Era uno degli elementi che favorivano l’attacco alla France Insoumise, già additata dall’establishment al pubblico ludibrio come forza “antieuropea”. Quando lo speaker ufficiale – Djordje Kuzmanovic – parlava dei problemi dell’immigrazione lasciava immancabilmente un senso di fastidio, quell’odore di “poca tolleranza” che si può facilmente declinare in “sentore di razzismo”. Cosa sgradevole in qualsiasi consesso politico progressista, e altamente dannoso per una formazione che punta decisamente a vincere nelle prossime elezioni (sia europee che presidenziali) e già ha una lunga serie di dossier in controtendenza.
Ora il problema è stato risolto con la sconfessione piena da parte dello stesso Jean-Luc Mélénchon: “Il punto di vista che esprime sull’immigrazione è strettamente personale. Coinvolge polemiche che non sono mie“. Per chi, come noi, aveva seguito la sua visita a Napoli, all’ex Opg, prima delle elezioni del 4 marzo, la cosa non risulta affatto sorprendente. Anche lì qualche giornalista aveva provato a tirar fuori una frase “ambigua” sulla questione migranti, ma lì – parlando in prima persona e senza “portavoce” di mezzo – il discorso era fluito liscio, semplice, di condanna totale di ogni forma e misura di razzismo.
Affrontando un’intervista in totale solitudine, invece, monsieur Kuzmanovic si è sparato letteralmente sui piedi: “La coscienza della sinistra impedisce di riflettere concretamente su come rallentare o arrestare l’immigrazione (...). Piuttosto che ripetere, ingenuamente, che dobbiamo ‘accogliere tutti’, bisogna andare contro le politiche ultraliberali (...). Quando sei di sinistra ma parli dell’immigrazione come fa il padronato, c’è ancora un problema... Quello che stiamo dicendo non è nuovo. È un’analisi puramente marxista: il capitale si è dotato di un esercito di riserva”. Cazzate non marxiste, in stile Fusaro o “comunisti padani”, perché l’esercito salariale di riserva c’è in qualsiasi situazione, più o meno grande a seconda del ciclo economico, non dei flussi migratori (in Italia, per esempio, il tasso di disoccupazione difficilmente è sceso sotto il 10%, anche in tempi migliori). Che invece sono conseguenza di tutt’altri problemi (desertificazione, guerre, rapina delle risorse, ecc).
Falsificazioni teoriche a parte, Kuzmanovic si è reso conto di aver pestato la peggiore buccia di banana possibile e ha provato a rimediare ricordando che FI era “contro la caccia agli immigrati clandestini” e favorevole al ricongiungimento familiare…
La posizione ufficiale di France Insoumise è stata immediatamente riassunta da Alexis Corbière, ed è sono stata una condanna senza appello: “Mettere l’immigrazione al centro del dibattito è l’agenda di Emmanuel Macron. Ciò che Jean-Luc Mélenchon ha voluto sottolineare è che è sempre bene avere una buona coscienza umanistica. L’accoglienza, la generosità sono buoni valori”. E ha aggiunto: “Djordje non è mai stato un consulente di Jean-Luc in questa materia”.
Younous Omarjee, eurodeputato che sarà uno dei protagonisti della campagna per le elezioni europee, rincarando la dose: “Questa ‘buona coscienza della sinistra’, la prendo con me. Preferisco una buona coscienza a una cattiva”.
“Questo è un modo per chiarire una cosa importante: il punto di vista di Djordje Kuzmanovic non è quella di Jean-Luc Mélenchon e, quindi, del movimento”, aggiunge e chiude Clémentine Autain, eletta all’Assemblea Nazionale.
Se France Insoumise fosse un “partito”, l’esistenza di punti di vista divergenti sarebbe un problema sempre. Non per un “movimento”. Tranne che su questioni cruciali, “identitarie” o strategiche, che mettono a rischio la stessa immagine collettiva.
Adieu, monsieur Kuzmanovic, lei stava nel posto sbagliato...
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento