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18/03/2016

Draghi vede nero e chiede una “certezza” impossibile

Se l’”l’unica istituzione europea che funziona” è la Bce, allora l’Unione Europea non ha futuro. E non è affatto un paradosso che questa sintesi – certo non espressa con queste parole – sia stata offerta al Consiglio europeo (riunione dei capi di stato o di governo della Ue a 28 paesi) proprio dal presidente di quella istituzione, Mario Draghi.

Mettiamo in fila i punti rilevanti del ragionamento offerto dal presidente della Bce.

a) Bisogna fare «chiarezza sul futuro della nostra Unione economica e monetaria». Se la si chiede, evidentemente non c’è. E in nessun luogo questa assenza appare così palese come in un vertice dedicato al nodo dei profughi che premono alle porte o all’interno dell’Europa, in cui l’obiettivo esplicito è convincere la Turchia a tenerseli sul proprio territorio in cambio di un congruo prezzo economico e di assoluto silenzio sul genocidio dei curdi e sulla (scomparsa) libertà di stampa.

b) Sono necessarie «riforme strutturali» e «tasse più basse» per «sostenere la domanda». È il punto in cui si saldano tutte le contraddizioni della costruzione dell’Unione Europea con gli effetti della governance imposta a botte di austerità e di “riforme strutturali”. A un osservatore extraterrestre il presidente della Bce potrebbe apparire addirittura affetto da un palese “disturbo bipolare”, perché è schizofrenia pura invocare – assieme – “riforme strutturali” e “sostegno alla domanda”. Fin qui, infatti, con il termine “riforme” si è inteso imporre la contrazione dei salari e delle pensioni, il taglio della spesa pubblica (blocco salariale, tagli a sanità, pensioni, istruzione, welfare in genere), la riduzione delle tutele sul mercato del lavoro, la flessibilità-precarietà universale del lavoro, ecc. Una lista di misure univocamente miranti alla contrazione della domanda: se non hai soldi o neanche un lavoro, non spendi, non consumi, non “alimenti la crescita economica”. Ora si scopre che, come alla fine della lunga storia della “lotta all’inflazione”, la cura ha ucciso il malato, producendo il risultato opposto a quello ufficialmente dichiarato. Abbassare le tasse e fare investimenti pubblici sono, anch’essi, obiettivi in contraddizione solare: se lo Stato incassa di meno, investe di meno (senza neanche ricordare la lunga lista delle attività economiche per cui la Ue vieta l’investimento pubblico).

c) «L’economia si sta riprendendo con un ritmo rallentato. Vediamo segnali di miglioramento in alcune parti dell’economia, per esempio nel mercato del lavoro e nei crediti, ma i rischi restano al ribasso e alcuni di questi rischi si sono intensificati». Dunque, «I tassi della zona euro sono destinati a rimanere al livello presente o a un livello inferiore per un esteso periodo di tempo, e ben oltre la fine del nostro programma di acquisto di titoli». Qualcuno, infatti, già prevede – non è affatto difficile – che anche questa accelerazione nella creazione di liquidità aggiuntiva sarà priva di effetti pratici, come successo per quanto fatto dalla Bce da un anno a questa parte. Dopo di che, come ipotesi di scuola, non resterebbe che “gettare denaro dagli elicotteri”, facendolo finire direttamente nelle mani di imprese e famiglie – saltando dunque l’intermediazione delle banche – in modo da rendere nuovamente dinamici i consumi e quindi tutta l’economia.

Alla fine si torna al punto di partenza: bisogna fare «chiarezza sul futuro della nostra Unione economica e monetaria». Perché la politica monetaria – l’azione della Bce – da sola non può risolvere i problemi “strutturali”, ma soltanto “comprare tempo”, rinviando quell’esplosione che appare sempre meno improbabile.

Monito comprensibile, che è caduto però in una platea niente affatto disposta a comprendere. Leader nazionalisti a parte, basta osservare come i media più autorevoli abbiano accolto la sortita di Draghi. Per qualcuno “ora i governi non hanno più alibi”, debbono sbrigarsi a completare le “riforme strutturali” (quelle vecchie o quelle “nuove”?) per rilanciare la competitività delle imprese (ovvero stimolare l’offerta comprimendo la domanda, il contrario di metà del ragionamento di Draghi). Per altri, questo “è il prezzo delle riforme zoppe”, indicando però la schizofrenia – appunto – tra una politica monetaria (della Bce) mirante a invogliare le banche ad aumentare i prestiti e una “sorveglianza bancaria” (sempre della Bce) che all’opposto aumento i vincoli e i criteri prudenziali; che, insomma, incita le banche a prestare con più attenzione, dunque – di fatto – a prestare di meno. Il tutto in un sistema di regole bancarie “riformate” per cui eventuali dissesti vanno affrontati con il bail in, ossia scaricando le perdite su correntisti e obbligazionisti (anche truffati, come nel caso di Banca Etruria), senza che però esista ancora una rete di salvaguardia comunitaria per i depositi fino a 100.000 euro. Con il rischio, niente affatto teorico, che alla prime avvisaglie di crisi di una banca i clienti corrano a svuotare i conti. Affossando così definitivamente la banca.

Schizofrenia, certo. Ma non stiamo parlando di gente impreparata, incapace di capire il senso o di programmare le proprie azioni. Quindi se propongono indicazioni divergenti, contraddittorie, schizofreniche, vuol dire che la materia sotto la loro responsabilità sta accumulando problemi irrisolti e, alla luce delle convinzioni main stream, alla lunga irrisolvibili senza traumi paurosi.

Un esempio? L’editoriale di Michele Salvati sul Corriere della Sera che – in buona sintesi – prevede/auspica:
“Per procedere con le riforme strutturali è necessario anzitutto mettere al riparo il Paese dal pericolo di attacchi speculativi cui l’espone il suo enorme debito pubblico. La semplice presenza di una ricchezza privata superiore e di un debito previdenziale inferiore a quelli di altri Paesi non basta: bisogna dimostrare che la maggiore ricchezza privata può essere convertita in minor debito pubblico e temo che operazioni di finanza straordinaria, di cui comprensibilmente non si parla, siano inevitabili per operare questa conversione”.
Traduciamo? Ok… Un assaggio di questa “conversione di ricchezza privata in minor debito pubblico” l’avete già avuta con il “decreto salvabanche”. Anche se lì c’è stata una conversione di ricchezza privata (delle famiglie) in minore debito privato (delle banche), il meccanismo è simile. Un altro esempio, sempre a favore della banche, è il decreto sui muti immobiliari, per cui la banca si impossessa direttamente dell’immobile e lo mette in vendita alla 18° mensilità di ritardo nei pagamenti, senza più passare dal giudice. Esproprio automatico, insomma.

Perché questo trasferimento di ricchezza avvenga a beneficio del debito pubblico, però, occorrono certamente “operazioni di finanza straordinaria”, di quelle che “comprensibilmente” è meglio non parlare in pubblico, preparandole ai piani alti dei ministeri (come la manovra da 90.000 miliardi di lire di Giuliano Amato o il prelievo forzoso sui conti correnti di Romano Prodi, altrimenti detta “tassa per l’Europa”).

Basta? No che non basta, a Salvati e al “salotto buono” del capitale italiano:
“Così come temo sia inevitabile, nell’impossibilità di una svalutazione vera, una svalutazione interna, cioè una dinamica salariale più bassa, allo scopo di dare maggiore competitività alle nostre imprese. L’ideale, ovviamente, sarebbe una maggiore crescita della produttività: ma questa in Italia ristagna da vent’anni ed è improbabile che le numerose misure che il governo ha preso per rianimarla abbiano successo in tempi brevi”.
Abbassare ancora i salari! Dopo 35 anni di movimenti similari, tutti nella stessa direzione! Dal congelamento della “scala mobile” fino al massacro del Jobs Act… E ancora non basta.

Ultima notazione. Sono impagabili questi “consiglieri” del capitale: “ L’ideale, ovviamente, sarebbe una maggiore crescita della produttività: ma questa in Italia ristagna da vent’anni”… La traduzione è d’obbligo: “certo, le imprese dovrebbero investire di più, perché la produttività aumenta con l’innovazione tecnologica, ma non lo fanno più da una vita; quindi l’unica via è ridurre i salari di chi lavora e tagliare le pensioni a chi non ce la fa più, così quelle imprese guidate da incapaci possono sopravvivere ancora un po’”…

Povero Draghi, vien quasi da compatirlo. Come fai a “stimolare la domanda”, con capitalisti così sgarrupati? Quali “certezze” puoi avere da una classe digerente così malmessa?

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