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06/12/2016

L’Italia non è un paese di scimmie

L’esito referendario non assegna premi, assegna compiti.

Sovrapponendo i risultati del referendum costituzionale con i dati della disoccupazione per provincia su territorio nazionale forniti da Istat abbiamo disponibile una mappa della disperazione, soprattutto giovanile nella fascia 15 – 24 anni,  con punte talmente estreme al sud da far prevedere esodi di massa.

Il Governo lo sapeva, Renzi lo sapeva e già con la Finanziaria 2015 (legge 28 dicembre 2015, n. 208), rileggendola oggi col senno di poi, c’era stata tanta disponibilità ad impegnare risorse per effettuare sconti fino al 40% della contribuzione per posto di lavoro. Disponibilità in più rispetto alla contrazione invece imposta dal Governo europeo per la Finanziaria imminente.

I trend territoriali della disoccupazione sono davvero paurosi e non permettono strumentalizzazioni né atteggiamenti da fughe in avanti di quella politica di destra che addita motivazioni che tornano bene alla loro stantia ideologia, quella del fuori tutti che noi siamo orgogliosi e migliori, quella dell’autarchia in generale che li ha fatti affiancare al NO.

Il Governo lo sapeva e bene, tanti erano i giochini televisivi, le frasi a slogan immesse nei tg e in bocca al rappresentate politico di turno seduto negli show di politica piazzati in prima fascia oraria.

L’Italia nelle difficoltà di una “stagnazione secolare” ha dimostrato però di non essere quel paese di scimmie che gli anglosassoni e i tedeschi vorrebbero che fosse per sempre, un bacino di manodopera a basso costo dove i fondi privati possono permettersi di tutto fin anche acquisire aziende per farle chiudere in base a disegni strategici di quote di mercato a livello internazionale.

L'Italia non è un paese di scimmie come la piattaforma di Murdoch (dei suoi collaboratori ormai) con la sua missione da compiere, fare egemonia culturale capitalistica, voleva assicurare a tutta quella rete di operatori tra pubblici e privati attivi nel mondo della finanza.

Ora però non c’è vittoria, ma c’è stata solo una conta di quali siano le capacità effettive di percezione della realtà da parte delle popolazioni della nostra penisola che versano in stati differenti da sud a nord ma anche tra ovest ed est.

Se Renzi fosse stato più sincero forse ci sarebbe stata una maggior comprensione delle difficoltà in cui operava ma fino all’ultimo si è posto sul piano del superuomo sbagliando in modo irrimediabile e facendo cesure ovunque, negando le reali difficoltà. In contesti del genere è premiato solo chi riesce a raccogliere forze politiche autentiche, economiche e sociali ma non quelle che vivono di opportunismi, rapine e soprusi.

Il Cnel, quello appunto che Renzi voleva liquidare, aveva pubblicato importanti report, depurati dagli influssi propagandistici, che parlavano chiaro e dai quali ogni forza politica avrebbe potuto e dovuto prescindere. Invece si è scelto la linea di contrasto sul piano comunicativo senza spessore ritenendo con lo staff Murdoch che si potesse soffocare il grido di disperazione proveniente dai territori.

La sovrapposizione del voto e delle mappe della disoccupazione collimano a tal punto che se non si porta davvero in Europa una differente impostazione democratica si rischia di consegnare comunità intere produttive e ben scolarizzate al primo isterico di destra che passa, come sta già abbondantemente accadendo.

Per questo l’Austria di Van Der Bellen ci conforta per qualche minuto ma è evidente che se poi la via da percorrere è quella di una austerità pura e semplice senza mettere in discussione il paradigma dei consumi iniziando a pensarne uno della socialità e dei conseguenti bisogni da soddisfare allora ritorniamo alla visione classica dell’economia che non ha soluzione, generatrice di sazietà accanto all’indigenza di intere masse.

Per Senza Soste Jack RR

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