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16/12/2016

Renzi? Chapeau!

Quando un avversario è bravo occorre riconoscerlo e Renzi, indiscutibilmente ha delle qualità: è un combattente che non si arrende mai, è rapidissimo nel capire le situazioni e nel reagire, è un ottimo comunicatore e, se non ha visione strategica, non gli manca furbizia tattica e lo ha dimostrato una volta di più. Mi spiego.

Il Piano A di Renzi prevedeva la vittoria al Referendum e la marcia trionfale successiva. E’ andata come è andata ed è passato al piano B: restare il segretario che fa le liste e che si ripresenta come candidato Presidente del Consiglio, sterminando gli oppositori nei gruppi parlamentari. Ma per fare questo aveva bisogno del voto subito evitando l’insidiosissimo appuntamento con il congresso del partito, dove le fila degli oppositori (Franceschini, Bersani, Emiliano, Rossi, forse Martina) vanno infittendosi di ora in ora. Non fosse stato per la scadenza della Corte Costituzionale, avrebbe chiesto il voto a gennaio.

Ma, come è noto, Mattarella si è messo per traverso con la storiella della nuova legge elettorale. Il Presidente ha un forte potere discrezionale in materia (dovremmo pensare di regolamentarlo, perché è decisamente troppo ampio),  gioca su una serie di ottimi pretesti, ha dalla sua la voglia di vitalizio dei parlamentari e le importanti nomine da fare, ma, soprattutto, ha dietro di sé tutti i poteri forti europei che non vogliono elezioni italiane a rischio 5 stelle, prima che votino Francia e Germania e questo in un momento in cui, per la crisi bancaria, non è il caso di irritare Ue e Bce.

Dunque, a questo punto, le elezioni subito sfumano e deve fare il congresso, probabilmente non si vota prima di settembre e, forse, si può tirare la corda sino al 2018 (anche se Renzi farà di tutto per non superare l’autunno).

L’uomo di Rignano non è tipo da scoraggiarsi ed ecco pronto il piano C: restare segretario, varare regole da legge truffa per il congresso e restare padrone del partito. Le regole sono tali da renderlo controllore monopolistico del voto dei circoli e non si può dire che le garanzie abbondino. D’altro canto, con la maggioranza di cui gode in Direzione, Renzi le regole se le cambia come gli pare, inoltre può sempre ricattare gli altri con la minaccia di una scissione (e fa già circolare i sondaggi sui voti che otterrebbe da solo).

I suoi avversari non esistono: Cuperlo è una realtà anagrafica, Bersani ha la velocità di un bradipo, Franceschini è capace di concepire congiure di corte, ma in uno scontro a viso aperto, vale meno di un soldo bucato e fuori corso. Il loro destino è quello di essere massacrati e uscire di scena alle elezioni dove non verranno ripresentati.

L’unico che potrebbe fare qualcosa sarebbe D’Alema che, non a caso, è stato uno dei più efficaci propagandisti del No, ma il “conte Max” ha un difetto: quando vince, quando dovrebbe schiacciare l’avversario, resta a dirsi “Massimo sei bravo!”, si compiace della sua abilità e perde il momento magico. Anche ora sta accadendo: subito dopo il risultato referendario, ha teso la mano a Renzi, facendogli capire che non ne voleva la defenestrazione e quasi si è proposto come mediatore fra il segretario ed i suoi oppositori.

Pessima idea: Renzi lo ha snobbato e non si degnato neppure di rispondergli. Sinché è in tempo, D’Alema può fare solo una cosa: avviare la scissione, tirarsi dietro quel corteo di molluschi dei bersaniani e, possibilmente, far mancare a Gentiloni i voti al Senato. Potrebbero rendersi inevitabili le elezioni, ma, a questo punto con le regole del nuovo Consultellum o con quelle del vecchio se passasse il “lodo foglio”. E questo potrebbe bastare per portare in Parlamento una pattuglia di suoi uomini che sarebbero sempre di più di quelli che gli lascerebbe il fiorentino, che intanto sta lavorando ad una nuova intesa con Berlusconi.

Filtrano voci di un nuovo sistema elettorale sul modello del Mattarellum: una quota di proporzionale (che forse basta al Cavaliere) ed un’altra di collegi uninominali. Un sistema sicuramente peggiore del Procellum e dell’Italicum, che, in un sistema tripolare, non garantirebbe neppure la vittoria di uno dei competitori, ma che per Renzi avrebbe diversi vantaggi.

In primo luogo metterebbe in difficoltà il M5s che se la cava sempre male in dimensione locale, quando l’immagine del candidato prevale su quella del simbolo. In secondo luogo, anche se il suo partito non riuscisse ad avere la maggioranza assoluta dei seggi (cosa possibilissima sia alla Camera che al Senato), potrebbe sempre ripiegare sull’accordo con Fi, mentre il M5s non ha alleati (almeno nelle aspettative). Per ora questo gli garantirebbe la sopravvivenza a Palazzo Chigi.

Un piano che funzionerà? Le variabili sono molte, soprattutto perché siamo nel pieno del sisma, però intanto va riconosciuto che le sta provando tutte. Chapeau!

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