. Ma Damasco tratta da una
posizione di forza dopo l'accordo di settembre sulla dismissione
dell'arsenale chimico, che ha scongiurato un intervento armato guidato
da Washington, e le recenti vittorie sul campo di battaglia. Le
truppe lealiste hanno riguadagnato terreno, sottraendo ai ribelli città e
zone strategiche della Siria: la cintura intorno alla capitale è di
nuovo sotto il controllo dell'esercito governativo, come pure due
cittadine vicino ad Aleppo e la città strategica di Qara, al confine con
il Libano da dove arrivano gli uomini del movimento sciita libanese
Hezbollah a dare man forte ai soldati lealisti. E in Siria combattono
anche i volontari jihadisti che arrivano dall'estero, passando per le
porose frontiere dei Paesi confinanti: almeno 500 cittadini turchi starebbero combattendo nei gruppi ribelli, secondo il quotidiano turco Todays Zaman, creando apprensione per il dilagare di gruppi legati ad al Qaeda che potrebbero agire anche all'interno dei confini turchi.
Un fronte diplomatico ancora aperto è quello della partecipazione di
altri Paesi a Ginevra 2, in particolare di Iran e Arabia Saudita. Sono i
due Stati alleati rispettivamente del governo siriano e dei suoi
oppositori, accusati di armare le forze in campo. Teheran ha pure
ammesso di avere in Siria alcuni "consiglieri militari", ma si è detta
pronta a sedersi al tavolo "senza precondizioni". D'altronde il
recente riavvicinamento alla Casa Bianca e la firma dell'accordo sul
programma nucleare iraniano hanno fatto riguadagnare credito alla
Repubblica islamica che, per alcuni analisti, potrebbe favorire un
processo di pacificazione in Siria. Jarba ha però sottolineato che
l'Iran potrebbe esserci soltanto se "smette di prendere parte al bagno
di sangue in Siria, ritirando le proprie forze".
Mentre in Siria la battaglia sta facendo migliaia di vittime e ieri
Damasco è stata colpita da un altro attentato dinamitardo, si è
consumata una convergenza di posizioni tra Teheran (sciita) e la Turchia (sunnita), Paese schierato con i ribelli e pure accusato di finanziarli militarmente. L'agenzia iraniana Mehr ha riferito che i due governi in una dichiarazione congiunta hanno chiesto la firma di un cessate il fuoco prima di Ginevra 2.
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