Al ministro degli Interni Minniti da ieri fischiano le orecchie. La sua politica per bloccare i flussi di rifugiati nel Mediterraneo è stata duramente criticata dall’Onu e, per ora, a fargli da scudo in parlamento ci sono solo Pd, Forza Italia e verdiniani. Per la verità né Sinistra Italiana né M5S si sono spinti a chiederne le dimissioni ma solo a chiedere l’azzeramento dell’accordo raggiunto con il “governo libico” e le milizie tribali che ne controllano il territorio.
La politica dell’Unione Europea di supporto alla guardia costiera libica per intercettare nel Mediterraneo e riportare indietro i migranti “è disumana”. Ad affermarlo questa volta non sono state le bistrattate Ong ma l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, esprimendo contemporaneamente sgomento per l’aumento del numero di migranti trattenuti in condizioni allucinanti nei centri di detenzione in Libia. “La sofferenza dei migranti in detenzione in Libia è un’offesa alla coscienza dell’umanità”, ha dichiarato il responsabile Onu per i diritti umani, aggiungendo che “quella che era già una situazione disperata è diventata adesso catastrofica”. Zeid Ra’ad Al Hussein ha parlato inoltre di “orrori inimmaginabili sopportati dai migranti in Libia”.
Per il responsabile Onu, “solo alternative alla detenzione possono salvare le vite dei migranti e garantirne la sicurezza fisica, preservare la loro dignità e proteggerli da ulteriori atrocità”. Al Hussein ha poi lanciato un appello a creare apposite misure di legge nazionali e a cessare la criminalizzazione dell’immigrazione irregolare, in modo da garantire la protezione dei diritti umani dei migranti. Unione Europea e Italia, invece, stanno fornendo assistenza alla Guardia costiera libica per intercettare le imbarcazioni di migranti nel Mediterraneo, anche in acque internazionali, e questo “nonostante i timori, sollevati da gruppi per la tutela dei diritti umani, che questo condanni più migranti a una detenzione arbitraria e illimitata, esponendoli a tortura, stupro, lavori forzati, sfruttamento ed estorsione”. I profughi intercettati, fermati in mare e portati nei centri di detenzione sul territorio libico “non hanno possibilità di impugnare la legalità della loro detenzione e non hanno accesso ad alcun supporto legale”.
I resoconto degli osservatori Onu per i diritti umani affermano di essere rimasti sconvolti da quanto sono stati testimoni in Libia, dove dall’1 al 6 novembre hanno visitato a Tripoli quattro centri di detenzione per migranti, strutture del dipartimento per la lotta all’immigrazione illegale (Dcim) che dipende dal ministero dell’Interno libico.
“Quello che hanno visto – ha raccontato il commissario – sono «migliaia di uomini, donne e bambini emaciati e traumatizzati, ammucchiati gli uni sugli altri, imprigionati in hangar senza accesso ai beni di prima necessità più basilari e privati della loro dignità umana”. Il Commissario dell’Onu riferisce poi dei racconti dei migranti raccolti dagli osservatori, in cui si denunciano violenze e stupri subiti anche da parte del personale dei centri di detenzione. Ha ricordato inoltre che molti dei migranti sono già stati esposti a traffico di esseri umani, rapimenti, tortura, stupri e altre violenze sessuali, lavori forzati, sfruttamento, gravi violenze fisiche, fame e altre atrocità nel corso dei loro viaggi attraverso la Libia, spesso nelle mani di trafficanti e contrabbandieri. E’ di ieri il filmato diffuso dalla Cnn in cui si vede la vendita all’asta come schiavi agricoli di uomini catturati mentre cercavano di raggiungere la costa libica.
Stando a fonti locali dell’Organizzazione internazionale dei migranti, sono diventati circa 400mila i profughi “contabilizzati” dalle autorità di Tripoli, ma secondo altre fonti quelli rimasti imprigionati nel paese sarebbero tra gli 800mila e il milione. Dall’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni certificano che i centri di detenzione sotto il controllo del governo e dei 14 sindaci che si sono accordati con l’Italia per fermare le partenze sono solo una trentina, e al momento vi sarebbero rinchiuse non più di 15mila persone. Il problema è sapere dove sono finiti tutti gli altri e soprattutto se lo schiavismo sia ormai tornato come una piaga permanente, nel deserto libico o in quelli africani, o nelle campagne del Meridione italiano.
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