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18/11/2017

Il silenzio dei buoni e la deriva del Sahel


Amava ripeterlo spesso prima di essere stato assassinato il 13 dicembre del 1998 nel Burkina Faso. Ciò che più temeva non era la cattiveria dei malvagi ma il silenzio dei buoni. Lui, giornalista e militante della notizia, sapeva perché questo detto era importante per lui.

Norbert Zongo è una delle icone dei giovani ancora oggi nel Burkina e altrove dove le orme di Thomas Sankara non sono state cancellate. Zongo stava indagando su vicende attinenti alla famiglia presidenziale quando alcuni sicari hanno messo fine al suo anelito di verità. Hanno solo fatto risuonare ancora più forte il grido del suo corpo trovato carbonizzato nell’auto. Erano in quattro e l’autopsia ha rivelato che tutti sono stati uccisi prima del rogo verso mezzogiorno.

L’assordante silenzio dei buoni che lasciano correre perché intanto così va il mondo da che mondo è mondo. Peggio per coloro che non sono preparati al cambiamento. Dovrebbe capire da che parte tira il potere e chi comanda la nave di sabbia che naviga il mondo e approda al Sahel dei migranti. Il silenzio sulle stragi del Mediterraneo, conseguenti alle politiche omicide dell’Occidente. Il silenzio della politica, dell’economia, delle chiese visitate la domenica e le moschee il venerdì.

Il silenzio, quello dei buoni, che è arrivato lontano e continua a fabbricare frontiere di pietra e si accontenta di dichiarazioni postume nei cimiteri di sabbia. Prima di lui era stato ucciso il capitano Sankara un 15 di ottobre del 1987 nel suo Faso.

Entrambi temevano più il silenzio dei buoni che la cattiveria dei malvagi. Quest’ultima si vede meglio e, in definitiva, può essere identificata, combattuta e a volte vinta. Ma non il silenzio dei buoni politici, religiosi, delle massaie, degli operai metalmeccanici, della confindustria, dei capitani di lungo corso e dei generali in pensione.

L’insopportabile silenzio degli impiegati statali e quelli della Croce Rossa Internazionale, il silenzio dei costruttori di armi e di coloro che le vendono e usano, i postini che stanno scomparendo dalle città, i guardiani dei fari ormai meccanizzati e le associazioni che gestiscono i centri di detenzione. Sono silenzi complici, che nulla hanno a che vedere con quello del vento che porta lontano le grida assenti.

Nel silenzio si armano i mercati e si disarmano i diritti di andare da un’altra parte a inventare il mondo. I buoni tacciono mentre si fanno accordi di controllo, detenzione, espulsione e liquidazione. Non si dice nulla quando si deportano le parole assieme alla libertà di futuro. Si guarda dall’altra parte se mancano all’appello quanti erano partiti un giorno dopo aver baciato la madre e l’ultimo nato.

Non c’è nulla di peggiore del silenzio dei buoni diceva Zongo, giornalista nella cenere per le parole rubate alla menzogna. Gli facevano meno paura della cattiveria dei malvagi, scontata e se vogliamo anche grossolana. Ma il silenzio dei buoni quello no, è del tutto insopportabile perchè nell’impunità si rapina la dignità dei poveri.

La cattiveria dei malvagi non passa affatto inosservata. Basta poco per accorgersi della spoliazione di materie prime, dell’appalto dei contratti per l’esplorazione dei giacimenti e lo sfruttamento delle miniere, del commercio di cocaina per il consumo europeo e la vendita degli schiavi in Libia. Tutto accade mentre si finanziano campagne militari e si formano eserciti per combattere il nemico costruito e foraggiato per anni con armi e tecnici.

Ma non è questo che preoccupava l’amico giornalista Norbert che dal silenzio dei buoni è stato ucciso, proprio come temeva gli accadesse un giorno. Amava ripeterlo spesso agli amici che lo ricordano ancora. Non c’è nulla di peggio che quello, il silenzio dei buoni che si girano dall’altra parte o tacciono per viltà. Il loro silenzio, ricorda Zongo, è da temere più che le parole dei malvagi.

Niamey, novembre 017

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