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03/01/2018

Il rosatellum fa schifo, quasi come i radicali...

Le porcate elettorali possibili sono praticamente infinite, specie nel paese degli azzeccagarbugli. La querelle sorta tra radicali e Pd supera però il livello di guardia e mette in chiaro almeno tre porcate incastrate tra loro.

La prima e più evidente riguarda l’ennesimo travestimento di quella piccola banda di liberisti dal volto inumano che da 50 anni è incaricata di distruggere lo stato sociale e “la sinistra”. Chiamare una lista “+Europa”, dopo i disastri realizzati grazie all’opera devastatrice dell’Unione Europea, è già una provocazione. In un certo senso, i radicali hanno però almeno “il merito” di evidenziare – stampandosene il nome in fronte – il nemico che molti fingono di non vedere.

La seconda è l’indecente pastrocchio della legge elettorale chiamata “rosatellum”, con cui si andrà a votare. Un meccanismo, in particolare, è stato disegnato per impedire la partecipazione alle elezioni di nuovi soggetti politici. Tutte le forze non presenti attualmente in Parlamento sono infatti costrette a raccogliere firme di cittadini che “presentano” la lista. Il testo originale ne prevedeva tra le 1.500 e i 2.000 per ogni collegio plurinominale (63 in tutta Italia). Davanti alle proteste dei radicali, maestri nella tattica del vittimismo aggressivo, lo stesso rosatellum prevedeva il dimezzamento (tra 750 e 1.000) solo per le elezioni politiche del 4 marzo. Ancora troppe, per la sparuta pattuglia di intervistatissimi inesistenti, e così nella legge finanziaria (!) il numero è stato ulteriormente dimezzato a 375-500.

E’ bastato questo a tranquillizzare gli ultrà-europeisti? Niente affatto, naturalmente. E persino con qualche ragione. La stessa legge elettorale porcata prevede infatti un ulteriore trappolone per le nuove liste. Le firme vanno infatti raccolte – collegio per collegio – su schede recanti i nomi dei candidati. Ma queste saranno rese note dal ministero dell’Interno solo quando i candidati saranno stati indicati dai vari partiti e coalizioni. In pratica, alla fine di gennaio. Chiaro che a quel punto ci sarebbero pochissimi giorni per fare i banchetti e raccogliere le circa 25.000 firme necessarie in tutto il paese.

Nel caso dei radicali, inoltre, il problema è complicato – non “aggravato” – dal volersi presentare in coalizione con il Partito Democratico. Di fatto, per raccogliere le firme, i Bonino-boys dovranno attendere che il Pd finisca di decidere chi e dove candidare i propri capibastone. Con i sondaggi in calo verticale, dunque con un numero di “seggi sicuri” improvvisamente ridotto ai minimi termini, la rissa interna alla banda renziana minaccia di durare fino all’ultimo momento utile, limitando al massimo per i radicali il tempo per raccoglie le maledette firme.

Di fronte alle rimostranze dell’autonominata “zia d’Italia” i renziani hanno fatto mostra per un verso di “generosità” (detto in modo crudo: “le firme ve le raccogliamo noi”), per l’altro di polemica velenosa (“vogliono solo un po’ più più di seggi”, peraltro in drastica diminuzione).

Emerge qui con forza la terza porcata, quella di un “marchio politico” pressoché privo di sostanza umana, che però pretende di stare in Parlamento a dispetto degli elettori e della logica. Una pretesa che pareggia per infamia gli estesori di una legge elettorale fatta per limitare “i nuovi ingressi”.

Anche #PoterealPopolo deve raccogliere le firme secondo quelle modalità (pochi giorni), ma ha dalla sua la sostanza sociale reale, ossia un buon numero di militanti e attivisti che hanno ravvisato in questa proposta un buon modo per dare un taglio netto col passato della inguardabile “sinistra”. Un taglio netto alla logica della concertazione, della subordinazione al Pd e dunque alle politiche decisa a Bruxelles ma realizzate qui, sulla nostra pelle.

Al contrario della signora Bonino, non ci andiamo lamentando. Preferiamo sorprendervi!

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