Qualche minuto dopo che il Consiglio dei Ministri aveva approvato all’unanimità il decreto legge in materia di “sicurezza e immigrazione”, ovvero, il provvedimento che modifica la normativa in materia di accoglienza dei richiedenti asilo – abolendo i permessi umanitari – ed inasprisce ulteriormente la guerra ai poveri inaugurata dal precedente governo Gentiloni, Matteo Salvini era già su Facebook a scrivere: «#DecretoSicurezza, alle 12,38 il Consiglio dei Ministri approva all’unanimità! Sono felice. Un passo in avanti per rendere l’Italia più sicura».
I due decreti legge su “immigrazione e sicurezza” sono stati unificati in un solo testo di 42 articoli. Quasi a cercare di attenuare la portata del decreto il presidente del consiglio Conte, subito dopo, ha detto ai cronisti «Non cacciamo nessuno dall’Italia dall’oggi al domani, ma rendiamo più efficace il sistema dei rimpatri. In un quadro di assoluta garanzia dei diritti delle persone e dei trattamenti, creiamo un intervento per una disciplina più efficace». Ed aggiunge che in quel Decreto legge «ci sono pure norme contro la mafia e il terrorismo». Poi Salvini e Conte, insieme, hanno esibito sorridenti un cartello con l’hashtag #decretoSalvini e la scritta «sicurezza e immigrazione».
Le associazioni umanitarie, l’Anci e lo stesso ufficio legislativo della Presidenza della Repubblica, nei giorni scorsi, avevano espresso molte perplessità tanto sui contenuti del provvedimento quanto sulla effettiva sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza previsti dalla Costituzione per i decreti legge. Lo stesso ha ammesso a denti stretti che c’è stata un’interlocuzione, al livello massimo di esponenti e tra le strutture tecniche.
Ma cosa c’è nel Decreto? Come anticipato, anzitutto, l’abolizione dei permessi umanitari ed una serie di modifiche sostanziali al sistema di accoglienza SPRAR, ovvero, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati del Ministero che in Italia gestisce i progetti di accoglienza, di assistenza e di integrazione dei richiedenti asilo a livello locale.
Gli articoli dall’1 al 16 contengono le misure in materia di permessi di soggiorno, di protezione internazionale e di cittadinanza. “Il permesso di soggiorno per motivi umanitari” è sostituito dai “permessi speciali”, per “motivi di salute”, “violenza domestica”, “calamità nel paese d’origine”, “cura medica” ed “atti di particolare valore civile”. SPRAR sarà riservato semplicemente ai titoli di protezione internazionale ed ai minori non accompagnati. I richiedenti asilo saranno collocati nei CARA (Centri di accoglienza per i richiedenti asilo). Sarà molto più facile negare o revocare la protezione internazionale, sospendere la domanda d’asilo e revocare la cittadinanza italiana.
La durata massima di permanenza negli orridi CPR (Centri per il rimpatrio) passa da 3 a 6 mesi al fine di conseguire l’espulsione. Oltre a quelli già presenti sul territorio è previsto la «costruzione» di altri CPR. Ai fini del “potenziamento delle attività di rimpatrio” il decreto stanzia 500mila euro per il 2018 e 1,5 milioni per il 2019 e 2020.
Il ministro dell’Interno ha sostenuto davanti ai cronisti parlamentari la bontà del “suo decreto” con la consueta sensibilità e profondità di pensiero: “Non lediamo nessuno diritto fondamentale: se sei condannato a casa mia e spacci ti accompagno da dove sei arrivato ... Se sei condannato in via definitiva è di buon senso toglierti la cittadinanza”.
Dunque niente più SPRAR per richiedenti asilo ma solo per “rifugiati e minori non accompagnati”. Nel decreto è prevista per i richiedenti asilo la sospensione della domanda “in caso di pericolosità sociale” con invio ai CPR in caso di condanna in primo grado. Dunque il richiedente asilo non ha più diritto ai tre gradi di giudizio, ed una condanna in primo grado sarà inappellabile e definitiva, ciò in aperta violazione del principio di uguaglianza davanti alla legge mediante l’introduzione di una giustizia speciale per i migranti lasciati in quel limbo in cui restano per lunghi periodi di tempo in attesa di essere riconosciuti come esseri umani e, in quanto tali, detentori di diritti fondamentali, tra i quali, quello di avere una giustizia giusta ed un processo equo.
Ai ministri gialli e verdi andrebbe ricordato che quel principio è fondamentale quando si parla di diritti umani e che sta dentro la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, all’articolo 7, laddove si dice che “Tutti sono eguali davanti alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione”.
A fugare ogni residuo dubbio sul carattere repressivo e reazionario dell’esecutivo gialloverde c’è la parte del Decreto Legge dedicata alla “sicurezza” che estende il “Daspo” ai senza tetto; introduce la dotazione del taser anche alla polizia locale e prevede un inasprimento delle pene fino a 4 anni di carcere per chi occupa stabili, anche se in stato di necessità.
Il ministro dei Rapporti col Parlamento, Riccardo Fraccaro (M5S) sul decreto ha dichiarato: «In Consiglio dei ministri non c’è stato alcuno scontro», aggiungendo che, in ogni caso, «saranno Camera e Senato a vedere di migliorare il testo. Ora è centrale il lavoro del Parlamento». Ma ha poi aggiunto che, a suo parere, “non vi è nessun dubbio sulla costituzionalità del decreto”.
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