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23/07/2015

Messico, trovati i cadaveri di sette ragazzi rapiti dall’esercito e giustiziati


Alla fine, ieri, anche il Ministero della Difesa del Messico ha dovuto ammettere la “possibile responsabilità” di un gruppo di militari del paese nella sparizione di sette giovani i cui cadaveri sono stati rivenuti nei giorni scorsi – era il 18 luglio – a Calera, nello stato settentrionale di Zacatecas.

In un comunicato dell'ufficio del pubblico ministero militare si legge che “si sono identificati indizi di una probabile partecipazione di personale militare” nella sparizione delle due ragazze e dei cinque ragazzi.

I pm tuttavia non hanno precisato se i sospettati abbiano avuto a che fare con la morte dei giovani, e neppure quanti soldati sono indagati, ma che “continuerà ad investigare”. I familiari hanno assicurato che i sette sono stati prelevati da una casa della località di Calera da alcuni militari dell'Esercito.

Undici giorni dopo, i cadaveri sono stati ritrovati nel vicino comune di Jeréz e, secondo le denunce dei parenti, presentavano segni di torture e di aver ricevuto il "colpo di grazia” con un'arma da fuoco alla nuca. Una vera e propria esecuzione realizzata circa 48 ore dopo il rapimento dei giovani.

Nonostante le prove e le testimonianze, però, la Procura Generale Militare ha aperto una inchiesta per ora limitata ad appurare se si sia in presenza di una qualche “infrazione alla disciplina militare” da parte di alcuni elementi delle forze armate, e comunque solo dopo che i familiari delle vittime avevano protestato e fatto appello alla stampa denunciando che erano state persone che indossavano divise dell’esercito a portarsi via i ragazzi e le ragazze dalle loro case lo scorso 7 luglio.

Altri sette elementi dell’esercito sono sotto inchiesta intanto perché accusati di aver giustiziato – naturalmente in maniera illegale – alcune persone il 30 giugno del 2014 all’interno della comunità di Tlatlaya. Quella notte ben 22 presunti sequestratori furono crivellati di colpi dai militari messicani. In seguito la versione ufficiale diffusa dall’esercito fu che tutte le vittime erano morte a causa di un conflitto a fuoco ma la testimonianza di una sopravvissuta fece scoprire che alcuni erano stati giustiziati sommariamente dopo che si erano arresi. Dei sette militari processati solo tre sono accusati dell’omicidio di otto persone, gli altri invece sono indagati per reati minori. Ma la Commissione Nazionale per i Diritti Umani ha accertato che i militari hanno giustiziato tra le 12 e le 15 persone su 22 morti totali.

Domenica scorsa un altro episodio di violenza ha coinvolto i militari messicani, che hanno assaltato la località di Aquila (Michoacan) nel tentativo di disarmare e arrestare i membri delle locali autodifese. Ad un certo punto i soldati hanno sparato sulla folla che aveva bloccato il loro convoglio all’ingresso di un centro abitato, uccidendo un ragazzino di soli 12 anni e ferendone un’altra di 6, colpiti dai proiettili mentre si trovavano lontano dalla manifestazione.

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