Anche se la stampa è scatenata a descrivere gli imminenti scenari sul “bel suol d’amore”, a quanto pare il fiorentino ha più di un mal di pancia a pensare al da farsi e i sondaggi dicono che l’81% degli italiani è contro la spedizione. Io non credo ai sondaggi, ma qui basta parlare con il portiere, con il taxista e la signora che ha il banco della frutta per capire che non è aria di avventure militari. Per cui, se Renzi si convince a dare il via libera alla spedizione si mette contro quell’81% e sono in vista elezioni amministrative importanti e non facili per il Pd.
Ma se decidesse più saggiamente di evitare questa avventura sconclusionata dovrà affrontare nell’ordine:
a. gli industriali manifatturieri che temono di pagare di più il petrolio dopo l’estromissione dalla Libia;
b. l’Eni che, nel timore di essere fatta fuori dalla Bp e dalla consorella francese, gli mette una carica di tritolo sotto la sedia a Palazzo Chigi;
c. gli alti gradi militari che sognano allori bellici, promozioni e quattrini e che sarebbero capaci di marciargli sulla testa;
d. gli “alleati” franco-anglo-americani che ne farebbero carpaccio da servire con limone e pepe bianco.
Insomma, come la fa la sbaglia. Vediamo gli esiti possibili in caso di spedizione:
a. l’operazione ha piena riuscita: in poche settimane il califfato di Derna è raso al suolo, gli jihadisti tutti uccisi, catturati o in fuga, prima vittoria piena sulla jhiad dopo un quarto di secolo di tracolli;
b. in breve le truppe italiane appoggiate dagli alleati, prendono Derna ed i centri occupati dai guerriglieri dell’Isis, ma inizia una guerriglia diffusa che si protrae per un tempo indefinito, inchiodando una parte del corpo a presidiare quantomeno gli impianti Eni, mentre si fa un qualche governo di unità nazionale fra Tripoli e Tobruk;
c. inizia uno scontro militare prolungato, con i guerriglieri asserragliati in alcune roccaforti che resistono, e la Libia sempre divisa in potentati locali, quel che impone di fatto un prolungato regime di occupazione militare di ampie zone della Libia, per il quale occorrerà inviare man mano rinforzi.
d. già dalle prime battute il nostro contingente subisce una imprevista e catastrofica sconfitta (siamo o non siamo nell’anniversario di Adua?).
Poi c’è una variabile da considerare che indichiamo come quella “parigina”: una strage in una città italiana. Va da se che questo scenario possa accompagnarsi con ciascuno degli altri quattro, ma, ovviamente dominerebbe incontrastato su ognuno di essi, assorbendo ogni attenzione. Inutile dire che ci sarebbe una reazione feroce dell’opinione pubblica contro il governo ed il suo partito: l’Italia, sin qui, è stato l’unico grande paese europeo (in parte lo è stata anche la Germania) risparmiato dagli attentati dei fondamentalisti islamici, anche per la sua partecipazione abbastanza defilata alle sgangherate avventure militari di Francia, Usa e Uk, ora un attentato verrebbe messo immediatamente in relazione con l’avventura libica. Dunque, speriamo di no, ma mettiamo tutto in conto. Inutile dire che il governo sarebbe costretto alle dimissioni, i ministri ad emigrare per evitare il linciaggio per strada. Ed io consiglierei di tenere chiusi i circoli del Pd, per almeno un mese, per evitare che la gente le assalti pestando chiunque vi trovi dentro.
E vediamo le conseguenze degli altri scenari. Va da sé che l’unico favorevole al governo sarebbe il primo e sempre che non ci fosse alcun attentato successivo: Renzi potrebbe sbandierare il fatto che si tratta della prima vittoria piena contro i fondamentalisti, l’Italia acquisterebbe un po’ più di considerazione internazionale ed anche molti di quell’81% di contrari tornerebbero indietro: gli italiani amano quelli che hanno successo. Poi resterebbe per un bel po’ l’incubo dello scenario parigino, ma se tutto andasse bene per alcuni mesi sarebbe una ottima premessa tanto per le amministrative che per il referendum e poi le politiche. Un bel sogno: ma quante probabilità ci sono che si avveri?
I successivi due scenari, che vedrebbero l’Italia impantanarsi con maggiore o minore impegno e durata nelle sabbie libiche, ovviamente, sarebbero un secco insuccesso, non tale da imporre le dimissioni immediate del governo, ma certo sufficiente ad erodere un bel po’ di consensi: gli italiani si sentirebbero tirati per forza in una avventura cui erano contrari e per di più senza successo che la giustifichi. Sempre con il timore di attentati e di costi proibitivi che annullerebbero ogni programma di riduzione delle tasse. Magari le perdite alle amministrative sarebbero contenute ma dopo ne risentirebbe il referendum che, con la spedizione in quanto tale non c’entra nulla, ma quando uno inizia a perdere poi continua a perdere e molti voterebbero No non tanto nel merito della proposta ma contro un Presidente del Consiglio sempre più inviso. E se l’avventura si protraesse sino al 2018 le speranze di vittoria elettorale sarebbero ridotte al lumicino per il Pd.
Del quarto scenario non c’è bisogno di dire: dimissioni immediate del governo e nuove elezioni (meno probabile un governo di unità nazionale a guida Forza Italia o altro esponente di centro destra).
Fatto il pari e dispari, direi che c’è un buon 75-80% di probabilità che questa spedizione diventi la fossa del governo e del Pd, cosa tutt’altro che negativa, se non fosse per i costi umani che porterebbe con se. Nonostante tutto, per il bene della gente, non resta che sperare che Renzi sia saggio e preferisca scontrarsi con Eni, alleati, militari ed imprenditori piuttosto che rischiare l’osso del collo in questa storiaccia libica.
L’unica cosa sicura è che i rimanenti due anni di legislatura saranno, per Renzi, molto, ma molto più difficili ed insidiosi.
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