Napoli: i turisti passeggiano. Il 2016 è stato un anno record con circa 3 milioni di visitatori. Tre milioni di passeggiate che si fermano a un ristorante, davanti a un bar, davanti a una pizzeria, dove magari prima c’era una libreria o un negozio di artigiani. I turisti si soffermano sui monumenti, fanno qualche fotografia, si siedono ai tavolini per un caffè o una pizza, partecipano a una visita guidata e poco si preoccupano della vita di chi serve al bar, di chi cucina nel ristorante, di chi illustra i monumenti. Quello che vedono è una città che li accoglie, che diventa più ricca grazie alla loro visita, in uno scambio in cui – pare – che tutti ci guadagnino.
Noi abbiamo provato a passeggiare guardando quello che nessuno vedeva, andando a cercare i fantasmi della nostra città: quei lavoratori che non risultano nei contratti di impiego, che non hanno diritti, non godono di ferie, né di malattie e che percepiscono retribuzioni molto al di sotto delle loro mansioni. In questo scambio tra esercente e turista, sono loro, questi lavoratori fantasma, gli unici che ci perdono.
Nemmeno noi, però, abbiamo potuto evitare di notare una delle più importanti attrazioni turistiche. Si chiama “Napoli sotterranea” e si trova lì, quasi nascosta in una rientranza di via dei Tribunali, segnalata da una lunghissima fila di persone che aspettano di entrare per una passeggiata nel sottosuolo della città antica.
Napoli Sotterranea è una associazione di tipo ONLUS (Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale) che si occupa di speleologia. La dizione esatta è: Associazione culturale speleologica professionale per la salvaguardia, il recupero e la sicurezza del sottosuolo, ed esiste dagli anni ‘70. Sembra una cosa positiva, e allora proviamo anche noi a scendere nel sottosuolo della città, per vedere cosa c’è sotto alla passeggiata di milioni di turisti e al guadagno dei nuovi imprenditori napoletani.
Per la modica cifra di 10 euro il turista diventa socio della ONLUS e viene accompagnato da guide simpatiche e gentili che parlano tutte le lingue europee, e che alla fine del giro offrono un caffè o un bicchiere di un vino speciale, che può essere acquistato per portarsi a casa un ricordo di questa avventura. Appena finiamo la visita, ci viene indicata una pizzeria – proprio vicino all’uscita – dove, ci dicono, possiamo mangiare la pizza cotta con il metodo geotermico (boh? A noi sembra una pizza normale...). Ci incuriosiamo e scopriamo che quella pizzeria (e anche il bar vicino il complesso di San Lorenzo) è dello stesso proprietario di Napoli sotterranea; scopriamo che cambia spesso lavoratori, che emette scontrini con molta difficoltà e che preferisce il pagamento in contanti. Centinaia di persone, ogni giorno pagano quel biglietto, comprano quel vino, mangiano quella pizza e bevono quel caffè... ci sembra che per una associazione senza fini di lucro siano molte le occasioni di guadagno.
Torniamo il giorno dopo e quello dopo ancora e proviamo ad avvicinare qualche cameriere e qualche guida, proviamo a incontrarli lontano dal posto di lavoro, alcuni raccontano con più facilità, altri meno, ma tutti ci dicono cose interessanti, cui crediamo all’istante. Sono lavoratori del turismo, a nero, o con contratti finti; sono “soci” di cooperative che li sfruttano senza riconoscere loro alcun diritto, sono i fantasmi di Napoli sotterranea e questa è la loro storia.
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Comunicato Stampa 30/10/2017
I lavoratori denunciano: a Napoli sotterranea si lavora a nero!
Pubblicata una video inchiesta a cura della Camera Popolare del Lavoro di Napoli – Ex OPG “Je so’ Pazzo”
Oggi, 30 ottobre 2017, la Camera Popolare del Lavoro dell’Ex OPG “Je so’ Pazzo” di Napoli ha reso pubblica una video-inchiesta sulle condizioni dei lavoratori di Napoli Sotterranea. La ONLUS facente capo a Enzo Albertini, ha infatti assunto lavoratori senza contratto, utilizzandoli come guide turistiche a basso costo, con paghe ben al di sotto degli standard previsti dal CCNL commercio e turismo. Dall’inchiesta emerge che l’amministrazione di Napoli sotterranea ha spesso evitato di regolarizzare i propri dipendenti facendoli figurare come volontari di una organizzazione che formalmente non si propone fini di lucro, ma che in realtà risulta essere una vera e propria impresa, con altissimi profitti: ogni giorno decine di visitatori pagano un biglietto per l’ingresso.
In poche parole, Napoli sotterranea sfrutta il lavoro nero!
I lavoratori e le lavoratrici di Napoli sotterranea che si sono rivolti allo sportello legale della Camera popolare del lavoro hanno denunciato la loro condizione: nessun contratto, paghe bassissime, niente contributi né assicurazione. Il primo passo è stato quello di trasformare la denuncia in una rivendicazione formale: sono state già avviate le pratiche legali per ottenere il riconoscimento di quanto dovuto ai lavoratori.
Abbiamo ragione di credere che l’impero commerciale di Napoli sotterranea sia stato costruito andando contro tutti i diritti e le garanzie poste dalla legge a tutela dei lavoratori, e abbiamo deciso di denunciarlo pubblicamente, anche per dare coraggio a chi si trova nella stessa condizione del lavoratori di Napoli sotterranea e non sa come reagire, o si sente isolato. Infatti, sappiamo che Napoli sotterranea è solo uno dei tantissimi esempi di esercizi turistici e commerciali che sfruttano lavoro nero e manodopera a basso costo; sappiamo che il cosiddetto “boom turistico”, di cui la città di Napoli è protagonista, nasconde spesso condizioni di lavoro molto al di sotto degli standard di tutela prescritti dalla legge; sappiamo che i vantaggi economici dell’ondata di visitatori a Napoli sono privilegio di pochi, proprietari di hotel, ristoranti, luoghi di attrazione e non certo di coloro che vi lavorano, senza contratto, senza orario, e per pochi soldi.
Proprio a partire da questa convinzione abbiamo avviato un percorso di rivendicazione giuridica e, al contempo, di mobilitazione contro lo sfruttamento del lavoro nero e grigio. Insieme ai lavoratori che si sono rivolti alla Camera popolare del lavoro e al nostro sportello legale abbiamo dato avvio a una campagna cittadina per mettere sotto gli occhi di tutti quello che, troppo spesso, si fa finta di non vedere.
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Lettere di messa in mora indirizzate a NS e Sorelle Bandiera
Inchiesta
1. Che cos’è Napoli Sotterranea
Formalmente si tratta di un’Associazione culturale speleologica professionale per la salvaguardia, il recupero e la sicurezza del sottosuolo: questa è infatti l’intestazione che compare sulle ricevute. Lo Statuto giuridico è quello di una ONLUS, acronimo di “Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale”. Le ONLUS possono avere dipendenti e non possono produrre utili: ogni euro guadagnato con le attività organizzate deve essere reinvestito in altre attività (al netto delle spese). Trattandosi di un’organizzazione non lucrativa, non ci possono essere “prezzi” per i servizi resi, ma ogni soldo ricevuto deve essere sotto forma di “contributo volontario”.
Napoli Sotterranea, però, sembra essere una ONLUS atipica: la tariffa della visita guidata è chiara e nota a tutti – 10 euro – e nessun turista può volontariamente pagare di meno; non c’è modo inoltre di registrare il pagamento, dal momento che è impossibile pagare con un POS – in questo modo non c’è traccia o documentazione alcuna delle somme che ogni giorno entrano nelle casse dell’Associazione che, essendo una ONLUS, deve produrre per legge un bilancio, pur non essendo obbligata a pubblicarlo.
Sempre in modo molto “atipico”, alla fine della visita vengono proposti ai visitatori vari prodotti in vendita: un caffè (il Malocchio Caffè), delle bottiglie di vino che si afferma essere conservato all’interno delle cave (il Vino Tufello), degli ombrelli col nome dell’Associazione ed un numero imprecisato di gadget di ogni tipo: rispetto a questi non ci risulta che la ONLUS sia autorizzata a somministrare bevande, né capiamo a che titolo venda souvenir e oggetti da collezione di ogni tipo – non ci risulta che faccia scontrini, e se qualche volta li ha fatti ci chiediamo quale sia l’intestazione societaria.
Questa ONLUS particolare esiste dal 1990 e il suo socio fondatore, Enzo Albertini, ha dichiarato in una recente intervista di non aver mai chiuso un solo giorno in circa 30 anni. 30 anni in cui si è reso protagonista di azioni non esattamente corrette: si veda l’acquisto di tutti i domini internet che potevano essere legati ad altri percorsi nel sottosuolo, o l’ostinazione nel mostrare i resti di un teatro romano senza alcuna autorizzazione da parte della Sovrintendenza – col pretesto che si tratta di resti inglobati in edifici privati. Vale la pena ricordare che Napoli Sotterranea possiede ad oggi una semplice concessione demaniale, evidentemente necessaria per organizzare visite nel sottosuolo, e nulla più.
La concessione in sé e per sé crediamo costi poco (se i canoni sono simili a quelli delle spiagge, quasi nulla), considerato anche il fatto che non appena alcuni beni demaniali, tra i quali la porzione di sottosuolo oggetto della concessione, sono passati al Comune di Napoli – che ha dichiarato di volerli mettere a reddito (probabilmente aumentando i canoni di locazione) – l’Associazione ha fatto ricorso.
Negli ultimi anni il flusso di turisti è considerevolmente aumentato, è aumentato il numero di visitatori del complesso ipogeo più famoso della città: tra visite e vendite, di conseguenza, non sono pochi i soldi che entrano ogni giorno nelle casse dell’Associazione. Nonostante il fatto che, come visto poc’anzi, tutte le entrate di una ONLUS debbano essere reinvestite ex lege in attività afferenti alla ONLUS stessa, negli anni sono fiorite, intorno a Napoli Sotterranea e ad Enzo Albertini, una serie di attività dal carattere prettamente commerciale.
Sul sito dell’Associazione viene pubblicizzata, in qualità di unica pizzeria “geotermica”, la pizzeria “Sorelle Bandiera”. Nelle pagine in inglese del sito compare poi il tariffario di un B&B che ci incuriosisce, perché non ne troviamo traccia sul sito italiano: ricompare su Google, con lo stesso numero di telefono dell’Associazione, e scopriamo che si chiama B&B Nerone, che sta nello stesso edificio degli scavi relativi al Teatro antico e che, per accedervi, c’è bisogno di prendere le chiavi in pizzeria.
Su Airbnb l’alloggio è intestato ad una certa Arianna, con ogni probabilità Arianna Albertini, figlia di Enzo: nella descrizione si dice che, oltre allo sconto in pizzeria e per la visita a Napoli Sotterranea, gli ospiti possono fare colazione presso una caffetteria a 20 metri dal B&B – si tratta del “Caffè della Stampa”, ultima nata nella catena di attività in qualche modo collegate all’Associazione della quale, anche in questo caso, compare il numero di telefono su Google.
2. Lavorare a NS: assurdità e rischio di un lavoro importante
I. identikit medio della guida a NS
L’Associazione gode di un personale composto maggiormente da giovani, tutti d’età compresa tra i 20 e gli over 30, molti dei quali studenti, tirocinanti, studenti Erasmus o fuori sede.
Il profilo medio della guida NS è dunque facilmente rintracciabile in quello di un qualsiasi giovane studente, più o meno indipendente, che ricerca un’occupazione in grado di garantirgli quel livello di autonomia economica sufficiente a far fronte ad eventuali spese di affitto o tasse universitarie.
Gli studenti rientrano notoriamente in quella categoria di lavoratori che si presenta sempre disponibile e aperta a nuove esperienze. Pertanto, l’imbattersi in una nota ONLUS come NS – che assume facilmente personale anche alla prima esperienza e che, a primo impatto, sembra in grado di offrire ai suoi collaboratori una crescita professionale nell’ambito del turismo – può sembrare un illusorio colpo di fortuna per chi è in cerca di un’occupazione temporanea.
Praticare lingue straniere confrontandosi con centinaia di visitatori al giorno, accompagnarli in cavità sotterranee raccontando loro la storia del bene archeologico ed essere responsabili di tutti gli aspetti di una visita guidata, può sembrare a tutti gli effetti un lavoro dignitoso in grado di arricchire sia il turista che la guida stessa. Questo spinge i giovani lavoratori della ONLUS ad accettare l’assenza di un regolare contratto di lavoro il che li relega immediatamente ad una posizione di subordinazione assoluta rispetto ai responsabili del sito, obbligandoli a lavorare senza protezione contro il licenziamento ingiustificato, senza un’assicurazione per gli eventuali incidenti sul lavoro, e ad accontentarsi di una paga minima.
La logica che spinge NS a selezionare il suo personale prediligendo sempre la stessa fascia d’età risiede evidentemente nella vulnerabilità del profilo del giovane studente, che spesso non conosce i suoi diritti in materia di lavoro e si trova dunque a sottostare a qualsiasi “politica di controllo ” senza porre troppe domande. Egli diventa così una facile preda dello sfruttamento e del lavoro nero che, di fatto, permette da più di 30 anni all’Associazione di mantenere bassi i costi del lavoro e sempre alti i profitti personali.
II. Procedure di assunzione, retribuzione e licenziamento. Inesistenza di regolazione contrattuale dei lavoratori
Tutti i collaboratori dell’Associazione con cui abbiamo avuto modo di comunicare (guide del sito archeologico, lavoratori della pizzeria e del bar e manutentori di vario genere) si trovano o si sono trovati senza regolare contratto di lavoro, senza un accordo preliminare sulle mansioni da svolgere e, pertanto, senza la possibilità di godere dei diritti stabiliti dalla legislazione in materia. Si pensi alla libertà di riunione ed associazione, alla negoziazione ed azione collettiva, alla protezione da licenziamento ingiustificato e alla garanzia di condizioni di lavoro giuste ed eque.
Davanti all’inesistenza di un contratto legale, infatti, i lavoratori non esistono, e il rapporto che hanno col proprietario dell’impresa rimane giocoforza subordinato alla relazione personale. Non potendo contare su sigle sindacali, qualunque tentativo di fare valere la propria condizione o di reclamare una negoziazione trova un’estrema insicurezza nella quale il lavoratore rimane isolato in una situazione di assoluta vulnerabilità e dipendenza all’arbitrio del proprietario e dei suoi amministratori.
L’inesistenza di un contratto che regoli le relazioni lavorative, inoltre, implica che i lavoratori:
a) non sappiano quante ore svolgeranno ogni giorno e quali siano i giorni liberi – il pagamento del salario, per una cifra che va dai due ai cinque euro all’ora senza contributi (stando alle testimonianze raccolte), avviene ogni singolo giorno in denaro contante, nel frangente in cui di solito viene anche comunicato loro l’inizio (e non la fine!) del prossimo turno.
b) si vedano obbligati ad eseguire compiti diversi da quelli accordati: sappiamo di guide che caricano materiale della pizzeria o di camerieri che si occupano di relazioni pubbliche o che fanno i cuochi. Senza contare l’indecoroso quanto frequentissimo caso delle spedizioni in pieno turno di lavoro per spese e affari privati degli amministratori: dal caffè al pagamento delle bollette, passando per il servizio di chauffeur.
Per concludere, i lavoratori della pluridecorata Associazione culturale Napoli Sotterranea non hanno nessun tipo di assicurazione in caso di incidenti sul lavoro, ma su questo torneremo a breve.
Per arricchire ulteriormente il quadro e giungere altresì ad una prima sintesi, dal raffronto delle testimonianze raccolte emergono con gran forza le seguenti criticità:
a) esiste una indiscriminata “transumanza” dei lavoratori tra i vari posti di lavoro senza che ci sia un nucleo minimo e stabile di addetti ai vari servizi;
b) le ore lavorative rimangono all’arbitrio e alle necessità del datore di lavoro. I lavoratori fanno un minimo di cinque ore, ma possono arrivare – senza saperlo in anticipo – anche a sette, otto e addirittura tredici ore, ricevendo sempre la stessa retribuzione di due, quattro o cinque euro l’ora. I turni vengono comunicati giorno per giorno, a volte poche ore prima dell’inizio, e se il lavoratore non è disponibile rischia di non essere più chiamato;
c) la giornata lavorativa trascorre senza riposo in un adempimento continuo delle più svariate attività, talvolta senza permesso di sedersi per le guide e senza una pausa pranzo prestabilita;
d) i rapporti interpersonali come l’amicizia non sono visti di buon occhio dal proprietario e dagli amministratori, che promuovono invece un clima di paura, competizione e sospetto reciproco scoraggiando, e spesso impedendo di fatto, le relazioni tra lavoratori sia durante sia dopo la giornata lavorativa;
e) è impossibile rifiutarsi di realizzare uno qualsiasi dei compiti non corrispondenti all’attività curricolare, pena il licenziamento. I camerieri ad esempio si vedono obbligati ad esercitare relazioni pubbliche, o a fare i lavapiatti e i cuochi; alle guide viene richiesto di aiutare in pizzeria, di fare carico e scarico di materiali o di sostituire gli amministratori in spese e trasporti. A volte questi compiti sono svolti in condizioni dure come in inverno, sotto la pioggia, in piedi per ore, e spesso si viene obbligati ad adottare pratiche di concorrenza sleale contro i commercianti della zona o contro il sito archeologico vicino de La Neapolis Sotterrata, nella stessa Piazza San Gaetano;
f) sul posto di lavoro non esiste un sindacato: la guida viene considerata dagli utenti come un volontario che lavora in maniera altruistica. Qualunque tentativo di associazione tra lavoratori può essere punito col licenziamento di essi tutti;
g) qualunque errore o rilassamento da parte del lavoratore viene sanzionato con minacce ed è assolutamente vietato ricevere mance dai turisti che effettuano la visita: la rete di telecamere – estesa su tutto il percorso sotterraneo, come su quello en plein air – serve essenzialmente per denunciare la guida che lo fa. Prendere una mancia comporta il licenziamento immediato del lavoratore, ma le guide devono promuovere e pubblicizzare obbligatoriamente i prodotti che l’Associazione mette in vendita, nonché le altre attività come la pizzeria.
h) come accennato, non esistono condizioni minime di sicurezza per il lavoratore né per il visitatore (!), e ovviamente non esiste assicurazione alcuna contro gli incidenti sul lavoro.
III. Sanità e sicurezza. Sulla gestione criminosa e irresponsabile di un sito ad altissimo tasso di pericolo
Dalle testimonianze ed esperienze dei lavoratori emerge il racconto di un ambiente di lavoro insalubre ed insicuro, di cavità con il 70% di umidità nelle quali il lavoratore resta per ore, svolgendo di continuo tour in un percorso nel quale è esposto ad un continuo cambiamento di temperatura tra sottosuolo e superficie. La guida lavora a 35-40 metri di profondità senza nessun tipo di formazione per gestire situazioni di emergenza, in un sito senza uscite di sicurezza, senza risorse per risolvere il più banale incidente, senza possibilità d’accesso per le persone disabili e dove non si avvisano gli utenti degli imprevisti che potrebbero verificarsi durante la visita – consentendo inoltre l’ingresso a persone anziane, donne in gravidanza, bambini molto piccoli e persone ferite o con qualche indisposizione.
Per un tratto, si sollecitano i turisti ad addentrarsi per un tunnel di circa 50cm di larghezza e totalmente oscuro, esposti al fuoco delle candele, senza possibilità di ritornare all’indietro per qualunque caso di emergenza perché lo stesso tunnel è percorso contemporaneamente dai gruppi successivi. Allo stesso modo, le guida devono farsi esclusivo carico di gruppi di turisti esposti a qualsiasi crollo, errore di sorta o problema che, senza uscite di emergenza né misure di sicurezza, può essere fatale. In periodi di alta affluenza di turismo, per concludere, si effettua sistematicamente un rischiosissimo sovraccarico del sito, concentrando anche centinaia di persone col rischio di collasso per le cisterne ed i tunnel sotterranei.
3. Politica di controllo e paura
L’inesistenza di contratto fa sì che i lavoratori rimangano vulnerabili ed indifesi all’arbitrio del proprietario e degli amministratori. Un arbitrio spesso incontenibile, espresso tra l’altro con violenza sottile e subdola, con piccoli gesti e spaventosi silenzi. In mancanza di un documento ufficiale che stabilisca le rispettive afferenze, il lavoratore rimane esposto ad ogni tipo di abuso da parte dei soggetti su menzionati: dai questionari emerge una situazione di abusi di potere, pressioni, minacce, perfino di abusi sessuali.
Una fittissima rete di telecamere si estende su tutta l’area in cui si sviluppa l’attività lavorativa di guide e camerieri – inclusi i cunicoli, le sezioni dell’antico teatro, le sale di lavoro dello staff della pizzeria e le sezioni di suolo urbano presenti tra questi luoghi: come in un grottesco incubo orwelliano dalle tinte meridionali, ogni passo è potenzialmente monitorato dagli amministratori – impegnati solitamente ad incassare il denaro all’ingresso o piacevolmente ozianti in compagnia nell’ufficio sul retro, ma in ogni caso in grado di spiare tramite la telecamera la potenziale condotta eversiva od anche e semplicemente “il nuovo arrivato”.
Le testimonianze raccolte documentano oltretutto di una politica di punizione per la quale, davanti ad un qualunque reclamo da parte del lavoratore, si è sistematicamente puniti col licenziamento o con la mancata comunicazione del successivo turno di lavoro – ma questo non è assolutamente l’unico caso in cui ciò può avvenire: si sono verificati casi di licenziamento causa relazione interpersonale troppo stretta con altri membri dello staff; persone licenziate perché si sono rifiutate di andare a lavorare la mattina di Natale o di Capodanno – pur avendolo richiesto con settimane di anticipo; guide trilingue licenziate da un giorno a un altro per un commento sulla propria pagina Facebook.
Le modalità di interazione tra l’elemento prettamente lavorativo e quello personale, affettivo o relazionale – un’interazione facilissima da instaurare in un contesto come quello del centro antico di Napoli – sono ciò che gli amministratori tendono a monitorare e gestire con più attenzione: la relazione tra il singolo lavoratore e l’Associazione è personale quando si tratta ad esempio di accettare senza discutere il peggiore degli abusi – ma è prettamente lavorativa quando c’è da concordare orari, ferie, lavori extra e quant’altro. Allo stesso modo è premiata la relazione personale che si instaura entro il raggio di sorveglianza e con il beneplacito degli amministratori, mentre è osteggiata e punita fino al licenziamento quella che si sviluppa indipendentemente e al di fuori del contesto lavorativo.
Sorvegliati ed incatenati nelle caverne, gli uomini e le donne di una delle ONLUS più importanti del sud Italia spesso non sanno che quella che vedono è solo la pallida ombra di un lavoro.
4. Conclusioni. Un caso eccellente ma non isolato. Orrore e prospettive del lavoro nero a Napoli e provincia
Napoli Sotterranea è un caso isolato? Magari! Certo, riconosciamo ad Albertini una tenacia invidiabile, ma siamo purtroppo sicuri che la sua situazione, relativamente alle condizioni di lavoro e all’opacità societaria, non sia un caso isolato. Sappiamo, perché abbiamo fatto mesi di inchieste, che il lavoro nero è realtà nella maggior parte delle attività connesse al turismo, nel rinnovato centro cartolina della nostra città: lo sappiamo perché abbiamo lavorato in tanti posti, perché abbiamo incontrato i lavoratori, abbiamo raccolto denunce e segnalazioni, abbiamo manifestato, insistito e protestato contro l’Ispettorato del Lavoro perché prestasse attenzione alle segnalazioni anonime che come associazione abbiamo loro presentato. La domanda che ci arrovella il cervello, in effetti, è la seguente: se noi, senza mezzi, siamo venuti a conoscenza certa di decine e decine di situazioni di nero, com’è possibile che questi posti non ricevano alcuna ispezione, o meglio, come è possibile che tutte le ispezioni che ci sono state si siano concluse con un nulla di fatto? Abbiamo indagato – in senso lato e vorremmo dire politico – anche sull’Ispettorato, scoprendo dai loro rapporti annuali che il numero delle ispezioni è in calo, essenzialmente a causa del taglio dei fondi, e che l’azione ispettiva è di conseguenza meno efficace. Ci sono però anche delle scelte politiche dietro le linee d’azione che ogni Ispettorato decide di darsi: noi chiediamo di sapere quali siano i criteri che regolano l’azione degli ispettori di Napoli, quali siano le loro priorità, i loro campi principali d’intervento, la loro politica rispetto alle segnalazioni ricevute e chiediamo, ancora, che si esprimano pubblicamente sulle intenzioni che hanno relativamente a un settore, quello del turismo, dove le irregolarità e gli abusi crescono in parallelo con gli incassi e i profitti dei pochi che ci guadagnano.
In seconda istanza vorremmo chiamare in causa il Comune di Napoli, che in questi ultimi anni ha lavorato molto sul cambiamento dell’immagine della città, cosa di cui non possiamo non essere contenti, e ha quindi delle responsabilità politiche e concrete rispetto all’esplosione del settore economico turistico. Quelle concrete sono relative al fatto che il Comune è responsabile, ad esempio, delle autorizzazioni all’occupazione di suolo pubblico; ha richiesto al Demanio la gestione di cave e grotte, tra le quali quella di Napoli Sotterranea (contro questo trasferimento Albertini ha già presentato ricorso); ha la possibilità di richiedere la verifica della regolarità contributiva come requisito per la concessione di qualsivoglia autorizzazione; ha concentrato la presenza della polizia municipale nel centro antico, dove potrebbe decidere di impiegarla per usi migliori della caccia ai cosiddetti “abusivi”; è il riscossore della tassa di soggiorno, che tutti i b&b dovrebbero far pagare e versare alle magre casse comunali. Dal punto di vista politico ha fatto un investimento enorme sul rilancio di Napoli come città da visitare, evidentemente valutando che, in conseguenza della deindustrializzazione della metropoli, questo possa essere il volano per una mini ripresa economica della città.
Per noi, però, ripresa economica significa più lavoro per tutti, con regole chiare e pagato il giusto; significa sicurezza e diritti; significa attenzione ad un centro antico che deve essere esempio per il mondo di come si possano e debbano coniugare il turismo e tutte le attività connesse con la garanzia di vivibilità e diritti per i residenti. Per questo abbiamo deciso di organizzarci e combattere credendo che possiamo essere motori del cambiamento; per questo chiediamo a tutte le istituzioni coinvolte un’assunzione di responsabilità; per questo chiediamo a tutti, abitanti, lavoratori, precari, di unirsi a noi, perché Napoli è bellissima solo se vede un futuro fatto di diritti e sicurezza.
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