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20/09/2018

L’incognita Tap: un futuro già scritto?

Ci soffermiamo oggi sulla questione gasdotto, nell’ambito di un’inchiesta svolta in territorio strategico per il turismo pugliese.

Il consorzio Tap ha finalmente inoltrato al comune di Melendugno le analisi dei campioni d’acqua prelevati da due pozzi di osservazione a San Basilio, sede del cantiere, poco distante dalla splendida spiaggia salentina di San Foca.

I risultati sono inquietanti: oltre a tracce di manganese, nichel e arsenico, sono stati riscontrati quantitativi di cromo esavalente tre volte superiori ai limiti massimi consentiti. Questo metallo pesante è mutageno, tossico e cancerogeno.

Sospesi al momento i lavori, continuano però le pressioni geopolitiche che appoggiano il progetto, tra cui quella di Donald Trump, che avrebbe richiesto a Conte, durante l’incontro di Washington, un maggiore impegno per portare a completamento l’opera.

Dopo l’ordinanza del sindaco Marco Potì, i lavori di trivellazione a San Basilio si sono fermati. Arpa (Agenzia Regionale Protezione Ambiente) ha confermato la mancata ottemperanza delle norme che regolano la tutela del sottosuolo durante lo scavo. Arpa.webloc

Gianluca Maggiore, membro della Commissione comunale e portavoce del movimento No Tap, ci ha concesso un’intervista, che abbiamo realizzato proprio davanti al cantiere, protetto da reticolati e pattuglie dei carabinieri affiancate dalla Digos. La tensione, anche a lavori sospesi, rimane palpabile.

D: “Com’è nato il gasdotto Tap?“ (Trans Adriatic Pipeline – N.d.A.)

R: “Il consorzio omonimo ha vinto un appalto per la costruzione del tratto finale del gasdotto, che attinge dal giacimento azero di Shah Deniz 2 nel Mar Caspio. Il percorso che ci riguarda, parte dal confine greco-turco con destino San Foca. L’intero gasdotto misura 4.000 km, Tap ne copre appena 878. Costo totale 45 Mld.

La Commissione Europea ha autorizzato quest’opera elefantiaca, motivandola con la fine della dipendenza dal metano di Gazprom.

In realtà noi abbiamo acquistato gas russo in quantità maggiore, perché più economico rispetto agli altri paesi fornitori da cui importiamo, che sono Algeria, Libia e Olanda; quello nazionale è in calo, per via della riconversione onerosa.

Il gas dell’Azerbaijan verrebbe al consorzio 0,28 euro di media per SMC (Standard Metro Cubo), circa il doppio di Gazprom, che ne costa allo stato attuale 0,14. Non solo: La Russia è presente comunque nel gruppo azionario tramite Lukoil, che detiene il 10% di quota, per cui il gas trasportato è anche russo.”

D: “La chiave di lettura del progetto si basa sul risparmio energetico: la diversificazione delle fonti di approvvigionamento ridurrebbe il costo in bolletta.”

R: “Sappiamo che il fine ultimo di quest’opera è puramente speculativo: il prezzo del gas non si abbasserà, essendo gas di seconda mano che passa in un circuito di scatole cinesi con dentro imprese appaltatrici e sub-appaltanti.

Ci sono troppi passaggi, che incideranno sul prezzo finale al consumatore.

Senza contare le commesse che spettano a Georgia, Turchia, Grecia e Albania e gli interessi del regime azero, che si riflettono su fornitura e trasporto” (*)

(*) In effetti a Snam e agli altri azionisti del consorzio quali BP, Socar (Azerbaijan), Fluxys (Belgio), Enagas (Spagna) e Axpo (Svizzera), si affiancano 23 imprese affidatarie – tra cui Saipem, Honeywell e Terna – che subappaltano a loro volta per forniture servizi e tubazioni. – N.d.A.) Tap.webloc

“Snam mira piuttosto a creare un mercato libero del gas, oggi occupato per il 95% da contratti Top (Take or Pay) a lungo termine, che obbligano i paesi importatori a pagare per intero una quota prefissata, anche nel caso di consumi inferiori.

L’azienda guadagnerà comunque sugli oneri di stanziamento delle tubazioni, sulle misurazioni fiscali applicate una volta immesso il gas in rete, mentre continua a usufruire di fattori di garanzia – soldi pubblici – come risarcimento delle perdite per impianti inutilizzati e riserve non sfruttate che eccedano il fabbisogno nazionale. Basti pensare che a fronte di un attivo annuo di 900 milioni di euro, Snam incassa 950 milioni di rimborso, tramite i suddetti fattori.

L’azienda punta sulla quota di gas che le spetterebbe ad opera finita, per commercializzarla al di fuori dei contratti Top, stoccandola nei vecchi impianti del Nord costruiti negli anni ’50-60, e rivendendola poi quando il prezzo risalirà.

Il prezzo al consumo oscilla tra 1-1,20 euro per SMC, un ricarico di circa il 1000%.

Queste operazioni, checché ne dica il gruppo dirigente Tap, sono finanziate da soldi pubblici, provenienti da BEI (Banca Europea Investimenti) e BERS (Banca Europea Ricostruzione e Sviluppo), che attingono da fondi europei e internazionali. Cassa Depositi e Prestiti possiede il 30% di Snam dal 2012, e ha supportato l’acquisizione della quota Tap dalla norvegese Statoil.” Snam.webloc

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Due riflessioni prima di continuare:

1) Il consumo italiano del 2016 registrò 71 mld di metri cubi; un aumento del 6% rispetto al 2015, anche se sotto di 15,3 mld di mc registrati nell’anno record 2005. Nel primo semestre 2018, i consumi sono calati: -1,6%.

Il volume di approvvigionamento 2016 è stato di 159 mld (82,64 mld da società consolidate + 76,64 dall’estero) per cui le scorte non mancano. Consumi.webloc

Il nuovo gasdotto porterà un contributo di 10 mld extra, da suddividere però tra gli azionisti del gruppo; Snam rappresenta la parte italiana al 20%.

2) Bers contraddice il suo stesso statuto etico, basato su finanziamenti circoscritti a stati pluralisti, prestando denaro a un progetto che si avvale delle materie prime di regimi autoritari, quali sono Azerbaijan, Georgia e Turchia. Bers.webloc

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Impatto ambientale

D: “Veniamo adesso alla nota dolente: l’ufficio Tap di Lecce ha dichiarato che i metalli pesanti riscontrati nei pressi della falda acquifera erano già presenti nel terreno, e pur ammettendo che i lavori del cantiere possano aver contribuito al loro spostamento, il gasdotto rimane, secondo loro, un’opera d’impatto ambientale minimo. Non ci sarebbero rischi d’inquinamento. Concordi?”

R: “ No. Se è pur vero che il trauma subìto dal sottosuolo a causa del cantiere potrebbe aver fatto emergere scorie già presenti, tuttavia due fattori contraddicono tale ipotesi:

1) AQP (Acquedotto Pugliese) esegue misurazioni mensili in zona dal 2007, senza aver mai riscontrato materiali contaminanti nei piezometri adiacenti.

Il piezometro è un pozzetto di osservazione che monitorizza la falda e preleva campioni acquiferi. Inoltre, abbiamo rilevato la mancata costruzione di una vasca a base di tessuto impermeabile, che avrebbe impedito il riversamento dei residui di scavo nella falda acquifera.

Difatti, il cromo esavalente potrebbe essere contenuto nei cementi scadenti, sovente utilizzati durante i lavori di cava.

Il “top soil”, cioè il terreno fertile, è stato rimosso insieme agli ulivi espiantati, e sostituito con uno strato di stabilizzato di cava, di cui il Comune ha chiesto la certificazione di controllo non ancora pervenuta.

La presenza di nichel e arsenico nel pozzo 10, è emersa solo dopo l’inizio dei lavori.

2) Il cromo esavalente è stato riscontrato proprio nel piezometro 7, quello più vicino al pozzo di spinta, cioè nel punto di partenza della condotta sotterranea, dove è in corso la trivellazione che scava il tunnel con destino San Foca.”

Secondo Lecce Prima, la testata locale che ha seguito la questione fin dall’inizio, il Ministero dell’Ambiente ha esonerato lo scorso anno la Regione Puglia, che non avrebbe ottemperato ai suoi doveri di vigilanza, superando il limite massimo di 30 giorni preposti per la verifica dell’impatto ambientale. Oltre a ciò, è mancato il monitoraggio della risposta sismica alle attività di cantiere. Prima.webloc

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Intervista all’ing. Alessandro Manuelli, responsabile Commissione tecnica del Comune di Melendugno:

“Ingegnere, una delle preoccupazioni maggiori relative al percorso finale del gasdotto, è la pressione che Snam dovrebbe dare al gas una volta che questo sarà immesso nella rete nazionale, onde evitare incidenti. Può spiegarci meglio questo concetto?”

“Il punto cruciale non è tanto nella pressione, bensì nel quantitativo-limite che il Terminale di Ricezione potrà sopportare quando il gas entrerà nel circuito nazionale di distribuzione: questo avverrà quando l’inter-connessione Snam sarà ultimata, dopo un percorso di 54 km, arrivando nel brindisino, oltre Mesagne.

Ricordo che il gasdotto è stato esentato dai controlli di sicurezza della normativa Seveso, una procedura istituita dopo la nube tossica dal Ministero di Sviluppo Economico.” (*)

(*) Nel terminale di ricezione verrebbero stoccati 48,6 tonnellate di metano, mentre la soglia Seveso è fissata a 50. Però a questo quantitativo andrebbe aggiunto il gas destinato alla centrale Snam in progettazione.

La procura di Lecce ha riaperto le indagini ai fini di rivedere l’esenzione Tap da tale normativa – N.d.A.-) Seveso.webloc

Bufale: a chi appartengono?

“Ingegnere, il management Tap sostiene che l’inquinamento dovuto al gasdotto, sia in realtà una bufala. Secondo loro, le emissioni possono essere paragonate a quelle prodotte da un condominio di medie dimensioni. Lei che ne pensa a riguardo?”

“Penso che la bufala sia loro: tutte le analisi a livello internazionale attestano l’inquinamento causato dalle fonti fossili: il metano provoca emissioni di gas-serra che a loro volta portano ad alterazioni climatiche 60 volte superiori alla Co2 del carbone nell’arco di dieci anni. L’Italia ha firmato trattati importanti che ci impegnano a limitare l’emissione di codesti gas nocivi.

Oltre a ciò, esistono perdite fisse strutturali dei condotti che oscillano dal 3 al 6%.

Basterebbe documentarsi, la rete è colma di pubblicazioni a proposito. Serra.webloc

Il loro progetto è anacronistico, mal localizzato, inquinante e per giunta anti-economico, senza contare che in casi di guasti gravi, la procedura è di immettere gas tal quale nell’atmosfera. Parlando di soldi, il costo di produzione per Kw da fotovoltaico, eolico e carbone, rimane comunque inferiore al metano.”

Conclusioni

Il paradosso che scaturisce dalla questione Grandi Opere in Italia, è sempre lo stesso: siamo un Paese ancorato a strutture ormai obsolete, affiancate a progetti megalomani. Prendiamo quelle ferroviarie, basate in gran parte sul binario unico, soprattutto nel Meridione, fonte di frequenti disastri come successo a Viareggio e Andria.

Ci trastulliamo però con faraonici e costosissimi cantieri di accertato impatto ambientale quali il TAV in Val di Susa, escludendo il Sud da una modernizzazione agognata, se non nell’ambito di progetti a stampo mafioso.

Abbiamo infrastrutture pericolanti che risalgono agli anni ’60 – ponti, viadotti, strade statali – sottoposte a carichi quadruplicati da allora, senza controlli né manutenzioni efficienti, che puntualmente sfociano in tragedie annunciate come l’ultima di Genova.

Queste sono in gran parte affidate a consorzi privati – monopolizzati da miliardari – che, nonostante impongano pedaggi autostradali onerosi, investono per migliorie cifre risibili rapportate ai propri profitti, e i risultati si vedono.

Piuttosto che spendere denaro per progetti non necessari stile Tap, dovremmo iniziare a impiegare le risorse pubbliche per la messa in sicurezza del territorio, sottraendo al liberismo privato il monopolio delle opere di bene comune. E soprattutto, dovremmo salvaguardare l’ambiente, che continua a sostenere la nostra economia.

Il gasdotto in Salento impiega 32 operatori nel cantiere di San Basilio.

Basterebbe questo a sancirne l’inutilità, rispetto all’occupazione garantita invece dal turismo, che proprio a San Foca registra il cash-flow più consistente della costa nord salentina.

Fonte

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