Il disco che non ti aspetti
Basta questo a definire le sensazioni provate durante e soprattutto a conclusione dell'ascolto di Genexus, nona pubblicazione degli statunitensi Fear Factory.
Un album che ha già 2 anni sul groppone, cui mi approccio grazie a una domenica mattina completamente libera e su imbeccata del mio storico mentore musicale perchè io, la formazione di Burton e Cazares l'avevo riposta nel passato da un pezzo, fermo com'ero al per me ottimo Digimortal datato 2001 (!!!).
Dell'ultimo 15ennio, infatti, nulla mi aveva davvero entusiasmato dei Fear Factory complice anche un notevole turbinio nelle mie preferenze sonore e una progressione all'interno della biografia del gruppo che non lo ha certo aiutato a tenere le bocce ferme sull'aspetto artistico. Troppi cambi di formazione e scazzi tra i membri storici del gruppo, quelli per capirci che ben 22 anni fa crearono Demanufacture, a tutt'oggi una pietra miliare della musica moderna, soprattutto per chi mastica elettronica e industrial.
Il richiamo a quel capolavoro non è casuale, in quanto Genexus riavvicina (con notevole clamore, almeno per il sottoscritto) i Fear Factory ai fasti vissuti nel decennio dell'apogeo occidentale – per dirla coi toni dei fratelli Wachowski in Matrix – rinverdendo un genere passato dall'essere nuova frontiera della musica non solo pesante, a mera sotto categoria del rock, in concomitanza col venir meno dell'interesse verso gli outfit stravaganti di Merilyn Manson (dalle stelle alle stalle insomma).
Ce ne sarebbe già abbastanza per consigliare Genexus a tutti i folgorati sulla strada del citato Demanufacture, piuttosto che Downward Spiral, Pandemonium e Paradise Now e, invece, val la pena proiettarsi oltre perchè la parabola che l'album in oggetto produce insieme al suo illustre predecessore porta in dote un'attualità tematica che probabilmente ha più valore dell'encomiabile resa sonora.
I Fear Factory infatti, pur non avendo mai smesso di dedicarsi alla narrazione delle contraddizioni, quasi sempre distopiche (a ragion veduta, si pensi ai droni...), generate dall'impatto della tecnologia sulla vita umana, con Genexus si può sostenere portino a compimento la stesura di una sorta di prefazione al dibattito recentissimo che si è, guarda caso, aperto esattamente intorno alla (ri)messa in discussione della confortante tesi secondo cui le moderne tecnologie sono esclusivamente foriere di magnifiche e progressive sorti per il genere umano.
In questo senso, è certo che l'ascolto di Genexus sarebbe estremamente proficuo per tutti i Toni Negri dell'universo mondo.
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