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24/11/2017

Il lunghissimo autunno del patriarca italiano

E’ durato dodici ore e mezzo (!) l’incidente probatorio in cui sono state acquisite le testimonianze delle due studentesse americane aggredite e stuprate il 7 settembre scorso a Firenze. Gli avvocati dei carabinieri accusati di aver compiuto quello stupro hanno dichiarato sprezzanti “niente scuse, al limite sono stati fessi a farle salire nell’auto di servizio”.

Sono passati 39 anni dal quel famoso processo per stupro che si svolse a Latina nel 1978 ripreso dalla RAI e mandato poi in onda la sera del 26 aprile 1979. Quella sera milioni di italiani poterono assistere ad un processo in cui una mentalità intrisa di maschilismo fu in grado di trasformare la vittima in istigatrice e quindi in imputata. Ecco, a me sembra ieri. Sarà perché si tratta di carabinieri? Si, sicuramente nelle così dette “forze dell’ordine” c’è un nucleo oscuro, duro a morire, fatto di fascismo, sessismo ed arrogante maschilismo che si ammanta dei miti di una grottesca virilità d’antan. Ma non è solo lì che si manifesta questa revanche maschilista.

In ampi settori della società italiana, nel corso dell’ultimo decennio, ci sembra di assistere ad un forte regresso nei confronti delle donne fatto di violenza fisica, morale, psicologica, anche e soprattutto, nell’accesso e/o nel mantenimento di un posto di lavoro, benché quasi sempre precario. Si tratta di un’involuzione che si sta rendendo sempre più visibile e tangibile anche sul piano della linguaggio e della cultura.

E’ un rigurgito certamente sospinto dalla selvaggia deregulation sociale ed economica in atto nel nostro paese quanto dall’inarrestabile declino di un certo patriarcato tipicamente italiano sopravvissuto a modernità e globalizzazione. Qualcosa che ha molto a che fare con la storia di un paese – il nostro – che non ha mai davvero fatto in conti con il proprio passato e che, per dirla con il mai tanto compianto Monicelli, “non ha mai fatto una bella rivoluzione”, mentre, non a caso, non riesce a smettere di consumare vendette nei confronti di chi ha provato a farla davvero quella rivoluzione qualche decennio fa, ed ha perso.

Ma quel passato si è saldato con un presente in cui si fa la guerra ai poveri (mai alla povertà), agli ultimi, ai più deboli, cioè, alle “vite di scarto” che provengono da paesi depredati o in guerra o che produciamo in loco. Quelle vite sospinte ai margini da un modello sociale improntato alla massima flessibilità ed alla competizione totale proprio mentre il welfare state viene svuotato ogni giorno di più. Le donne, stanno pagando un prezzo altissimo sull’altare di questa trasformazione.

Appena due giorni fa SOS Stalking ha diffuso i dati sugli omicidi di donne in Italia, che prima della fine di questo 2017 sono già 84 (contro gli 88 registrati a novembre 2016, quando i casi totali di omicidi di donne furono 115). Uno studio del Ministero di Grazia e Giustizia ha esaminato 417 sentenze per violenze di genere, 355 delle quali su femminicidi avvenuti tra 2012 e il 2016: nel 63,8% di questi si tratta di omicidi avvenuti dentro le mura domestiche con un aumento significativo nel nord ed una flessione al sud.

A Firenze sono state violentate due ragazze americane e, tuttavia, ciò non è bastato a ridurre l’arroganza e la tentazione di rovesciare subdolamente i ruoli di vittime e carnefici. Ma cosa accade, però, quando ad essere stuprate sono, ad esempio, le migranti straniere rinchiuse nei CIE (Centri di identificazione ed espulsione degli stranieri irregolari)? In quei lager dove gli esseri umani reclusi non hanno alcun diritto ed i giornalisti non hanno accesso, non è difficile immaginare che si verifichino moltissimi casi di abusi e violenze sessuali nei confronti delle donne che vi sono segregate. Certamente, molti più di quelli portati alla luce con estrema difficoltà a causa dell’enorme condizione di ricattabilità delle vittime.

Davanti a tutto ciò, dopo un anno esatto dalla marea umana che ha invaso le strade di Roma, un anno in cui hanno continuato ad incontrarsi passando per la proclamazione dello sciopero generale dell’8 marzo scorso sabotato dalle organizzazioni sindacali tradizionali, le donne che aderiscono alla Rete femminista internazionale “ Non una di meno” si sono nuovamente date appuntamento per una grandissima manifestazione che si terrà a Roma il prossimo 25 novembre per lanciare, nella giornata contro la violenza sulle donne, il loro “Piano Femminista dal basso contro la violenza”, frutto di una straordinaria quanto inedita elaborazione politica collettiva.

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