Così Crivelli mi ha raccontato un fatto di 26 anni fa, quando come rappresentante del suo partito partecipò al ventesimo congresso del PCI, l’ultimo, quello che cambiò il nome e l’identità del partito secondo la svolta di Achille Occhetto.
Era l’inizio di febbraio del 1991 e mentre il PCI finiva, cominciava quella guerra che è continuata fino ad oggi, sempre più vasta, distruttiva, insensata. George Bush padre si preparava, con una coalizione armata di cui faceva parte anche l’Italia, a bombardare ed invadere l’Iraq. Tutto il mondo era percorso da manifestazioni e pronunciamenti contro la guerra e le 120 delegazioni estere presenti al congresso sentivano gli echi di quella mobilitazione.
Crivelli pensò allora di usare tutte quelle presenze ad un congresso di per sé triste e depressivo, per organizzare un pronunciamento internazionale contro la guerra. Su un breve testo cominciò a raccogliere le firme di partiti comunisti, di sinistra, progressisti. Ricorda ancora con particolare orgoglio di aver ricevuto l’adesione di un sindacalista brasiliano appena entrato in politica, già molto conosciuto e presente al congresso: Lula.
Il PCI in via di scioglimento, sulla guerra che iniziava era diviso su tre posizioni. Quella di Napolitano naturalmente guerrafondaia, quella di Ingrao altrettanto naturalmente pacifista e quella di Occhetto e D’Alema che si barcamenava tra le due. Questo si sapeva, così Crivelli, quando fu avvisato di recarsi immediatamente presso la presidenza del congresso, pensò con soddisfazione di aver contribuito a far esprimere un no alla guerra da parte di tutto il PCI. La sua iniziativa aveva avuto un grosso successo, quasi tutte le delegazioni estere avevano firmato il suo appello o si preparavano a farlo. Per questo quando incontrò un giovane funzionario della segreteria del partito, Crivelli pensò di ricevere elogi. Invece raccolse un ultimatum.
“So che stai raccogliendo firme su un appello contro la guerra, smettila subito e annulla l’iniziativa. Non puoi fare qui su temi così delicati quello che vuoi, voi siete ospiti e la politica internazionale qui la facciamo noi“.Questo è il ricordo delle parole di quel funzionario arrogante, ricordo che ancora oggi fa arrabbiare il mio amico e compagno svizzero Norberto Crivelli, che ovviamente per non creare incidenti diplomatici allora rinunciò all’appello per la pace.
Già, ma perché mi ha raccontato oggi quel fatto? Non lo avete capito? Quel funzionario allora non era conosciuto, oggi lo è un po’ di più, perché il suo nome è Marco Minniti.
Gino Strada lo ha definito sbirro. Beh, se è così, lo è da sempre.
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