Il fatto che uno
smalto per le unghie possa provocare una crisi internazionale ci fa
capire qualcosa riguardo i livelli di repressione e di paura in Russia. È
ciò che è accaduto dai mondiali di atletica leggera di Mosca lo scorso
agosto quando la saltatrice svedese Emma Green Tregaro e la sua compagna
di squadra, la velocista Moa Hjelmer, hanno subito pressioni da parte
dei funzionari della loro nazione affinché togliessero le decorazioni
arcobaleno che adornavano le loro unghie, oppure avrebbero rischiato di
dover tornare a casa. Le loro unghie dovevano essere una piccolissima
protesta contro la recente legge russa che punta a criminalizzare e a
marginalizzare la comunità LGBT. "Non avrei potuto immaginare quanto
potesse significare per la gente, per questo sono felice di averlo
fatto" ha dichiarato Green Tregaro. "Ovviamente mi sono arrivati anche
dei brutti messaggi e ciò ha reso la mia azione ancora più preziosa."
Lo scorso anno la Duma russa ha approvato un'ondata di leggi anti-omosessuali,
una delle quali vieta la "propaganda delle relazioni sessuali non
tradizionali". Queste leggi sono talmente onnicomprensive e vaghe che
potrebbero portare in prigione chiunque riconosca la mera esistenza dei
soggetti LGBT in qualsiasi spazio pubblico come internet, le aule
scolastiche od anche nella Duma stessa. Queste leggi sono state
ovviamente siglate dal presidente Vladimir Putin, che con grande
ostentazione ha firmato anche delle ordinanze che vietano l'adozione di
bambini russi da parte di coppie LGBT, di persone single e di coppie non
sposate residenti in un paese dove sia in vigore il matrimonio tra
persone dello stesso sesso. E non è finita: Putin ha approvato una legge
che dispensa due settimane di prigione a qualunque visitatore straniero
sospettato di essere omosessuale o che ha condiviso questa informazione
con altri. Poco tempo fa il quotidiano russo Gazeta ha riportato che
quattro turisti olandesi sono stati arrestati perché "sospettati di
promuovere la propaganda omosessuale ai bambini". La legge ha anche
portato ad un'impennata nelle violenze e nelle molestie contro la
comunità LGBT.
Come ha riportato
il Guardian: "Gli attivisti dicono che la legislazione ha incoraggiato i
gruppi di destra che usano i social media per "tendere delle imboscate"
ai gay, adescandoli per poi umiliarli con le telecamere - a volte
pisciandogli addosso. Questi gruppi agiscono spesso contro gli
adolescenti omosessuali, molti dei quali hanno dichiarato al Guardian
che la crescita dell'omofobia e di quest'attivismo da giustizieri della
notte li ha costretti a condurre una vita di segregazione." Gran parte di
queste norme è stata approvata nell'ombra, con scarso dibattito o
condanne su scala internazionale e con pochissimi riferimenti sui media
non russi. Ciò è cambiato sensibilmente quando la gente ha cominciato a
discuterne nell'ambito dei prossimi Giochi Olimpici invernali di Sochi.
Il dibattito sull'incolumità degli atleti LGBT e dei loro alleati è
esploso in tutto il mondo, chiedendosi se gli stati dovessero boicottare
per protesta o anche se gli attivisti dovessero puntare a far bandire
la Russia dai suoi giochi olimpici. Tra gli atleti e le federazioni
olimpiche la domanda è anche più estrema: alle Olimpiadi gli atleti
dovrebbero solo "stare zitti e giocare" o dovrebbero utilizzare i propri
podi per protestare? Ques'ultima opzione è quella a cui assisteremo con
maggiori probabilità. Il Comitato Olimpico Statunitese (USOC) ha già
eliminato l'opzione del boicottaggio portando avanti l'idea che "la
storia ha provato che le sole persone... danneggiate dai boicottaggi sono
gli atleti che hanno lavorato per tutte le loro vite per partecipare a
questi Giochi."
Ciò lascia la
protesta come unica opzione per gli atleti ed è un'opzione con un
fattore di rischio considerevole. Dal principio Putin ha proibito tutte
le forme di protesta per i due mesi precedenti ai Giochi. Questo
decreto, che è stato leggermente alleviato, ha bandito tutte le
"assemblee, i raduni, le manifestazioni, le marce ed i picchetti" che
non fanno parte delle cerimonie olimpiche, il che implica l'arresto e la
deportazione per chiunque ritenga che solamente essere ciò che si è non
dovrebbe essere visto come "un atto di protesta".
Gli atleti che vogliano fare qualche dichiarazione non dovrebbero cercare la solidarietà del Comitato Olimpico Internazionale.
Jacques Rogge, l'ex presidente del COI, ha già reso chiaro di stare con
la Russia avvisando gli atleti di astenersi da qualsiasi protesta. Il
nuovo capo, Thomas Bach, il primo presidente ad essere una ex medaglia
d'oro, ha solamente detto che "seguiremo i nostri valori e la Carta
Olimpica." Non si stava riferendo a quella parte della carta che vieta
le discriminazioni di ogni tipo ma alla Regola 50 che recita: "Non è
permessa nessuna manifestazione di propaganda politica, religiosa o
razziale." Il funzionario capo del Marketing del COI, Gerhard Heiberg,
ha più schiettamente richiesto un piano per schiacciare le
manifestazioni affermando "Credo che tutto ciò possa rovinare le cose
per tutti noi."
L'ex leader del
comitato olimpico canadese Dick Pound ha dato ai funzionari olimpici
questo consiglio: "Dire ai vostri ragazzi 'Se avete a che fare con
questa roba vi rimanderemo a casa.'" Malgrado il livello senza
precedenti di prevenzione atta a schiacciare qualsiasi parvenza di
libertà d'espressione molti partecipanti ai giochi hanno già chiarito
che sfideranno qualsiasi divieto posto sulle proprie possibilità di
essere ascoltati. La storia di Brian Burke è esemplare. A lungo
dirigente di alto livello della National Hockey League, attualmente è
direttore del personale di gioco della squadra olimpica di hockey degli
Stati Uniti. Divenne sostenitore dei diritti LGBT dopo l'outing di suo
figlio Brendan. Dopo che Brendan morì a 21 anni in un incidente d'auto
Burke e l'altro suo figlio, Patrick, hanno avviato il progetto "You Can
Play", che mira a rendere lo sport uno spazio sicuro per gli atleti
LGBT. Nel numero di settembre di Sports Illustrated Burke ha scritto che
"la Russia ha criminalizzato la mia capacità di essere padre e la
nostra capacità di essere una famiglia."
"Non dovete
essere gay per preoccuparvene. Non dovete avere un figlio od una figlia
gay per riconoscere un tentativo organizzato da un governo per prendere
di mira e distruggere una minoranza. La storia ci ha insegnato che senza
controllo questo tipo di bigotteria potrà soltanto aumentare. Il resto
del mondo non può rimanere un testimone silenzioso. Così, Olimpionici,
quando preparate i vostri pattini aggiungeteci una spilla arcobaleno.
Quando esercitate il vostro russo imparate a dire "Sono pro-gay". Quando
raccogliete i vostri abiti invernali sappiate che You Can Play potrà
equipaggiarvi con strumenti di propaganda antiomofoba. La pressione per
fare ciò che è giusto non dovrebbe terminare con la cerimonia di
chiusura, il COI, l'USOC ed ogni ente governativo dello sport dovrebbero
rifiutarsi di far svolgere in futuro altre competizioni internazionali
in Russia finché queste leggi oltraggiose non saranno ritirate. Questo è
il boicottaggio che invoco." Burke non è il solo. Blake Skjellerup, il
pattinatore olimpico della Nuova Zelanda apertamente omosessuale, si è
unito alla campagna Athlete Ally/Ally Out che chiede l'abrogazione della
legislazione anti-LGBT russa prima dei Giochi di Sochi. "Voglio
esprimere solidarietà all'Athlete Ally e al resto della comunità LGBT
per mostrare ovunque che le politiche della Russia sono arcaiche ed una
violazione dei diritti umani. È un tema molto più grande dell'atletica,
ma se attraverso lo sport ho la possibilità di far cambiare idea e di
far aprire delle porte, allora è ciò che farò."
Anche il
presidente Obama, alla ricerca di un'opportunità per mettere i bastoni
tra le ruote del presidente russo, ha colto l'attimo. Rompendo
con la tradizione la delegazione statunitense non includerà membri delle
famiglie del presidente o del vicepresidente. Al contrario ci saranno
la leggenda del tennis Billie Jean King, la due volte olimpionica di
hockey Caitlin Cahow, entrambe apertamente ed orgogliosamente
omosessuali, e la medaglia d'oro di pattinaggio artistico Brian Boitano,
che ha fatto coming out subito dopo l'inclusione nella delegazione.
Considerando che la King ha dichiarato che la comunità LGBT dovrebbe utilizzare un "momento John Carlos"
- in riferimento alla medaglia di bronzo che alle olimpiadi di Città
del Messico nel '68 alzò un pugno con un guanto nero a sostegno dei
diritti umani e contro il razzismo - questa non dovrebbe essere la più
tranquilla delle delegazioni. Questo movimento ha strappato risposte
contraddittorie dai circoli dominanti russi. Vitaly Milonov, il politico
che era alla testa del divieto di "propaganda omosessuale" a San
Pietroburgo che ha fatto da modello per Putin, ha ardentemente difeso la
legge. Ha dichiarato: "Non ho sentito alcun commento da parte del
governo della Federazione Russa ma so che [il divieto] è conforme al
diritto russo. E se una legge è stata approvata dall'assemblea
legislativa federale e firmata dal presidente allora il governo non ha
il diritto di sospenderla. Non ne ha l'autorità." Inoltre Vitaly Mutko,
ministro dello sport, sta sostenendo che qualsiasi preoccupazione per la
sicurezza degli atleti LGBT è un "problema inventato" che i media
occidentali hanno messo in evidenza per infangare la reputazione del
paese. "Agli atleti russi, a quelli stranieri, agli ospiti, a coloro che
vengono a Sochi saranno garantiti tutti i diritti e le libertà" ha
dichiarato aggiungendo che "questa legge non priva nessun cittadini dei
diritti, se è un atleta o un ospite."
Da parte sua
Putin ha liberato i prigionieri politici, tra cui i membri del gruppo
punk rock Pussy Riot ed il magnate del petrolio Mikhail Khodorkovsky,
per placare le preoccupazioni. Di recente ha anche annunciato la
creazione di "aree di protesta" a circa nove miglia dal più vicino sito
olimpico. In Russia c'è chiaramente il timore che ad attendere il paese
ci sia un disastro nelle pubbliche relazioni internazionali nel caso in
cui venga schiacciato il dissenso degli atleti, mentre allo stesso
momento i funzionari vogliono utilizzare i soggetti LGBT come
capri espiatori per le crisi attuali: i bassi tassi di nascita, le
massicce disparità delle ricchezze, la stagnazione economica e
l'insicurezza all'interno della struttura di potere globale.
Inoltre utilizzare i soggetti LGBT come capri espiatori distoglie
l'attenzione da quelli che sembrano essere le Olimpiadi più corrotte
della storia - il che è davvero una prodezza.
Stime
prudenti pongono il costo dei Giochi di Sochi a 51 miliardi di dollari
statunitensi, cioè più del 400% dei costi preventivati all'inizio, e ciò
li rende i giochi più costosi della storia - anzi, più costosi
di tutte le Olimpiadi Invernali messe insieme. I costi non sono
lievitati a causa della sicurezza, anche se saranno schierati 30.000
soldati ed un numero di vigilantes senza precedenti. Invece queste
gigantesche somme sono il risultato del più sfacciato clientelismo
immaginabile.
Arkady e Boris
Rotenberg, due industriali amici d'infanzia di Putin, hanno ricevuto 21
contratti governativi per un valore totale di 7,4 miliardi, cioè più di
tutte le olimpiadi del 2010 a Vancouver. Un altro progetto, una linea
ferroviaria di 31 miglia per collegare il villaggio olimpico costiero
con quello sulle montagne, costerà la sbalorditiva cifra di 8,7
miliardi. L'edizione russa di Esquire ha stimato che con questa cifra i
binari "dovrebbero essere interamente rivestiti con uno strato di
caviale di beluga alto un centimetro." Come hanno scritto i capi
dell'opposizione Boris Nemtsov e Leonid Martynyuk "Solo gli oligarchi e
le imprese vicine a Putin si sono arricchite. L'assenza di una giusta
competizione ed il clientelismo hanno portato ad un netto aumento dei
costi e alla scarsa qualità delle opere necessarie a preparare i
Giochi." Nemtsov ha aggiunto sul suo blog: "Il fatto è che quasi tutto
ciò che è relativo ai problemi e agli abusi dei costi è stato
attentamente nascosto e continua ad essere insabbiato dalle autorità."
Uno di questi
funzionari era Akhmed Bilalov, vice-capo del comitato olimpico russo che
gestiva anche un'impresa di costruzione di località sciistiche nel
Caucaso. Dopo che l'anno scorso Putin lo aveva incolpato per lo
sforamento dei costi Bilalov ha perso il lavoro ed è stato accusato di
aver utilizzato male il denaro statale. Dopo di che è scappato
all'estero. Ancor più nauseante, se non sorprendente, è l'alzata di
spalle dei funzionari del COI riguardo queste accuse di corruzione.
Jean-Claude Killy, la superstar francese dello sci e tripla medaglia
d'oro alle Olimpiadi del '68, è attualmente responsabile della
commissione di coordinamento del COI per i giochi di Sochi ed ha
dichiarato: "Non ricordo un'olimpiade senza corruzione. Ovviamente non è
una scusa e ne sono molto dispiaciuto ma ci può essere corruzione in
questo paese. C'era corruzione prima. Spero che troveremo un modo per
aggirarla. "Se Putin aveva previsto di poter attaccare impunemente i
soggetti LGBT mentre i suoi amici d'infanzia saccheggiavano il bottino
si è sbagliato. Ciò che non ha considerato è che avrebbe fatto nascere
direttamente un livello senza precedenti di fiducia nel mondo dello
sport tra i soggetti LGBT e dei loro alleati. Da quando Jason Collins ha
fatto coming out la scorsa primavera - il primo giocatore attivo
dell'NBA a farlo - sempre più atleti LGBT e gli alleati si sono
organizzati per porre fine alla tradizione dello spogliatoio come
"l'ultimo armadio" [da cui uscire per fare outing NdT]. Come ha detto
Blake Skjellerup "La mia identità sessuale è gay ed essere gay non è
propaganda. Non posso cambiare la mia identità sessuale e immagino che
non la cambierò durante i Giochi Olimpici. La mia sessualità non è il
centro della mia persona, comunque, data la situazione in Russia,
ritengo che sia importante sottolinearla ed esserne orgoglioso."
Nel tentativo di
trovare saggezza su ciò che gli atleti possano realmente rischiare se
faranno sentire le loro voci ho parlato con John Carlos, che nel 1968
insieme a Tommie Smith ha protestato in nome dei diritti umani. Sono
co-autore della sua autobiografia, The John Carlos Story, e conosco bene
il prezzo che ha pagato per aver sfidato la classe dirigente olimpica.
Ho chiesto a
Carlos se gli atleti dovessero boicottare od opporre resistenza a Sochi. Mi ha risposto "La morale della favola è che se stai a casa il tuo
messaggio rimarrà a casa insieme a te. Se lotti per la giustizia e
l'uguaglianza hai l'obbligo di trovare il più grande megafono possibile
per far sapere ciò che pensi. Non lasciar seppellire il tuo messaggio e
non seppellirti da solo perché essere ascoltati sarà meglio di un
boicottaggio. Se fossimo rimasti a casa non saremmo mai stati
ascoltati."
Ho sostenuto con Carlos che potrebbe anche avere ragione ma ciò richiederebbe qualcuno che abbia il coraggio di lottare e di pagarne il prezzo. Si potrebbe perdere la medaglia, essere cacciati fuori dal Villaggio Olimpico - come successe a lui e a Smith a Città del Messico - e dopo un breve attimo di elogio mediatico ritrovarsi ad essere un paria per lunghi anni a venire. Mi ha detto: "Si, ciò richiede coraggio ma se sei convinto che ciò che stai facendo è giusto allora stai facendo la cosa giusta. Qualcuno deve sacrificarsi se vogliamo andare avanti. Durante la tua vita potresti essere perdonato, oppure no ma se sei nel giusto il tuo sacrificio verrà apprezzato."
Ho sostenuto con Carlos che potrebbe anche avere ragione ma ciò richiederebbe qualcuno che abbia il coraggio di lottare e di pagarne il prezzo. Si potrebbe perdere la medaglia, essere cacciati fuori dal Villaggio Olimpico - come successe a lui e a Smith a Città del Messico - e dopo un breve attimo di elogio mediatico ritrovarsi ad essere un paria per lunghi anni a venire. Mi ha detto: "Si, ciò richiede coraggio ma se sei convinto che ciò che stai facendo è giusto allora stai facendo la cosa giusta. Qualcuno deve sacrificarsi se vogliamo andare avanti. Durante la tua vita potresti essere perdonato, oppure no ma se sei nel giusto il tuo sacrificio verrà apprezzato."
Gli atleti stanno
andando alle Olimpiadi invernali di Sochi 2014 sapendo che potrebbe
essere un sacrificio. E' un commento sbalorditivo sui nostri tempi il
fatto che tanti sembrano non solo disposti, ma desiderosi di compiere
tale sacrificio.
da «The Nation» del 6 febbraio 2014
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