di Francesca La Bella
Dopo mesi di attesa per il voto parlamentare che avrebbe dovuto riconoscere la legittimità del Governo di unità nazionale libico (Government of National Accord, GNA), il 12 marzo, con un atto unilaterale, il Consiglio presidenziale del Governo guidato da Fayez al Sarraj, ha proclamato la propria presa in carico delle funzioni governative. L’esecutivo di stanza a Tunisi ha, inoltre, invitato la comunità internazionale ad interrompere i rapporti con i Governi rivali di Tripoli e Tobruk e a sostenere le iniziative del Consiglio presidenziale per il proprio trasferimento a Tripoli e la messa in funzione del GNA. Invito immediatamente raccolto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che, lunedì 14 marzo, ha diffuso un comunicato nel quale viene data piena legittimità alle scelte del Consiglio presidenziale e si sottolinea l’importanza di dare seguito alla risoluzione 2259 (2015) con la quale, il 17 dicembre dello scorso anno, venne sancito l’accordo tra le diverse fazioni per la costruzione di un Governo di unità nazionale.
Il lungo periodo di stallo delle trattative che, in questi mesi, ha indotto la comunità internazionale alla cautela nelle proprie decisioni riguardo alla Libia, sembrerebbe, dunque, giunto al termine. Grazie al nuovo Governo di unità nazionale sarebbe, infatti, possibile l’avvio di un processo di ricostruzione di strutture governative unitarie e l’ottenimento di una richiesta formale di intervento armato internazionale contro lo Stato Islamico. La lettura della reazione degli attori libici induce, però, a desistere da questa analisi. Se il Governo di Tripoli, per bocca del Primo Ministro Khalifa al-Ghwell, ha accusato il Governo Sarraj di essere illegittimo in quanto imposto dall’esterno e non scelto dalla popolazione libica ed ha negato il proprio sostegno al passaggio di poteri, anche da Tobruk non arrivano segnali positivi. Secondo fonti della Press Solidarity riportate dal Libya Observer, infatti, all’interno del Governo si starebbe valutando la possibilità di un concilio militare sotto la guida di Khalifa Haftar come alternativa al GNA, considerato illegittimo in quanto privo dell’avallo dei parlamentari di Tobruk.
Per quanto non esistano conferme ufficiali a riguardo, alcune dichiarazioni di rappresentanti nazionali ed internazionali sembrano supportare questa ipotesi. Secondo quanto riportato da Reuters ed Ansamed, il Governo di Tobruk avrebbe invitato la popolazione libica a “raccogliersi attorno all’esercito libico, a sostenerlo e a non puntare sulla comunità internazionale che esita ancora a sostenere le istituzioni legittime in Libia”. Nella stessa direzione possono essere lette, inoltre, le parole del Generale Abdel al Fattah Al Sisi. Nell’intervista rilasciata alla Repubblica, il Presidente egiziano avrebbe, infatti, sottolineato i pericoli di un intervento internazionale in Libia, suggerendo che migliori risultati sul campo potrebbero essere ottenuti sostenendo l’azione dell’Esercito Nazionale libico.
Il ruolo dell’Egitto, da lungo tempo tempo schierato al fianco del Governo di Tobruk e del Generale Haftar, diviene ancor più evidente se si valutano le scelte dell’inviato ONU in Libia, Martin Kobler, in questa fase di crisi. All’indomani della votazione dell’Unione Europea, sotto impulso francese, di sanzioni, divieto di viaggio e congelamento dei beni, contro i maggiori rappresentanti di Tripoli e Tobruk (il Presidente del Congresso Nazionale Generale di Tripoli Nouri Abusahmain, il Primo Ministro di Tripoli Khalifa al-Ghwell e il Presidente del Parlamento di Tobruk Aguila Saleh) Kobler si è, infatti, recato in visita al Cairo. In tal senso, i due giorni di incontri con rappresentanti egiziani e rappresentanti libici in esilio sembrano essere un estremo tentativo di mediazione con il Governo di Tobruk che consenta al Governo Sarraj di ottenerne il sostegno.
Le criticità del contesto libico sembrano essere aumentate, anziché diminuite a seguito dell’ufficiale proclamazione del GNA e la minaccia di sanzioni a chi dovesse far mancare il sostegno a Sarraj. Se da Tripoli, Al Ghwell avrebbe caldamente invitato il GNA a non trasferirsi nella capitale in quanto lo spostamento verrebbe considerato una violazione della sovranità del Paese con le conseguenze previste dalla legge in materia, il rappresentante libico alle Nazioni Unite, Ibrahim Dabbashi, avrebbe sottolineato la gravità della questione sanzioni. Secondo Dabbashi la scelta europea potrebbe rafforzare le resistenze al GNA da parte degli attori libici, minando le possibilità di implementazione dell’accordo stesso sul campo.
Alla luce di questo contesto non stupisce il perdurare dell’ambivalenza delle dichiarazioni degli attori internazionali che dovrebbero essere coinvolti in un eventuale attacco armato in Libia. I giornali britannici, ad esempio, riportano un fervente dibattito sul possibile coinvolgimento di truppe di Londra nell’intervento a guida italiana in Libia, sottolineando come il Parlamento britannico abbia negato con forza di aver previsto un’estensione delle operazioni in atto e l’invio di truppe a sostegno del GNA. Parallelamente il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni avrebbe affermato che il meeting tenutosi a Roma il 15 marzo tra 30 dirigenti militari sulla Libia, non dovrebbe essere percepito come la prova di un imminente intervento, ma come sintomo dell’interessamento della comunità internazionale per la questione libica e per la sua soluzione. L’incontro si sarebbe, dunque, focalizzato sulla necessità di supportare la nascita e l’opera di un Governo legittimo in Libia. C’è solo da capire legittimo per chi.
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