Secondo il quotidiano The Washington Post, che cita le dichiarazioni di alcuni esponenti militari statunitensi, gli Stati Uniti pianificano di mantenere una presenza stabile nella Siria settentrionale in mano alle Siryan Democratc Forces (milizie curde e arabo sunnite) e di stabilirvi un governo locale autonomo dallo Stato siriano. “Non ponendo alcuna scadenza alla fine della missione degli Stati Uniti, il Pentagono sta creando un quadro per mantenere il paese impegnato in Siria negli anni a venire”, ha detto una fonte anonima al Washington Post.
La costituzione di una regione autonoma curda in Siria presidiata da truppe USA è vista però con ostilità da Ankara che ha ottenuto dagli USA lo stop alle forniture di armi alle SDF ora che l’Isis risulta sconfitto. Contrario fino ad oggi anche il governo di Damasco il quale ha adottato però un profilo più basso in vista del suo consolidamento dopo i tentativi di destabilizzazione e sei anni di guerra contro le milizie jihadiste sostenute dalle potenze occidentali e dall’Arabia Saudita.
La situazione sull’enclave curda in Siria appare in movimento. L’Iran, la Russia e gli Stati Uniti sarebbero in grado di assicurare la stabilità in Siria solo convincendo la Turchia ad accettare di includere i curdi siriani nel processo di pace. Lo ha detto alla testata russa Sputnik Hisyar Ozsoy, vicepresidente del partito curdo in Turchia, l’Hdp.
“Pensiamo che sia la Russia, l’Iran e anche gli Stati Uniti, se vogliono davvero una Siria stabile, devono convincere la Turchia che nonesiste altra via d’uscita che includere i curdi nel processo politico”, ha detto Ozsoy proprio quando a Ginevra i negoziati sulla Siria entrano nel vivo, incentrati sulla Costituzione e con la partecipazione dell’opposizione unificata e una delegazione del governo di Bashar Assad.
Intanto cominciano oggi a Ginevra i colloqui finalizzati a porre fine alla guerra in Siria tra la delegazione del governo siriano e quella dell’opposizione, per la prima volta unificata e composta da rappresentanti non più solo di gruppi filo sauditi o filo turchi come in passato. La nuova squadra di negoziatori delle milizie anti-Assad include i membri di tre ‘piattaforme’ sostanzialmente diverse tra loro.
La prima è quella del gruppo di Riad, rappresentata dall’Alto Comitato per i Negoziati (HNC), sostenuto dai sauditi e che insiste sull’uscita di scena di Assad; le altre due piattaforme – basate una a Mosca e l’altra al Cairo – rappresentano gruppi che hanno una posizione più moderata sul ruolo del presidente siriano. Ma senza un formale consenso dei ribelli filo-sauditi sulla permanenza di Assad al potere anche questo round di negoziati a Ginevra potrebbe fallire.
Damasco, forte delle sue vittorie sul campo, ha avvertito le Nazioni Unite che non tollererà alcuna discussione che preveda l’uscita di scena del presidente Bashar al-Assad dal potere. Si tratta dell’ottavo incontro a Ginevra, ma i primi sette non avevano portato ad alcun progresso. Oggi è la prima volta che, almeno a Ginevra, i negoziatori del regime e dei ribelli si troveranno faccia a faccia. I primi colloqui diretti si erano svolti lo scorso gennaio ad Astana, capitale del Kazakistan. Colloqui patrocinati da Russia, Iran e Turchia e che avevano tenuto alla finestra gli Stati Uniti.
In tal senso occorre segnalare che – secondo Analisi Difesa – il numero dei militari statunitensi stanziati in vari paesi del Medio Oriente è aumentato del 33% nell’ultimo trimestre del 2017. L’aumento maggiore è stato registrato in Bahrein, dove il numero di soldati americani di stanza nel paese è passato in tre mesi da 6.541 a 9.335, con un aumento di 2.794 unità. A riferirlo è un rapporto pubblicato dal Pentagono, secondo cui il personale militare statunitense presente in Medio Oriente è aumentato dai 40.517 soldati di stanza nella regione a maggio ai 54.180 di settembre.
Le forze armate degli Stati Uniti hanno basi militari in almeno 14 paesi della regione e, oltre al Bahrein, gli aumenti più significativi si sono registrati in Kuwait, Siria, Turchia e Qatar. In Kuwait il numero di soldati americani di stanza nel paese è passato in tre mesi da 14.790 a 16.592, in Siria da 1.251 a 1.723, in Turchia da 1.405 a 2.265 e in Qatar da 3.164 a 6.671.
Il numero di militari americani in Siria e in Iraq sarebbe però molto più alto di quello ufficiale e comunicato pubblicamente dal Pentagono. I dati provengono da un rapporto del Defense Manpower Data Center (DMDC), ente interno al dipartimento della Difesa che ogni tre mesi aggiorna i numeri. Secondo quando reso noto ufficialmente ci sono 503 soldati Usa in Siria e 5.262 in Iraq. Il rapporto che fa riferimento ai dati fino a settembre, invece, mostra come in Siria ce ne siano 1.720, mentre in Iraq 8.892, rispettivamente 1.217 e 3.630 in più.
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