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18/11/2017

Il ponziopilatismo UE e italiano sull’antinazismo

Con il voto contrario di USA e Ucraina, il Terzo comitato dell’Assemblea generale dell’ONU ha adottato la risoluzione proposta da Russia e altri 49 Paesi, tra cui Bielorussia, Venezuela, Egitto, India, Kazakhstan, RPDC, Cuba, Serbia, Siria e Sud Africa, contro la eroicizzazione di nazismo, neonazismo e altre pratiche di discriminazione.

La risoluzione esprime profonda preoccupazione per la celebrazione degli ex membri delle Waffen SS e “i continui tentativi di deturpare o distruggere i monumenti dedicati a quanti lottarono contro il nazismo durante la Seconda guerra mondiale”. Si lancia anche l’allarme sulla progressiva attività di raggrumanti neonazisti e “sul numero crescente di posizioni di rilievo occupate da rappresentanti di partiti razzisti o xenofobi in tutta una serie di assemblee legislative nazionali e locali”.

A favore della risoluzione hanno votato 125 Paesi; tra i 51 astenuti: gli immancabili Paesi della UE, insieme a Turchia, Georgia, Australia e altri. La risoluzione verrà esaminata dall’Assemblea generale ONU il prossimo dicembre.

Chiarissimo il riferimento alla situazione dell’Ucraina golpista e non manca nemmeno quello, evidentemente, alla Polonia nazionalista, in cui da tempo si stanno distruggendo uno a uno i monumenti eretti ai caduti dell’Armata Rossa per la liberazione dal nazismo.

Intanto, Der Spiegel pubblica l’ennesimo allarme a proposito del battaglione neonazista ucraino “Azov”, lanciato alla “salvezza dell’Europa” e alla “sua nuova conquista”, con i propri ranghi rafforzati da neonazisti tedeschi e di altri Paesi europei. Secondo la rivista tedesca, il lavorio propagandistico svolto negli ultimi tre anni da “Azov” gli avrebbe assicurato la crescita da circa 850 agli attuali 2.500 membri.

Discreto successo sembra aver avuto la campagna di reclutamento condotta lo scorso luglio in Germania: durante il festival Rechtsrock dell’estrema destra a Themar, in Turingia, cui hanno partecipato oltre seimila persone, “Azov” ha distribuito volantini con il richiamo a “entrare nelle file dei migliori”.

In aggiunta al servizio di Der Spiegel, Dmitrij Rodionov ricorda su Svobodnaja Pressa come lo scorso anno la polizia brasiliana avesse condotto un’operazione nello stato di Rio Grande do Sul contro reclutatori di “Azov” e neonazisti locali che si apprestavano a partire per il Donbass. Nel maggio scorso, addirittura la Camera dei rappresentanti del Congresso USA aveva proposto di vietare all’Ucraina di devolvere i fondi occidentali al battaglione neonazista e di proibire agli istruttori militari di addestrarne gli affiliati. Cosa, evidentemente, difficile da prendere sul serio, dato che da anni, molto prima ancora del golpe del febbraio 2014 – anzi: proprio in vista di tale svolta – istruttori non solo USA, ma anche di altri Paesi occidentali, stanno addestrando le forze dell’Ucraina golpista, compresi reparti di diversi battaglioni neonazisti, accusati di crimini di guerra anche da organizzazioni non certo “comuniste”, quali Human Rights Watch e Amnesty International.

E la “conquista dell’Europa” non è solo un’espressione figurata. Secondo il politologo Igor Šatrov, da quando “le operazioni nel Donbass si sono convertite per lo più in un conflitto di posizione, diversi elementi dei battaglioni, tra cui “Azov” si sono portati in Europa in cerca di nuove occasioni per mostrare il proprio “talento”, tanto che anche Der Spiegel è stata costretta a notarlo”. Purtroppo, continua Šatrov, in molti paesi europei “la retorica ufficiale incoraggia la diffusione dell’ideologia neofascista, con il ripetersi dell’idea di nazioni superiori ad altre, di sistemi sociali, economici e politici superiori ad altri ecc.”.

Per quanto riguarda specificamente il battaglione (ora reggimento) “Azov”, sorto dal programma “Patriota ucraino”, il politologo Eduard Popov ricorda come, già nel 2009, si diffondesse “la strategia di una confederazione di popoli centro-europei, formata da Ucraina, Bielorussia, stati baltici e balcanici e la successiva unione con i radicali dell’Europa occidentale, che a loro volta avrebbero preso il potere con “rivoluzioni nazionali”. Quando “Azov” guerreggiava nel Donbass” continua Popov, “lo si ignorava. Ora che gli adepti del “führer” Andrej Biletskij dilagano anche in Germania, i media tedeschi cominciano a preoccuparsi. E bisogna sottolineare che non si tratta di nazionalisti, bensì di aperti nazisti”.

Secondo Popov, gran parte dei reclutati da “Azov”, oltre che dalla Germania, proviene dai paesi scandinavi. Per quanto riguarda altri paesi europei, raggruppamenti di destra, ad esempio greci o cechi, è noto che si sono sempre espressi contro majdan. Sembra invece che un certo sostegno ad “Azov” venga dall’Italia. Nessuna meraviglia, in un paese in cui si inaugurano mausolei ai più feroci “eroi” del ventennio fascista, in cui amministrazioni socialfasciste intitolano strade e piazze agli esponenti moderni del neofascismo e neonazismo italico; in cui le massime autorità repubblicane firmano protocolli d’intesa con rappresentanti, come scritto ora nella risoluzione ONU, “di partiti razzisti o xenofobi” che occupano “posizioni di rilievo” in “assemblee legislative nazionali e locali”; un paese in cui partiti che legiferano e attuano oltreconfine pratiche da lager, hanno eliminato dalle proprie piattaforme – in modo conseguente, verrebbe da dire – ogni riferimento all’antifascismo.

Nessuna meraviglia nemmeno per un paese, l’Ucraina appunto, in cui la pratica neonazista è attuata contro la propria stessa popolazione e in cui, come riporta la rivista Luxembourg Herald, Marina Porošenko, consorte del golpista N° 1, riesce, tramite l’apparato presidenziale e la società “Ucraina forte”, a dirottare sui conti di compagnie offshore e imprese private la cosiddetta beneficienza internazionale per i bimbi ucraini orfani o invalidi.

Nel giro di pochissimi giorni, l’Italia è così riuscita a incamerare da parte dell’ONU una bacchettata diretta, per una politica che, nei deserti nordafricani, riecheggia in stile moderno strategie imperiali di funesta memoria e un’altra indiretta, per strette di mano e accordi ufficiali con gli eredi moderni degli scagnozzi del Drittes Reich. Avanti così...

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