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22/11/2013

Due Italie


Difficile dare in modo più plastico, quasi “michelangiolesco”, la contrapposizione radicale tra il paese reale, la sua popolazione, e le stanze del potere.

I giornali di ieri e di oggi sono strapieni delle cronache della “scissione” in casa berlusconiana oppure delle divisioni in casa Pd sul “caso Cancellieri”.

Danno nome per nome le collocazioni, pro o contro il governo dal giorno in cui – il 27 novembre – il Senato deciderà la decadenza del Caimano dal seggio senatoriale. Mostrano le fotografie di sconosciuti peones nominati grazie all'essere per qualche motivo entrati nelle grazie del boss (o di qualche boss suo alleato), manco fossero diventati degli eroi della “governabilità”. Danno conto delle smorfie durante il discorso del Capo che rispolverava Forza Italia, come se anche i “creativi” al suo sevizio avessero finito le riserve. Fino al collassetto finale, con cui Silvio dimostrava di non farcela più a tenere la scena. Fisicamente, di sicuro. Ma anche politicamente non è che stia poi meglio.

E che dire delle paginate spese sulla “mozione di Civati”, il “parere di Renzi”, i distinguo di Cuperlo (un discreto ghost writer ai tempi di D'Alema, sicuramente il più colto dei tre) a proposito di un poliziotto-prefetto cooptato al governo nonostante amicizie "imbarazzanti" e che rifiuta di dimettersi?

Relegate a fondo pagina, invece, o in una fotonotizia, le grandi manifestazioni contemporanee e collegate, da Napoli alla Val Susa, da Firenze a Pisa, contro quella masnada di poco di buono che dice di occuparsi, in modo bipartisan e senza alcune reale differenza, del nostro “benessere”. Sia i piddini “di sinistra” che gli ex berlusconiani convertiti alla governabilità giurano che quest'alleanza non gli piace proprio, ma lo fanno “per l'Italia”. Per noi, capito? Per tutti quelli che ieri sono scesi in piazza a gridargli di andarsene, di lasciarci decidere cosa fare di questo paese senza il loro “interessamento”.

Facce di bronzo...

Due Italie diverse, contrapposte, inconciliabili. Una minoritaria, elitaria, asservita alle indicazioni della Troika, amministratrice conto terzi di un patrimonio di cui non sa che fare. L'altra è maggioranza sociale, con le idee chiare su cosa non vuole più vedere, subire, sopportare.

La differenza sarebbe incolmabile, facilitando un rovesciamento generale delle parti e dei ruoli. Ma la prima ha dalla sua la forza e una unità di fondo contro la seconda. La nostra, questa unità di fondo, deve costruirsela. Alzando lo sguardo dal proprio ombelico, giorno dopo giorno, con i piedi per terra e senza scorciatoie “sognanti”. Ma anche senza più perdere tempo.

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