La decisione della Coalizione nazionale siriana di nominare un governo
provvisorio che amministri le zone sotto il controllo dei suoi
combattenti, ha scatenato nervosismo a Washington. Ma quello a cui
puntano i ribelli è il sostegno economico per contrastare l'avanzata
della forze fedeli al presidente Bashar al Assad.
L'amministrazione statunitense era riuscita lunedì scorso, dopo lunghe
trattative, a ottenere l'adesione a Ginevra 2 del principale gruppo di
opposizione ad Assad, ma la nomina di un esecutivo dei ribelli potrebbe minare un negoziato rinviato a dicembre e sinora infruttuoso.
L'obiettivo degli Stati Uniti e dei suoi alleati occidentali è proprio
che dalla trattativa esca un governo provvisorio e la decisione
dell'opposizione mette a repentaglio la realizzazione di questo
scenario. D'altronde a Ginevra 2 si arriverà con la Coalizione nazionale
siriana che ha dichiarato che accetterà il negoziato a condizione che
Assad si faccia da parte, mentre il presidente settimane fa aveva
confermato la sua volontà di candidarsi alla prossima tornata
elettorale.
In Siria, intanto, i combattimenti non si sono mai fermati: dall'inizio della crisi, 32 mesi fa, sono
morte circa 120.000 persone, in cinque milioni sono sfollate
all'interno del Paese e oltre due milioni sono fuggite in Stati
limitrofi, soprattutto in Libano.
La Coalizione ritiene che Ginevra 2 non porterà la pace nel
Paese in tempi brevi, ha spiegato un esponente dell'opposizione coinvolto nella nomina
del governo provvisorio al quotidiano turco Hurriyet: "Gli Stati
Uniti sono contrari perché temono che mini il negoziato di Ginevra, ma
noi non possiamo continuare a lasciare le zone liberate in preda al
caos". Il governo provvisorio, però, non avrà sede in Siria ma in Turchia, nella cittadina di frontiera di Gaziantep.
Ha dunque il sostegno di Ankara che da subito si è schierata con i
ribelli ed è rimasta delusa dal mancato attacco guidato dagli Usa contro
Assad, lo scorso settembre, come d'altronde l'Arabia Saudita.
Tra i nove esponenti del governo c'è l'ex ministro dell'Agricoltura
di Assad, il dissidente Asaad Mustafa, sostenuto dai sauditi e
nominato alla guida della Difesa. Al dicastero delle Finanze è stato
assegnato l'economista Ibrahim Mero. L'unica donna è Taghreed al-Hajlee,
al ministero della Famiglia con delega per le Donne. Non si è invece
trovato un accordo sui nomi per l'Interno, l'Istruzione e la Sanità. Un
esecutivo che non potrebbe operare in Siria, perché rischierebbe non
soltanto di finire sotto attacco delle forze fedeli ad Assad, ma anche
dei miliziani qaedisti che ormai fanno parte della variegata galassia
dell'opposizione, spaccata in diverse anime di cui la Coalizione
nazionale siriana rappresenta soltanto una parte, quella sostenuta
dall'Occidente e ammessa al negoziato.
Lo scorso settembre, la Coalizione aveva nominato Ahmed Tumeh, un
islamico moderato, primo ministro a interim, contro il parere del
segretario di Stato Usa John Kerry. L'esecutivo appena costituitosi
non otterrà facilmente il riconoscimento internazionale, ma potrebbe
raccogliere i fondi necessari a proseguire la battaglia per cacciare
Assad. L'Arabia Saudita ha già aperto il portafogli: Riad si è
impegnata per 300 milioni di euro, ha riferito Aiad Koudsi, vice premier
del governo, alla Reuters, e anche la Germania avrebbe pensato a
una donazione di 60 milioni di euro. Secondo Koudsi, gli Stati
occidentali sarebbero disposti a usare l'esecutivo appena costituitosi
come canale per fare arrivare aiuti umanitari ai siriani, senza però
riconoscerlo.
Il 40 per cento della popolazione ha bisogno di assistenza, nelle zone sotto assedio la gente è esposta a malnutrizione e il focolaio di polio riscontrato
alcune settimane fa ha allertato l'Organizzazione mondiale della Sanità
(Oms) che ha avvertito sul rischio di un ritorno della polio in tutto
il Medio Oriente.
La Coalizione pensa a come raccogliere sostegno economico e un governo
potrebbe farlo attraverso le tasse e anche sfruttando le risorse
petrolifere delle zone sotto il suo controllo, anche se la produzione e
la vendita di greggio pare complicata in un Paese in guerra. Intanto,
riporta Hurriyet, anche dall'Occidente è arrivato un po' di supporto: il
ministro francese degli Esteri, Laurent Fabius, ha parlato di " spirito
di responsabilità" e l'inviato speciale britannico per l'opposizione
siriana, Jon Wilks, ha definito il governo dei ribelli "un passo
importante", sottolineando che Gran Bretagna è pronta a sostenerlo nella distribuzione di aiuti ai siriani.
Fonte
Dispiace (mica poi tanto alla fine) dirlo, ma la politica esterna più stracciona in queste settimane la stanno tenendo i paesi europei, pure Kerry riesce a fare meglio.
Nessun commento:
Posta un commento