Questo grave episodio ha avuto luogo dopo i reiterati attacchi mediatici e a seguito di forti pressioni da parte della lobby sionista in Italia; nei giorni precedenti al suo arrivo numerosi quotidiani hanno pubblicato articoli sensazionalistici e diffamanti dimostrando, nella migliore delle ipotesi, accondiscendenza, nella peggiore, complicità.
Il rimpatrio della compagna Leila Khaled non è che la dimostrazione dell’impotenza delle istituzioni italiane e la loro incapacità di sottrarsi al ricatto sionista: è palese quanto la sua voce, libera e coerente, continui a far paura ancora oggi. Di fatto Leila Khaled aveva ottenuto un visto per l’Europa che si è vista revocare qui, a Roma, allo sbarco. Meno di un mese e mezzo fa è stata accolta in Spagna e in Belgio, e in quest’ultimo ha tenuto una conferenza al Parlamento Europeo.
Nonostante le pressioni, le diffamazioni e le provocazioni, nonostante il rimpatrio imposto alla compagna dalle autorità italiane, l’Unione Democratica-Arabo Palestinese decide di confermare l’iniziativa di sabato 2 dicembre durante la quale Leila Khaled interverrà e sarà comunque con noi tramite collegamento.
L’articolo dei compagni di Napoli, scritto ovviamente prima che avvenisse il fermo di Leila.
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Si è tenuta ieri presso il centro sociale Ska la conferenza stampa per annunciare l’arrivo a Napoli, il 4 dicembre, di Leila Khaled, mitica militante del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Due giorni prima, sabato 2 dicembre sarà invece a Roma per una conferenza pubblica organizzata dall’Unione Democratica Arabo Palestinese.
Vi è anche, finalmente, l’ufficialità del posto dove la Khaled potrà parlare in un dibattito pubblico. Sarà l’aula 33 della facoltà di giurisprudenza.
In effetti il parto di questa iniziativa è stato quanto mai difficile.
Nelle ultime settimane la stampa cittadina e il mondo politico locale hanno alzato un polverone incredibile paventando chissà quali rischi democratici per l’arrivo dell’anziana militante palestinese.
L’onorevole e consigliera comunale Carfagna ha addirittura rivolto un appello al ministro di polizia Minniti perché fermasse l’incontro. Il Mattino e il Corriere del Mezzogiorno hanno affidato ai loro più prestigiosi editorialisti il compito di demolire la figura di Leila, dipingendola come una “sanguinaria terrorista” la cui presenza rappresenterebbe una “ferita troppo grave” per la città di Napoli.
In un primo momento gli organizzatori avevano pensato ad una sala pubblica comunale per l’iniziativa. Missione fallita. La canea giornalistica e politicante si è subito scatenata contro l’amministrazione De Magistris, rea di appoggiare il “terrorismo palestinese”. Toni da maccartismo d’antan che però hanno messo in allarme l’amministrazione, che tramite i suoi uffici competenti ha iniziato a porre tutta una serie di problemi agli organizzatori, che si sono visti costretti a rinunciare alla richiesta.
E questo secondo noi è un dato politico grave. L’ennesimo cedimento di una amministrazione che nel suo secondo mandato fa fatica a rispettare gli impegni presi e che deambula pericolosamente sotto gli attacchi degli avversari politici e dei poteri forti cittadini.
Avevamo, a dire il vero, sempre riconosciuto a De Magistris una grande capacità diplomatica. A pochi mesi dalla vittoria del primo mandato aveva consegnato la cittadinanza onoraria al presidente palestinese Abu Mazen e ne veniva da questi a sua volta ricambiato ricevendo qualche settimana dopo, a Ramallah, la cittadinanza onoraria palestinese. Insomma De Magistris è un cittadino palestinese e le sua simpatie antiapartheid sono arcinote. Come sono note le sue simpatie per la lotta del popolo curdo o per il processo bolivariano in Venezuela.
Il sindaco, dobbiamo dirlo, è sempre stato pressoché perfetto nella difesa dei popoli in lotta contro l’oppressione e lo ha fatto tramite impegni concreti (nell’ambito delle possibilità concesse ad un’amministrazione comunale). Per questo la delusione è in questo caso forte. In passato era sempre riuscito ad affermare una posizione autonoma e indipendente dal circo mediatico.
Certo i toni raggiunti in questa occasione non hanno pari nel recente passato però da un’amministrazione ribelle ci si aspetta il ribaltamento del tavolo da gioco e non che si accucci intimorita in attesa degli eventi.
Probabilmente la debolezza accumulata negli ultimi tempi con la questione del trasporto pubblico locale e con la privatizzazione strisciante delle aziende partecipate non permette una strenua difesa dei propri ideali internazionalisti . Molto molto male. Sono finiti i tempi in cui la bandiera palestinese sventolava dalle finestre da Palazzo San Giacomo e le vetrate delle fermate dei bus avevano manifesti inneggianti alla liberazione della Palestina con tag del comune di Napoli.
Certo potrebbe in parte ripianare le cose partecipando al dibattito (gli organizzatori ricordano che è stato invitato a parlare (ma di non avere avuto ancora conferma ufficiale della sua partecipazione) in qualità di sindaco, ribadendo che terrorista non è chi come Leila lotta da decenni per la liberazione del proprio popolo, ma chi – come lo stato israeliano – applica la sistematica discriminazione della popolazione araba e che spende gran parte delle proprie risorse statali in armamenti uccidendo e incarcerando migliaia di palestinesi.
Speriamo bene. Appuntamento quindi il 4 DICEMBRE UNIVERSITA’ DI GIURISPRUDENZA ORE 16.00
P.s : le “azioni terroristiche” che vengono imputate a Leila Khaled sono 2 dirottamenti aerei a danno di velivoli diretti a Tel Aviv. In entrambi i casi non vi sono stati morti. Nel secondo caso fu arrestata e poi rilasciata nell’ambito di uno scambio di prigionieri politici. Del 1969 e nel 1970 gli episodi di cui parliamo. Una vita fa. Un altro mondo. In piena guerra fredda.
Le mani di Leila, insomma, non grondano sangue. Quelle dei suoi accusatori invece si.
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