Nonostante il “califfato” islamico non esista di fatto più come
entità territoriale, i suoi uomini continuano a mietere vittime in Iraq.
Ieri sera due jihadisti – fa sapere il ministero degli Interni iracheni – hanno sparato ad alcuni civili nell’area di Nahrawan (distretto a sud est di Baghdad) prima che uno dei due si facesse saltare in area e l’altro fosse ucciso dagli spari delle forze di sicurezza. Non c’è un bilancio ufficiale delle vittime, ma i media locali parlano di 17 morti e 28 feriti.
Numeri diversi li ha forniti invece lo Stato islamico (Is) con la sua
agenzia Amaq: la formazione jihadista sostiene di aver ucciso 25 membri
delle Unità di mobilitazione popolare filo-iraniane.
E mentre il “califfato” appare sì sconfitto, ma ancora vivo, gli
Stati Uniti d’America, per bocca della portavoce della Casa Bianca
Sarah Sanders, hanno detto ieri che stanno pensando di ridurre il
sostegno militare ai gruppi che lo combattono in Iraq e Siria.
Sanders ha infatti osservato come “la riduzione del territorio dell’Is
ci permette di fermare i rifornimenti militari per certi gruppi”. “Ciò
però – ha subito precisato – non significa che smettiamo completamente
di sostenerli”.
Le parole della portavoce della Casa Bianca giungono a distanza di
tre giorni dalla conversazione telefonica tra il presidente Usa Trump e
il suo pari turco Erdogan durante la quale il leader statunitense ha
detto che non fornirà più armi ai combattenti curdi siriani del YPG,
ritenuti da Ankara una minaccia terroristica. Parole che sono state
confermate ieri dal vice premier turco Bekir Bozdag. Per Bozdag
la telefonata di venerdì tra Trump e Erdogan è stata “un punto di
svolta” nei rapporti recentemente non idilliaci tra Usa e Turchia. “Il
‘noi non daremo armi [ai curdi]’ detto per la prima volta dal
presidente Trump è importante – ha aggiunto – ma perderà valore se non
verrà implementato. È come se avesse ingannato il mondo”.
In una nota, la Casa Bianca ha fatto sapere che venerdì Trump ed
Erdogan hanno discusso di terrorismo in Siria. “Coerentemente alla
nostra precedente politica – si legge nel comunicato – il presidente
Trump ha informato Erdogan degli adeguamenti militari in sospeso forniti
ai nostri partner in Siria ora che la battaglia di Raqqa è stata
completata e procediamo verso una fase di stabilizzazione che mira a
impedire il ritorno dell’Is”.
A confermare il clima di distensione tra Ankara e Washington sancito dalla telefonata è stato anche il premier turco Yildirim. Intervistato dalla Bbc, il
primo ministro ha detto che “Il Sig. Trump capisce cosa è importante
per la Turchia”. Loro [gli Usa] hanno detto che questa [cooperazione con
le Ypg] non è stata una scelta, ma una necessità. Ok, lo capiamo, anche
se non lo accettiamo. È una relazione temporanea. Ora però è tempo di
finirla perché Daesh [Is, ndr] è stato sconfitto”. Del resto, ha poi
chiosato, “non puoi combattere una organizzazione terroristica [come lo
Stato Islamico] con un’altra [le Ypg]”.
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