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28/09/2018

Mercati in fiamme. Di Maio e Salvini “vincono” come Pirro

Sempre più nei panni di due Tsipras di destra... Di Maio e Salvini che si concedono al bagnetto di folla, sotto Palazzo Chigi, dopo aver fissato nel Def lo “sforamento” del deficit al 2,4%, ricordano ormai da vicino l’ex speranza della “sinistra” che sfidava la Troika con un referendum popolare (per poi vincerlo e tradirlo, nel giro di 24 ore).

Il fatto c’è, inutile sottovalutarlo. Dopo un duro scontro interno tra i “tre governi in uno”, i due capipartito hanno avuto la meglio sui garanti dell’Unione Europea (Tria, Moavero Milanesi e, indirettamente, il presidente della Repubblica, Mattarella), imponendo una cifra ben superiore all’1,8% (o 1,9, secondo l’ultima linea del Piave del ministro dell’economia) che già rappresentava una svolta drastica rispetto alle previsioni del governo Gentiloni (0,8).

In miliardi di euro, la differenza è seria: quasi 30.

I problemi sono ora di due tipi, molto diversi:
a) cosa prevedono di fare con questi soldi,
b) come reagiranno i mercati da oggi in poi.

Vediamoli separatamente, per non aumentare la confusione.

Nelle intenzioni scritte il menu è ricco, ma ben sotto quanto era stato promesso. Il famoso reddito di cittadinanza, per dirne una, non c’è; o per lo meno ce n’è una versione assai ridotta. Al suo posto c’è l’aumento delle pensioni minime, per avvicinarle ai mitici 780 euro considerati il minimo necessario per sopravvivere (ognuno può naturalmente farsi due conti con le proprie spese...) e una cifra indeterminata per chi ha un reddito al di sotto della soglia di povertà.

Di Maio l’ha messa giù in modo trionfalistico: «Ci sono 10 miliardi per il reddito di cittadinanza, restituiamo un futuro a 6,5 milioni di persone». Una semplice divisione aritmetica, però, restituisce un quadro un po’ più limitato: 1538,46 euro annui, ossia 100 euro al mese. Naturalmente non tutti quei 6,5 milioni di persone sono pensionati che stanno a 500 euro al mese – come la signora di Villa Gordiani sfrattata ieri con la forza dai vigili urbani – e bisognerà vedere se la platea sarà toccata integralmente oppure solo in parte. Comunque, meglio qualche soldo in più che in meno (ma intanto volano le tariffe di luce e gas, che si mangeranno un bella fetta di questo aumento).

Ma sta di fatto che il famoso “reddito di cittadinanza”, per ora, non c’è. Intanto perché la struttura amministrativa necessaria non è pronta a farlo; e quindi si prevede di rafforzare preliminarmente i centri per l’impiego. Probabilmente, invece, c’è un recupero dei fondi attribuiti al “reddito di inclusione” (Rei), creatura del governo Gentiloni, con qualche estensione per ora imprecisabile.

C’è invece la flat tax per le sole imprese. Inizialmente per le piccole aziende (si calcola che ne beneficeranno un milione di titolari), poi si vedrà. Niente per le persone fisiche, e tanto meno per i lavoratori dipendenti. Il governo prevede infatti di fissare due sole aliquote fiscali entro la fine della legislatura. Ma sono quelle già attive (23%), cui sono interessati tutti i percettori di salario tra gli 8.000 e i 15.000 euro annui, mentre per quelli fino a 28.000 c’è l’aliquota al 38%. Si può dunque agevolmente dire che – se ci sarà – sarà una manna per ricchissimi, niente per i salari bassissimi e un caffè per quelli medio-bassi.

Molto popolare dovrebbe essere la revisione della legge Fornero, con l’autorizzazione ad andare in pensione con “quota 100” tra età anagrafica e anzianità contributiva. Ma non si conosce al momento il meccanismo preciso (si era parlato nei giorni scorsi di ipotesi molto diverse tra loro), anche se il governo prevede che potrebbe riguardare 400.000 lavoratori, che libererebbero – ottimisticamente – altrettanti posti per i giovani.

E’ passata anche un altro condono, preteso dalla Lega. La “pace fiscale” riguarderà però le evasioni fino a 100.000 euro, anziché fino ad 1 milione, come avrebbero voluto gli industrialotti del Nord vicini al Carroccio.

Un po’ di respiro, infine, per i truffati dalle banche (che avevano venduto loro “obbligazioni subordinate” di nessun valore), con l’aumento del fondo di dotazione fino a 1,5 miliardi.

Fin qui potremmo sintetizzare così: poca roba, soprattutto per le imprese e gli evasori più piccoli, futuri regali ai ricchissimi, un’elemosina micragnosa per quelli molto poveri.

Il problema vero è che l’atteggiamento dei “mercati” è stato subito molto feroce. Nella mattinata di oggi la borsa di Milano è stata la peggiore del mondo. L‘indice Ftse Mib ha toccato anche il -4%, con le banche (detentrici principali del debito pubblico italiano) praticamente a picco. Stesso discorso, ovviamente, per lo spread, salito anche sopra i 280 punti.

Un comportamento decisamente opposto a quello tenuto ieri – mentre si addensavano i fulmini su Palazzo Chigi – in occasione delle due aste di titoli di Stato per i Btp decennali e quinquennali. Il rendimento di questi titoli era passato dal 3,25 dall’ultima asta a 2,90 (il decennale), e dal 2,44% a 2,04% (il quinquennale). Gli operatori avevano parlato di richiesta fortissima, “come non si vedeva da tempo”, con “grossi acquisti” esteri.

Senza cadere in dietrologie finanziarie, qualcuno aveva ricordato il recente viaggio in Cina del ministro Tria (dove aveva giurato che non si era parlato di acquisti sui titoli di Stato), mentre proprio ieri il “premier” Conte era rientrato dagli Stati Uniti, dove aveva incontrato tra l’altro Larry Fink, amministratore delegato di Blackrock (il più grande e influente gestore di fondi comuni d’investimento al mondo).

Si poteva insomma pensare, in chiave geostrategica, a una “copertura statunitense”, magari in combinazione temporale con i cinesi, contrattata per resistere meglio ai prevedibili contraccolpi sul mercato europeo.

Se calcolo in questo senso c’è stato, era sbagliato.

Ora i “tre governi in uno” dovranno pedalare in salita sotto il fuoco dei “mercati”. In compagnia di Tria, che avrebbe deciso di non scendere dalla bicicletta, pare, solo per l’insistenza di Sergio Mattarella. Inutile sprecare parole, invece, per la cosiddetta “opposizione democratica” (compresa Repubblica e tutto l’establishment politico-mediatico), speranzosa di rialzare la testa sposando le peggiori intenzioni antipopolari degli stessi “mercati”.

La situazione, insomma, si sta facendo decisamente interessante... Urge un soggetto politico socialmente radicato che pensi a questo, lasciandosi alle spalle antiche perversioni immobilizzanti.

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