di Roberto Prinzi
Chissà cosa avrà pensato
l’uomo giustiziato ieri in Arabia Saudita perché condannato per
l’uccisione di un cittadino saudita. Chissà se prima di essere ucciso
dal boia, tremando perché prossimo alla morte violenta, almeno per un
attimo avrà pensato a quanto il “nuovo corso” intrapreso da re Salman e
dal potente figlio Mohammed stia davvero producendo quei “progressi”
raccontati con entusiasmo dalla stampa occidentale mainistream dopo l’ok
dato da Riyadh alle donne per guidare (con gran gioia delle case
automobilistiche).
Quel che è certo è che l’uomo giustiziato – di cui non si sa nulla se non che il suo appello è stato respinto – è la 100esima persona quest’anno a morire per mano del boia in Arabia Saudita.
E se gli alleati occidentali tacciono di fronte alla barbarie
dell’alleato re Salman e se lo champagne ancora riempie i bicchieri di
tante redazioni giornalistiche europee e statunitensi, a infrangere le immagini “progressiste” del sovrano e del figlio ci pensano le solite fastidiose ong. Amnesty International (AI) ha avuto l’ardire, udite udite, di parlare di “orgia di esecuzioni”.
“[Quanto accaduto ieri] pone il Paese tra i più prolifici carnefici del
pianeta” ha detto l’insolente Lynn Maalouf, direttrice di AI per il
Medio Oriente. Non paga, Lynn ha aggiunto che “se le autorità saudite
realmente vogliono fare riforme, devono immediatamente stabilire una
moratoria sulle esecuzioni come primo passo verso la fine della pena
capitale”.
Nei suoi commenti Lynn è davvero ingiusta perché non vede i “progressi” di Sua Maestà anche in questo campo: l’anno scorso le teste mozzate sono state 153, quest’anno, salvo straordinari dei boia (speriamo ben retribuiti), questa cifra non sarà raggiunta. Restano però uguali i “crimini” per cui si merita di morire:
terrorismo, omicidio, stupro, furto, traffico di droga, adulterio e
“stregoneria”. Soltanto l’anno scorso, afferma Human Rights Watch, 23
persone sono state giustiziate per reati di droga. Senza dimenticare poi
i dissidenti politici che, manco a dirlo, sono tutti “terroristi”.
Perché re Salman sarà pure “progressista” – qualche commentatore parlerà
a breve di “modernista” siamone certi – ma pur sempre entro i canoni
medievali sauditi.
Che un “nuovo corso” sia in atto è però vero nei rapporti tra Russia e Arabia Saudita.
Sui fronti opposti in Siria, dove Ryadh appoggia gruppi più o meno
jihadisti laddove Mosca appoggia il governo di Bashar al-Asad, i due paesi dialogano da un po’ di tempo con piacere in campo economico.
A maggio Riyadh e Mosca hanno trovato una intesa fra Opec e altri paesi
produttori di petrolio per ridurre da gennaio la produzione dell’oro
nero di 1,8 milioni di barili al giorno in modo da alzare così il prezzo
del greggio (che, sebbene mostri segnali di ripresi, è ancora la metà
rispetto al 2014).
Questa vicinanza sarà poi confermata questo giovedì quando il
re Salman volerà per la prima volta in Russia su invito del presidente
Vladimir Putin. Durante la visita, dove nessuno dei due sgriderà l’altro per il mancato rispetto dei diritti umani, i due leader discuteranno di investimenti per un valore pari a un miliardo di dollari nel settore energetico.
L’affare, confermato ieri dal ministro dell’energia russo Alexander
Novak, rientra in un progetto più ampio che mira ad espandere la
cooperazione tra i due paesi. “Il nostro obiettivo non è solo rafforzare
la cooperazione tra Opec e non-Opec, ma anche quella in campo di
petrolio, gas, elettricità, energie rinnovali e altri progetti” ha detto
Novak ad al-Arabiya. Secondo una fonte russa, i due paesi
dovrebbero firmare un memorandum di intesa (MoU) per un progetto sul gas
naturale liquefatto (Lng) conosciuto come Arctic LNG-2 che dovrebbe
essere avviato nel 2020.
Il fondo per l’investimento pubblico saudita ha intanto
annunciato ieri la nascita di due compagnie che svilupperanno le
infrastrutture nelle città sante islamiche di Mecca e Medina.
Secondo l’agenzia statale PIF, le due società, la Rou’a al-Haram e Rou’a
al-Madinah, costruiranno circa 150.000 stanze d’hotel per ospitare un
numero maggiore di visitatori. Nel 2030, infatti, le autorità saudite
prevedono che i turisti (per lo più pellegrini religiosi) che si
recheranno nelle due città saranno rispettivamente 30 e 23 milioni.
Le due nuove compagnie rientrano nel progetto Vision 2030
ideato dal figlio del sovrano, Mohammed, che mira a diversificare le
entrate economiche del Paese e a diminuire la dipendenza della monarchia
dal petrolio. Nel Vision rientrano anche alcune (timide)
aperture sociali come quelle relative alle donne della scorsa settimane.
Ma finora, di non mozzare teste, non se ne parla proprio.
Nessun commento:
Posta un commento