L’Unione Europea fa la corte all’Unione Africana. In Senegal, prima del vertice di Abidjan, i rappresentanti dell’UE vanno di villaggio in villaggio per informare i giovani dei loro progetti, con l’obiettivo di scoraggiare l’emigrazione. In una dichiarazione comune del presidente della Commissione europea e di quello della Commissione Africana, l’UE promette aiuti per 31 miliardi di euro fino al 2020 «per dare una chance alla gioventù africana».
Ai Paesi dove l’emigrazione è più massiccia arriveranno fondi per la formazione professionale e lo sviluppo di piccole e medie imprese. E, naturalmente, per blindare le frontiere. Un particolare di cui nel documento non si fa parola. In sintesi, l’UE dà i soldi e gli Stati africani si riprendono i migranti. Una cosa che fanno già – discretamente – dato che sono nell’impossibilità di offrire un futuro ai loro giovani.
Il vertice UE-AU coincide con un viaggio in Africa del presidente francese, Emmanuel Macron, che ha tenuto martedì un discorso di quasi tre ore a 800 studenti dell’università di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso. Macron era atteso da dimostranti del sindacato degli studenti e dell’organizzazione democratica della gioventù, che manifestano contro la sua visita. Rimproverano alla Francia il saccheggio delle risorse del loro Paese, una presenza militare insopportabile e il mantenimento del franco CFA, moneta coloniale. Sono stati dispersi dai gas lacrimogeni.
Un blogger del Senegal scrive: «cosa mi aspetto da Macron? Niente. Aspetto qualcosa da quelli che ho eletto. Nulla da un presidente straniero». Nel suo discorso, Macron parla di emigrazione, lotta contro il terrorismo e l’oscurantismo, demografia ed ambiente. Parla di istruzione, di uguaglianza fra i sessi, promette di restituire le opere d’arte, di concedere più visti per gli studenti e di prolungare i loro permessi di soggiorno. Tenta di sottolineare con formule-choc le nuove relazioni franco-africane. Secondo lui, la Francia non avrebbe più una politica africana e non sarebbe là per impartire lezioni. Un passaggio molto applaudito.
Per molti, si tratta di un un déjà-vu. Macron non è certo il primo presidente francese a parlare di un nuovo inizio. E’ nuovo il suo stile disteso, il gioco piuttosto libero delle domande e delle risposte con gli studenti (quelli selezionati per dialogare con lui), ma per il resto niente è cambiato. Per quanto riguarda la promessa dell’apertura degli archivi francesi relativamente all’assassinio di Thomas Sankara, l’attesa è d’obbligo. Se uno dei suoi presunti assassini, Blaise Compaoré, ha potuto restare al potere quasi trent’anni è «merito» della Francia. Ed è la Francia presieduta da François Hollande che ha protetto la sua fuga in Costa d’Avorio, paese che gli ha concesso la cittadinanza. Vi risiede tuttora, indisturbato.
Il «professor» Macron parla con arroganza e disprezzo del franco CFA, la moneta africana stampata a Parigi fin dal primo giorno dell’indipendenza delle sue ex colonie dell’Africa occidentale, dichiarando che è compito degli statisti africani di abbandonare quella valuta, se lo desiderano. Ma il problema è proprio quello: è Macron a proteggerli. Et pour cause!...
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