La misura del degrado politico di RadioPop era però nascosta da una abitudine politica comune a tutte le componenti della “sinistra italiana”. Quale? Quella di considerare tutte le posizioni politiche presenti nella “sinistra”, spesso anche opposte, come “sfumature di colore” – dal rosso acceso al rosa pallidissimo – su una scala valoriale in qualche modo “comune”.
Non era così nei fatti, nei provvedimenti presi dai “governi di centro sinistra” (riforme delle pensioni, jobs act, decreti Minniti, buona scuola, ecc). Ma sembrava ancora così dalle “etichette” che ogni formazione si appiccicava addosso.
Un’abitudine merdosa lunga un quarto di secolo, almeno, che imponeva di prendere sul serio le “autocertificazioni” invece che le azioni di ognuno. Un’abitudine insensata che ha consentito a esperti “comunicatori” di spostare progressivamente sempre più a destra l’asse valoriale dell’area sedicente di “sinistra”, continuando però a ricattare l’elettorato con la menata del “voto utile”.
Poi, per fortuna, venne “il Brancaccio”. O meglio, la sua chiusura. Con un gesto di imperio o di insofferenza verso i residui di “sinistra radicale” – che ancora cercavano di imbastire un “cartello comune alla sinistra del Pd”, senza memoria (di quel che avevano votato stando al governo), senza prospettiva storica (quale tipo di cambiamento sociale proponi), senza una base sociale identificabile – il direttorio inguardabile di Liberi e Uguali decretò che era inutile mercanteggiare seggi e liste con quei rimasugli. Già troppo poche erano le poltrone “sicure” pronte per la terga dei Bersani, Grasso, D’Alema...
Una scelta tattica, “utilitaristica”, micragnosa, che ha però inconsapevolmente liberato forze altrimenti perse, impagliate in giochi a perdere. Una mossa che ha costretto anche chi non voleva a prendere atto che quella “continuità” politica – lungo un crinale che andava da settori “antagonisti” fino alla massoneria toscana insediata a Palazzo Chigi – non esisteva più.
Al posto della contiguità c’è un fossato. Che naturalmente esisteva già prima ma tutti fingevano di non vedere: quello dei valori, dei programmi, degli interessi sociali rappresentati o combattuti. Un fossato di classe, si sarebbe detto in epoche in cui le parole avevano un senso concreto e non erano solo oggetti fungibili in mano ai maghi della “narrazione”.
Al di qua di quel fossato è nato immediatamente il tentativo chiamato Potere al Popolo. Che ha al suo interno, ovviamente, soggetti che quell’abisso avevano individuato da tempo (decenni, in qualche caso) e altri che si sono visti togliere di sotto i piedi il ponte levatoio che erano soliti percorrere.
Di qua o di là, non c’è più spazio per discorsi fumosi intorno a cosa sia o possa essere la “sinistra”. Non c’è più possibilità di scambiare un diritto civile (gratuito, come il testamento biologico o lo ius soli) con una massa di diritti sociali (contratto nazionale, sanità, pensioni, occupazione, istruzione, ecc) e continuare a cianciare di “sinistra”.
Paradossalmente, ma non troppo, questa nuova situazione è chiara soprattutto a chi l’ha creata, ossia alla destra “europeista” mascherata da “centrosinistra”. Non è una caso la censura imposta da tutti i media principali su Potere al Popolo e la sua attività, le relazioni che va tessendo anche a livello internazionale (clamoroso in questo senso il comportamento della Rai sull’incontro con Mélenchon). Non è un caso lo sfottò di alcuni “ragazzotti” che sentono ormai RadioPop come una radio saldamente interna all’area Pd.
Abbiamo un cammino lungo e complicato da percorrere, prima e soprattutto dopo le elezioni. Qualsiasi sia il risultato, è bene che tutti capiscano che è finito il tempo dell’“caletta di sinistra radicale” appiccicata come un nastrino sull’“calleanza di centrosinistra”, lanciata al galoppo in direzione opposta.
E’ tempo di diventare adulti, crescendo in statura, forza, consapevolezza. E autostima.
Gli ascoltatori di RadioPop che hanno stilato questa lettera indignata al direttore hanno fatto il primo passo nella direzione giusta. Si sono lasciati il fossato alle spalle. Il dolore per il distacco passerà presto...
Lettera aperta al direttore di Radio Popolare in merito all’attacco denigratorio portato dalla trasmissione “Dietro la lavagna” verso “Potere al Popolo”Fonte
Caro Direttore di Radio Popolare,
siamo da abbonati/e, sostenitori/trici e/o ascoltatori/trici di radiopop. Pur non sempre condividendone la linea redazionale, riteniamo questa radio una delle poche voci di sinistra presenti in Italia, impegnata a dare da più di 40 anni voce a chi non ce l’ha.
Siamo anche compagni e compagne che hanno scelto di aderire, e in alcuni casi anche di candidarsi, a Potere al Popolo, per rappresentare i soggetti popolari duramente colpiti dalla crisi a causa delle nefaste politiche neoliberiste attuate dai governi di centrodestra e di centrosinistra. Un progetto politico partito dall’esperienza del centro sociale “Je so pazzo” di Napoli e capace in poco tempo di aggregare singole persone (tra cui molti/e giovani), pezzi di movimenti, soggetti sociali e politici diversi facenti parte dell’area della Sinistra d’alternativa, su un programma di forte rinnovamento e trasformazione sociale.
Proprio per questo siamo rimasti prima basiti/e e poi fortemente incazzati/e nell’ascoltare lo scomposto, squallido e denigratorio attacco portato a Potere al Popolo dalle frequenze della radio nella trasmissione “dietro la lavagna”.
I “simpatici” ragazzotti conduttori della trasmissione, senza il minimo pudore, non solo hanno sguaiatamente ironizzato sulla presunta irrilevanza elettorale della nostra lista, ma sono arrivati perfino a mettere sullo stesso piano il progetto di Potere al Popolo, composto da compagni e compagne impegnati ogni giorno della loro vita a contrastare i rigurgiti fascisti (e che spesso rischiano in prima persona anche la loro incolumità), con il partito nazifascista di Forza nuova, formazione politica che sostiene il peggior squadrismo nero e che in una Repubblica antifascista dovrebbe essere fuori legge.
Citiamo le frasi per far capire la gravità e gratuità dell’attacco: “avete chiamato Potere al Popolo? No... ma Potere al popolo quanto può prendere poi in percentuale, poi dovremmo chiamare anche quelli di forza nuova, forza nuova magari...”.
Inoltre i solerti conduttori della trasmissione hanno proferito anche palesi falsità come quella che Ingroia (nulla contro il magistrato, ma ciò non corrisponde al vero) sarebbe il fondatore di Potere al Popolo e altre affermazioni del genere.
In queste parole non troviamo nulla di ironico ma solo lo squallido tentativo di attaccare un percorso di partecipazione democratica e di offendere e screditare chi quel percorso lo sta sostenendo con generosità e passione.
Concludendo vogliamo sperare che la trasmissione in questione non rappresenti la linea redazionale della radio e chiediamo a te, direttore, un intervento pubblico di censura e di scuse rispetto alle frasi calunniose sopra riportate.
Fraterni saluti.
Marco Sironi, Pia Panseri, Roberta Maltempi, Maurizio Morgano, Francesco Macario, Ezio Locatelli, Cristiano Poluzzi, Claudio Bruni, Gianluigi Zinesi, Edda Adiansi, Michele Cremaschi, Dante Goffetti, Gianfranco Fornoni, Roberta Caprini, Gianpiero Bonvicino, Rosanna Canestrale, Lionella (Lella) Consonni , Marco Noris, Massimo Seghezzi, Davide Canto, Maurizio Rovetta, Gigi Ghislandi, Fabio Cochis
Bergamo, 25 gennaio 2018
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