È stato pubblicato martedì 27 febbraio in Gazzetta Ufficiale ed è divenuto esecutivo il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri relativo al Regolamento per l’istituzione delle Zone Economiche Speciali. Si tratta di un “impegno” che il Governo ed il Ministro per la Coesione Territoriale e per il Mezzogiorno avevano annunciato e che permette alle Regioni del Sud di proporre i Piani di Sviluppo Strategico per ogni singola Zes.
Questo annuncio non è un fulmine a cielo sereno. Oramai siamo abituati a questo tipo di modalità di comunicazione da parte dell’esecutivo in occasione di avvenimenti topici dell’agenda politica del paese.
E’ palesemente chiaro che, negli ultimi giorni di campagna elettorale, i grandi potentati economici e politici della Campania – a partire dal presidente De Luca – stanno mettendo in campo le loro proposte/promesse allo scopo di realizzare l’abituale raccolta di voti e di consensi sulla scorta di ricatti e delle ennesime prospettive affaristiche e clientelari per i prossimi mesi.
Naturalmente – come è nello stile del boss di Santa Lucia – gli annunci che si producono sono conditi dalle funamboliche cifre a suon di milioni di Euro le quali costituiscono la manna dal cielo per l’articolato e consolidato blocco finanziario ed economico che gestisce, da decenni, i fondi della Regione, le risorse dei vari capitoli dei Fondi Europei ed il complesso dei meccanismi di trasferimento che dal governo centrale arrivano in Campania.
L’ultima boutade è quella relativa al varo, addirittura per il prossimo mese, delle Zone Economiche Speciali (ZES).
Queste Zone, prossime alle già collaudate Zone Franche, dovrebbero attrarre nei grandi porti del Sud, ed in quello di Napoli in particolare, una cospicua massa di investimenti nazionali e stranieri, migliorare l’interscambio commerciale (il quale è già in costante crescita) e dovrebbero predisporre l’intera infrastruttura commerciale e logistica dei porti del Meridione d’Italia alla cosiddetta nuova “Via della Seta” che inizia a delinearsi tra l’Europa e la Cina.
Non è un caso che nei progetti e nelle linee direttive d’intervento della Regione Campania, dell’Autorità Portuale di Napoli e di Confindustria Campania si parla, esplicitamente, di “rimuovere le condizioni di subalternità di affanno che le nostre strutture registrano nei confronti delle altre aree portuali del paese” la quale cosa, tradotta in linguaggio e prassi concreta, significa l’accelerazione di tutti i fattori di ulteriore deregolamentazione della forza lavoro che agisce nel porto, nella cantieristica e nei variegati servizi di logistica.
Infatti il Porto di Napoli (che è il più grande contenitore di forza lavoro dell’area metropolitana partenopea) è una vera e propria giungla di contratti e modalità di rapporti di lavoro. Siamo di fronte ad un autentico ginepraio dove trionfa il moderno caporalato della cosiddette cooperative, delle false partite Iva e di tutte le attuali forme di sfruttamento del lavoro coniugate con il massimo di flessibilità, di intensificazione dei ritmi e di frammentazione di ogni parvenza di possibile unità materiale e sindacale.
Una dimensione produttiva e sociale enorme sottratta a qualsiasi controllo dove – e non è un mistero per nessuno – la consolidata presenza delle organizzazioni criminali non è un elemento marginale, come poteva esserlo nei decenni passati, ma è un fattore agente e pienamente integrato/sintonizzato nei dispositivi di crescita, consolidamento e valorizzazione di questo comparto.
In questo contesto – con il chiaro intento di cavalcare questo provvedimento e di capitalizzare al massimo il risultato sia in termini elettorali, sia in vista delle prossime scadenze istituzionali e politiche – il presidente De Luca ha dichiarato che: “La Giunta regionale, che ha già contribuito fortemente ai contenuti del decreto nazionale e ha avviato da mesi un’approfondita opera di elaborazione della ZES, è pronta a concludere in tempi rapidi la definizione del Piano di Sviluppo Strategico della Campania, che comprende i porti di Napoli e Salerno e le principali aree retroportuali della Regione, individuando i nodi logistici e produttivi dei nostri territori”.
A fronte di questa accelerata delle linee strategiche di sviluppo economico della Regione in funzione dichiaratamente antisociale – perché di questo si tratta – è tempo che anche nel dibattito politico/sindacale/sociale si apra una discussione, ed una possibile pratica consequenziale, all’altezza degli snodi strategici che si dischiudono dinnanzi a noi. Certo le difficoltà sono tante e sappiamo bene, specie sulle giovani generazioni, quanto pesa il ricatto della disoccupazione, della precarietà e del lavoro povero e senza diritti.
Ma, oggettivamente, siamo convinti che questa condizione è la porta stretta dentro cui deve transitare una necessaria, quanto possibile, ripresa di un conflitto sociale e tutto campo.
Oramai la Campania – a partire dai segmenti finanziari ed economici che incarnano i punti alti dello sviluppo capitalistico – è pienamente inserita nella divisione internazionale del lavoro e delle nuove sfide della competizione globale.
La Regione – coniugando un sapiente mix di clientelismo, uso delle risorse europee, autoritarismo/decisionismo nelle forme della contrattazione, accordi con altre regioni del continente ed una più spiccata proiezione internazionale – sta lentamente, ma costantemente, evolvendosi dal vecchio blocco di potere e di configurazione produttiva del passato e si sta predisponendo alle nuove soglie della concorrenza internazionale che necessitano in questa fase dell’Azienda/Italia e del capitalismo tricolore.
Le ZES sono – anche sul versante della rappresentazione pubblica – il paradigma immanente di questa linea di condotta e simboleggiano il deciso cambio di passo dell’azione dei poteri forti nella nostra regione.
E’ tempo, quindi, di nuove lotte e di una più matura interpretazione degli scenari politici, sociali e sindacali!
Michele Franco, candidato di Potere al Popolo per il Senato a Napoli
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