30/11/2017
Gli Stati Uniti evocano la guerra contro la Corea del Nord, ma chiedono alla Cina di fare il “lavoro sporco”
Se l’ambasciatore degli Usa all’Onu afferma che “Ora la guerra è più vicina”, diventa impossibile – e letale – sottovalutare il clima che si va determinando nelle relazioni internazionali. Sono parole pesanti quelle pronunciate dall’ambasciatrice americana all’Onu Nikki Haley, durante il consiglio di sicurezza convocato d’urgenza sulle tensioni nucleari con la Corea del Nord. Fanno meno effetto gli insulti di Trump verso Kim Jon Un, una guerra delle parole non produce morti e distruzione, rende ridicoli solo gli autori.
Negli Usa al momento sono allo studio nuove sanzioni finanziarie, mentre il Pentagono valuta l’ipotesi di un blocco navale intorno alle coste della Corea del Nord (di fatto un atto di guerra). In realtà sono in molti a volere – e a sperare – che sia la Cina a fare il “lavoro sporco” contro la Corea del Nord per conto della cosiddetta comunità internazionale (che in questo caso coincide solo con Usa e Giappone).
Dagli Usa è partito l’ennesimo appello rivolto soprattutto a Pechino per “tagliare tutti i rapporti con Pyongyang”, per isolare ulteriormente la Corea del Nord: dai rapporti diplomatici, alla cooperazione militare, scientifica e commerciale, passando per lo stop a tutte le importazioni ed esportazioni. “Alcuni paesi invece continuano ancora a finanziare il programma nucleare nordcoreano” ha tuonato l’ambasciatrice statunitense all’Onu. il presidente Usa Donald Trump ha discusso la situazione con il presidente cinese Xi Jinping invitandolo a “tagliare le forniture di petrolio” verso Pyongyang, una decisione che metterebbe in ginocchio l’economia del Paese. “Sarebbe un passo decisivo negli sforzi mondiali per fermare questo reietto internazionale”. Contestualmente l’ambasciatrice statunitense all’Onu, Nikky Haley ha minacciato anche che se Pechino non dovesse agire per interrompere le forniture gli Stati Uniti “potrebbero prendere la situazione del greggio nelle proprie mani”.
I dati rilevati da Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud confermano che il missile lanciato martedì è il più potente mai testato da Pyongyang. Il ministro della Difesa giapponese, Itsunori Onodera, ha riferito che il missile si è suddiviso in più parti durante la fase terminale del suo volo, e non è dunque da escludere che Pyongyang abbia testato un vettore a testate multiple indipendenti capace di raggiungere la costa orientale degli Stati Uniti. Uno scenario da incubo imprevisto e imprevedibile fino a pochi mesi fa per la potenza occidentale che ha fatto della supremazia militare l’ultimo e unico asset da giocare nella ridefinizione – a loro svantaggio – delle relazioni internazionali nel loro complesso.
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