Nel 2009 Cisl e Uil sottoscrissero un accordo sul modello contrattuale con Confidustria senza la firma della Cgil. Un accordo separato che sancì, per la prima volta nella storia del nostro paese, la derogabilità in peggio dei contratti nazionali e la cancellazione dell’autonomia rivendicativa del sindacato sul salario attraverso l’indicatore Ipca, inferiore al dato Istat, costruito a tavolino allo scopo di ridurre le retribuzioni. Lo sciopero di due categorie della Cgil, Fiom e funzione pubblica, impedì a Guglielmo Epifani, all’epoca segretario generale Cgil, di sottoscrivere un accordo che in realtà aveva condiviso nella trattativa. Dal 2009 in poi la Cgil anziché contrapporsi lo applicò in tutti i rinnovi del contratti nazionali, ad eccezione della Fiom che per queste ragioni subì due accordi separati. Con la firma di ieri la Cgil rientra anche formalmente nel nuovo modello, contribuendo così a renderlo ancora più corporativo e autoritario.
Lo scopo principale di Cgil Cisl Uil in una trattativa carbonara e slegata da qualsiasi rapporto con i lavoratori era essenzialmente difendere le proprie organizzazioni dalla loro crisi, incrociando così anche la Confindustria, non meno desiderosa di porre un argine alla continua emorragia di adesioni ed alla perdita di ruolo sul piano generale.
L’impianto del nuovo accordo, almeno per quanto riguarda il ruolo del contratto nazionale sul salario, è lo stesso del 2009. Si consolida così la cancellazione dell’autonomia del sindacato sul terreno salariale, destinando il contratto nazionale esclusivamente al mero recupero parziale del potere d’acquisto.
Tuttavia si introduce una distinzione sul salario. Nasce il Trattamento Economico Minimo (TEM, cioè i vecchi minimi tabellari e il Trattamento Economico Complessivo (TEC) che oltre ai vecchi minimi conterrà altri elementi della retribuzione e anche il welfare). In sostanza i CCNL definiranno il TEC di ogni singola categoria allo scopo di svuotare ulteriormente il senso della contrattazione. Il TEC potrebbe infatti contenere le indennità, le maggiorazioni di paga oraria ecc con l’effetto che ciò che potenzialmente restava libero da vincoli verrà assoggettato al mero recupero del dato Ipca. Anche il cosiddetto welfare introdotto nel TEC è destinato a snaturare ulteriormente il ruolo del contratto nazionale e della contrattazione in generale.
Lo stesso concetto di salario muta radicalmente con l’ingresso prepotente del welfare, cioè di risorse che ai lavoratori arriveranno solo come servizi direttamente dal contratto nazionale. Ovviamente in alternativa agli aumenti salariali, a tutto vantaggio delle imprese che beneficeranno della totale detassazione. Si conferma e si rafforza il divieto a rivendicare e contrattare salario strutturale ad ogni livello, demandando alla contrattazione aziendale la definizione di salario legato a obbiettivi, cioè variabile e a termine.
In altre parole il solo spazio di contrattazione consentito è quello del ricatto sulla prestazione in riferimento ai risultati d’impresa. Nello spirito del Testo Unico del 10 gennaio 2014 si parla di certificazione della rappresentatività, anche per le associazioni padronali. L’obbiettivo, peraltro esplicito, è quello di impedire che il fortino degli accordi Cgil Cisl Uil Confindustria sia messo in discussione da soggetti senza adeguata rappresentatività considerato il proliferare di contratti nazionali in continuo dumping su salari e normative.
Tuttavia dietro il nobile obbiettivo si cela la difesa del proprio ruolo e degli interessi d’impresa considerato che in linea teorica potrebbero esserci accordi migliorativi di quelli sottoscritti dai sindacati più rappresentativi. Il tema dell’esigibilità dei contratti e delle sanzioni, tenuto nel cassetto in questi anni, tornerà di forza sui tavoli sindacali. In questo senso il patto firmato mette insieme due esigenze corporative. Da una parte Cgil Cisl Uil, considerata la scelta di praticare il sindacalismo della miseria, agiscono per impedire la concorrenza del sindacalismo conflittuale nel rapporto con i lavoratori. Dall’altra parte le imprese pretendono che le buone condizioni che gli garantiscono Cgil Cisl Uil siano immodificabili e non possano essere cambiate con il conflitto. Un altro attacco violento al diritto di sciopero quindi che bisognerà vedere come verrà concretamente agito.
Così come si rafforza lo spirito derogatorio del CCNL in funzione dei cosiddetti bisogni d’impresa. L’accordo in sostanza consegna alle imprese mano libera su salari e condizioni di lavoro. Siamo davanti ad un vero e proprio blocco salariale senza nessuna contropartita, se non appunto per le organizzazioni firmatarie. Un patto neocorporativo quindi, svincolato da qualsivoglia riflessione sulla situazione materiale attuale del lavoro. Cgil Cisl Uil Confindustria esprimono un unico punto di vista: quello delle imprese, a cui tutto è concesso e consentito. E’ finita definitivamente la stagione delle piattaforme rivendicative costruite sui bisogni dei lavoratori. La contrattazione è svuotata di senso e valore, indifferente e contraria agli interessi dei lavoratori. Il rinnovo dei contratti nazionali diventa così un puro atto notarile, in cui il salario è predeterminato dall’Ipca. Tante ragioni in più per organizzarsi fuori dal sindacalismo complice, entro il cui perimetro per i lavoratori non c’è alcuna risposta.
Sergio Bellavita - USB
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