Due mesi dopo le elezioni del 24 settembre, la Germania si trova
ancora senza governo. Per di più, sarà destinata a restarci ancora per
molto, e già si affaccia l’ipotesi di nuove elezioni. Quello che viene
portato avanti come esempio di “stabilità” politica si è impantanato nel
più classico stallo all’italiana. Uno stallo che però ha motivazioni di
portata generale. La Germania è solo l’ultimo dei paesi senza governo.
Negli ultimi due anni, soltanto in Europa, abbiamo avuto la Spagna senza governo per un anno intero, l’Olanda per otto mesi, la Gran Bretagna
ancora oggi senza maggioranza parlamentare. La “stabilità” non risiede
evidentemente nei governi nazionali. Difatti, nessuno di questi tre
paesi ha dovuto affrontare vendette finanziarie, attacchi speculativi,
fuga degli investitori o declini produttivi. Al contrario, hanno tutti visto un significativo rialzo delle stime di crescita. Anche
per l’Italia la prospettiva di lunghi mesi senza governo e di probabile
ritorno alle elezioni non spaventa gli osservatori più avveduti. Come
ha scritto ieri Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera, «forse il rischio politico italiano, ovvero che non vi sia una maggioranza di governo dopo le prossime elezioni, è largamente sovrastimato. Alcuni osservatori più attenti, leggendo i programmi dei vari schieramenti, non sono così allarmati dal fatto che alla fine non vinca nessuno».
Questo squarcio di sincerità contraddice anni di strepiti sulla
necessità di una maggioranza governativa. De Bortoli fa luce su una
delle verità acquisite della governance europeista: se i
programmi politici dei diversi partiti si equivalgono, non solo non
importa chi di questi andrà al governo, ma non è neanche rilevante che
alla fine ci vada davvero qualcuno. Il pantano governativo non incide
sul commissariamento di fatto della sovranità politica dei diversi
paesi. In sostanza: con un governo o senza, le “leggi di stabilità”
sarebbero comunque decise tra Bruxelles e Francoforte. Poco importa che a
ricevere le “raccomandazioni” sia un governo democratico o uno
conservatore.
Questa torsione democratica è anche alla base dell’instabilità
congenita dei rapporti politici nazionali. La sovrapposizione dei
programmi dei principali partiti determina due effetti: da una parte,
aumenta l’astensione elettorale come risposta all’impossibile
alternativa alle politiche di rigore finanziario; dall’altra, erode i
consensi dei partiti “di centro” (destra e “sinistra” liberali) per
trasferirli al famigerato “populismo”, spettro che agita i sonni di
euroburocrati e ceto medio progressista. La situazione tedesca
rappresenta la normalità, non l’eccezione, della politica europeista. Ancor di più: è la condizione ottimale che impone il commissariamento non più solo di fatto, ma anche di diritto. Lo
Stato di eccezione diviene ordinario. E’ all’interno di una situazione
come questa che saremo sempre più chiamati a fare i conti. Stati
solidissimi governati dal commissariamento euroliberista, governi
debolissimi delegittimati da astensionismo e opposizione populista.
Dunque, forse per la prima volta, l’ingovernabilità non genera
instabilità, ma rafforza la stabilità.
A complicare il quadro, il ritorno della crescita. Secondo un’analisi di Dario Di Vico (Corsera del
15 novembre), la “normalità” della crescita economica è data dal
ritorno degli investimenti industriali, dal ritorno dei consumi interni
(saliti più dell’incremento del reddito disponibile), e aumento delle
compravendite immobiliari. Tre elementi ancora deboli (il ritmo
sostenuto della crescita è dato ancora dall’export, quindi è ancora crescita drogata e non redistributiva), ma che si affacciano all’orizzonte della “ingovernabilità” italiana. Proprio ieri
l’Istat certificava l’aumento dell’occupazione, inserendo un altro
tassello nella narrazione edificante del paese “che cresce”, al di là
delle sue difficoltà politiche. Questo lo scenario politico europeo dei
prossimi mesi: una stabilità che si rafforza a prescindere dalla politica, che vive una sua delegittimazione che non scalfisce ma addirittura rafforza la governance europeista. L’ingovernabilità non spaventa più nessuno.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento