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04/10/2017

Arabia Saudita - Il "nuovo corso" tra decapitazioni e affari milionari con la Russia

di Roberto Prinzi

Chissà cosa avrà pensato l’uomo giustiziato ieri in Arabia Saudita perché condannato per l’uccisione di un cittadino saudita. Chissà se prima di essere ucciso dal boia, tremando perché prossimo alla morte violenta, almeno per un attimo avrà pensato a quanto il “nuovo corso” intrapreso da re Salman e dal potente figlio Mohammed stia davvero producendo quei “progressi” raccontati con entusiasmo dalla stampa occidentale mainistream dopo l’ok dato da Riyadh alle donne per guidare (con gran gioia delle case automobilistiche).

Quel che è certo è che l’uomo giustiziato – di cui non si sa nulla se non che il suo appello è stato respinto – è la 100esima persona quest’anno a morire per mano del boia in Arabia Saudita. E se gli alleati occidentali tacciono di fronte alla barbarie dell’alleato re Salman e se lo champagne ancora riempie i bicchieri di tante redazioni giornalistiche europee e statunitensi, a infrangere le immagini “progressiste” del sovrano e del figlio ci pensano le solite fastidiose ong. Amnesty International (AI) ha avuto l’ardire, udite udite, di parlare di “orgia di esecuzioni”. “[Quanto accaduto ieri] pone il Paese tra i più prolifici carnefici del pianeta” ha detto l’insolente Lynn Maalouf, direttrice di AI per il Medio Oriente. Non paga, Lynn ha aggiunto che “se le autorità saudite realmente vogliono fare riforme, devono immediatamente stabilire una moratoria sulle esecuzioni come primo passo verso la fine della pena capitale”.

Nei suoi commenti Lynn è davvero ingiusta perché non vede i “progressi” di Sua Maestà anche in questo campo: l’anno scorso le teste mozzate sono state 153, quest’anno, salvo straordinari dei boia (speriamo ben retribuiti), questa cifra non sarà raggiunta. Restano però uguali i “crimini” per cui si merita di morire: terrorismo, omicidio, stupro, furto, traffico di droga, adulterio e “stregoneria”. Soltanto l’anno scorso, afferma Human Rights Watch, 23 persone sono state giustiziate per reati di droga. Senza dimenticare poi i dissidenti politici che, manco a dirlo, sono tutti “terroristi”. Perché re Salman sarà pure “progressista” – qualche commentatore parlerà a breve di “modernista” siamone certi – ma pur sempre entro i canoni medievali sauditi.

Che un “nuovo corso” sia in atto è però vero nei rapporti tra Russia e Arabia Saudita. Sui fronti opposti in Siria, dove Ryadh appoggia gruppi più o meno jihadisti laddove Mosca appoggia il governo di Bashar al-Asad, i due paesi dialogano da un po’ di tempo con piacere in campo economico. A maggio Riyadh e Mosca hanno trovato una intesa fra Opec e altri paesi produttori di petrolio per ridurre da gennaio la produzione dell’oro nero di 1,8 milioni di barili al giorno in modo da alzare così il prezzo del greggio (che, sebbene mostri segnali di ripresi, è ancora la metà rispetto al 2014).

Questa vicinanza sarà poi confermata questo giovedì quando il re Salman volerà per la prima volta in Russia su invito del presidente Vladimir Putin. Durante la visita, dove nessuno dei due sgriderà l’altro per il mancato rispetto dei diritti umani, i due leader discuteranno di investimenti per un valore pari a un miliardo di dollari nel settore energetico. L’affare, confermato ieri dal ministro dell’energia russo Alexander Novak, rientra in un progetto più ampio che mira ad espandere la cooperazione tra i due paesi. “Il nostro obiettivo non è solo rafforzare la cooperazione tra Opec e non-Opec, ma anche quella in campo di petrolio, gas, elettricità, energie rinnovali e altri progetti” ha detto Novak ad al-Arabiya. Secondo una fonte russa, i due paesi dovrebbero firmare un memorandum di intesa (MoU) per un progetto sul gas naturale liquefatto (Lng) conosciuto come Arctic LNG-2 che dovrebbe essere avviato nel 2020. 

Il fondo per l’investimento pubblico saudita ha intanto annunciato ieri la nascita di due compagnie che svilupperanno le infrastrutture nelle città sante islamiche di Mecca e Medina. Secondo l’agenzia statale PIF, le due società, la Rou’a al-Haram e Rou’a al-Madinah, costruiranno circa 150.000 stanze d’hotel per ospitare un numero maggiore di visitatori. Nel 2030, infatti, le autorità saudite prevedono che i turisti (per lo più pellegrini religiosi) che si recheranno nelle due città saranno rispettivamente 30 e 23 milioni.

Le due nuove compagnie rientrano nel progetto Vision 2030 ideato dal figlio del sovrano, Mohammed, che mira a diversificare le entrate economiche del Paese e a diminuire la dipendenza della monarchia dal petrolio. Nel Vision rientrano anche alcune (timide) aperture sociali come quelle relative alle donne della scorsa settimane. Ma finora, di non mozzare teste, non se ne parla proprio.

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