I due contesti, quello tedesco e quello francese, hanno alcuni tratti comuni e alcune differenze che pertengono alla questione migratoria che devono essere tenuti in dovuta considerazione, così come il posizionamento delle due formazioni.
In Francia, il progetto di legge della maggioranza governativa sulla questione del diritto d’asilo e dell’immigrazione ha avuto un’opposizione in cui differenti forze hanno fatto fronte comune, di cui la France Insoumise è stata il perno.
Invitiamo i sostenitori del “fronte europeo da Macron a Tsipras” – secondo la chiarissima formula di Massimo Cacciari – contro l’emergere delle forze populiste di destra a rileggere i contenuti dei provvedimenti della maggioranza governativa francese; è sufficiente per comprendere come il leader di En Marche sia parte integrante del problema, e non certo la “soluzione” riguardo la lotta alla destra xenofoba.
Durante il dibattito su questa legge, Jean-Luc Mélenchon, deputato e leader di France Insoumise, ha esortato i deputati dichiarando: “non dimenticate mai che noi stiamo discutendo di fronte ad un cimitero, quello dei 30.000 che sono morti nel Mediterraneo”.
In Francia, è stato l’enfant prodige del liberismo dell’Unione Europea a far proprie, incorporandole, le istanze del neofascista Rassemblement Nationale (ex FN) di Marine Le Pen. Questa formazione è ora in grave crisi di consensi dopo la sconfitta alle presidenziali dello scorso anno, e di fatto è scomparsa dal panorama politico come espressione “da destra” della critica alla UE e di difesa delle garanzie sociali degli “autoctoni”.
Le mobilitazioni sociali che si sono succedute in Francia contro l’annunciata politica di austerity del governo, che segneranno nuovamente l’agenda politica d’Oltralpe dall’inizio dell’autunno – il 9 ottobre per l’esattezza, con la manifestazione parigina – hanno spostato l’attenzione sulla questione sociale, identificando nella macronie la “malattia” che ha tra i suoi maggiori responsabili le politiche della UE.
La netta opposizione alle politiche macroniane – anche per ciò che concerne l’inasprirsi delle politiche razziste e securitarie nei confronti di immigrati e richiedenti asilo – ha sviluppato contemporaneamente un vivace dibattito tra le file degli Insoumis, che sembra ora aver raggiunto un approdo con il defenestramento dell’ex speaker Djordje Kuzmanovic, con le posizioni espresse da differenti figure di spicco del movimento, come Melenchon, Bompard e Autain, tra gli altri.
Il leader di LFI ha ripreso recentemente alcuni nodi dell’ormai famoso comizio tenuto a Marsiglia il 14 aprile 2012, durante la campagna presidenziale in cui era candidato con il Front de Gauche, riparlando del Mediterraneo in questi termini:
“l’avvenire del Paese, una energia di cui il nostro Paese ha bisogno. La Francia non può prosperare se gira le spalle al Mediterraneo, nostri fratelli e sorelle algerini, marocchini, italiani, ecc.”.
Ma forse le dichiarazioni più significative sono quelle che ha fatto Clémentine Autin, deputata della France Insoumise, sul “Nouvelle Obsevateur”, rispondendo alle domande di Remy Noyon, l’8 settembre:
“In Germania, Sahra Wagenknecht dice che vuole farla finita con la “buona coscienza” della sinistra sulla questione migratoria. Cosa ne pensate?Sempre per onestà intellettuale, ci sembra interessante – per dare la cifra della discussione “a sinistra” in Francia – riportare le parole di Laurent Joffrin, condirettore di “Libération”, che firma l’editoriale del 10 settembre, all’interno di uno speciale di alcune pagine sulla questione immigrazione, Immigration: l’embarasse des gauches européennes.
Io sostengo che è rimasta la mia buona coscienza! Non voglio porre fine alla ricerca di coerenza tra i discorsi, le azioni, da un lato, e i principi etici, l’orizzonte emancipatorio, dall’altro. Sulla questione migratoria, come su altre, sono animata da un ideale umanista e internazionalista. Nel contesto attuale della spinta dell’estrema destra in Europa e nell’inasprimento delle condizioni di accoglienza, la mia convinzione è che la nostra famiglia politica deve chiaramente combattere contro la stigmatizzazione negativa e il rifiuto dei migranti. La figura dello straniero viene presentata come nemico, pericolo, capro espiatorio economico: non possiamo accettarlo. Ogni volta che prestiamo il fianco, prendendo in prestito i concetti al discorso dell’estrema destra, penso che stiamo perdendo la nostra anima e corpo. Poi, non siamo una setta, ma un collettivo vitale, quindi ovviamente abbiamo dei dibattiti fondamentali sull’apertura dei confini o sulle condizioni di accesso alla nazionalità ma non perdiamo il filo di ciò che ci anima, specialmente quando il Mediterraneo si trasforma in un cimitero.
Più in generale, cosa ne pensa di Sahra Wagenknecht?
Non ne so abbastanza del contesto tedesco in cui si inserisce, ma non sono convinta dal modo con cui si approccia l’argomento. Ad esempio, non voglio suggerire che gli immigrati prendano il lavoro delle persone già insediate. Se guardiamo indietro, vediamo che gli alti flussi migratori corrispondono piuttosto a periodi di crescita economica. In Francia, la disoccupazione di massa ha preso piede mentre il numero di immigrati è caduto. Allo stesso tempo, sono diffidente nei confronti dell’attuale strumentalizzazione delle osservazioni di Sahra Wagenknecht in Francia. Quando ho letto i primi articoli sul lancio di Aufstehen, sono rabbrividita. Poi sono andata a leggere in dettaglio ciò che Sahra Wagenknecht stava difendendo. Non è in un discorso di rifiuto dei migranti e difende il diritto di asilo. È sciocco rimandarlo all’estrema destra, come fanno alcuni media o politici, che la mettono sullo stesso piano. La musica dominante mira a rimescolare le carte. Ci racconta una favola: ci sarebbero da un lato i “populisti”, gli “estremi”, sinistra e destra, che condividono la stessa visione del ripiegamento xenofobo, e dall’altro i “progressisti” che gli terrebbero testa per evitare la barbarie. Che truffa! La realtà è che la barbarie è già lì. Il Parlamento ha recentemente approvato una legge estremamente repressiva nei confronti di migranti e richiedenti asilo. Macron rifiutò, come Salvini, di accogliere i 191 migranti dell’“Acquarius”. Se c’è una vicinanza con il Fronte Nazionale sulla questione dei migranti, è quello della ‘macronie’. Abbiamo combattuto in Assemblea e altrove contro l’imprigionamento di minori stranieri, l’estensione del periodo di detenzione o l’interrogatorio sul diritto di asilo.”
Joffrin conclude scrivendo: “in queste condizioni, come abbiamo già avuto modo di scrivere qui, non esiste che una sola politica moralmente e politicamente accettabile: la regolamentazione umana dell’immigrazione. Suppone che venga mantenuta chiaramente la distinzione tra rifugiati, destinati all’accoglienza organizzata e migranti economici, di cui l’entrata deve essere subordinata alle possibilità d’impiego e alla capacità di accoglienza.”
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In Germania, il dibattito sull’immigrazione ha pesantemente condizionato anche gli equilibri interni alla CDU-CSU che è una delle forze principali della “Grossa Coalizione” al governo.
Anche recentemente il ministro dell’Interno, il bavarese della CSU Horst Seehofer ha dichiarato: “l’immigrazione è la madre di tutti i problemi”, buttando benzina sul fuoco rispetto alla situazione “esplosiva” della ex Germania Est, dove l’estrema destra in forte ascesa dell’AFD e di Pegida, promuove mobilitazioni sempre più frequenti e partecipate contro “la politica criminale” della Merkel rispetto all’immigrazione.
Verrebbe da dire che il pesce puzza dalla testa, rispetto all’origine della propaganda xenofoba, perché parte dal cuore della UE e da una di quelle forze che è diretta espressione della rappresentanza politica europeista, un cui esponente di spicco, capogruppo del PP a Strasburgo, sarà probabilmente candidato dei Popolari europei a commissario europeo il maggio prossimo...
Vi è stato un travaso di voti, circa 400.000, dalla Die Linke all’AFD, proprio alle ultime elezioni legislative.
Abbiamo abbondantemente tracciato il profilo politico di Sara Wagenknecht, co-presidente del gruppo parlamentare di Die Linke ed eletta dal 2009 al Bundestag, animatrice della “Piattaforma Comunista” che definisce se stessa “marxista”, difende il patrimonio di conquiste della ex Repubblica Democratica Tedesca, è una feroce critica della UE e sostiene la fuori-uscita del suo Paese dalla NATO.
Contro la sua frettolosa “assimilazione” all’estrema destra, per quanto riguarda la questione immigrazione, si sono opposti due studiosi intervistati il giorno del lancio di “Aufstehen” da “Le Monde”, un quotidiano che non può certo dirsi sostenitore dalla comunista tedesca.
Così M.Neugebauer ha dichiarato al giornale francese: “fino ad oggi, ha sempre affermato che bisognava assolutamente garantire il diritto d’asilo, e questo la distingue in maniera netta dall’AFD”.
Dello stesso avviso Dieter Rucht: “certamente la Wagenknecht è per una limitazione dell’immigrazione, ma non sostiene né l’immigrazione zero né l’espulsione di massa degli immigrati, contrariamente all’AFD. Inoltre, il suo discorso non è fondato su una visione identitaria e culturale. Infine, non c’è in lei alcuna critica dell’Islam, punto centrale del programma dell’AFD.”
Visto il bashing mediatico continentale contro di lei, unendo disonestà intellettuale e strumentalità politica, abbiamo ritenuto offrire degli ampi stralci delle sue dichiarazioni in materia, riprendendole dalla traduzione francese del sito di fact-checking: “Check News”. Non per “sposare” le sue posizioni, ma almeno per riportarle correttamente.
Il quotidiano francese Libération ha “commissionato” tale verifica a Check News visto il trattamento mediatico, spesso tra il presappochismo e la vera e propria “fake news”, operato da Le Monde, passando per L’Huffpost, fino a Grazia che l’ha definita: “la tedesca a metà tra Mèlenchon e Le Pen”!
Prima di tutto Sahra Wagenknecht si è opposta – come tutto il partito Die Linke – all’inasprimento sul diritto d’asilo, e alla vendita di armi a paesi come la Turchia e l’Arabia Saudita.
Nel suo discorso al Bundestag del 10 giugno di quest’anno lo ha fortemente ribadito, continuando la sua esposizione dando un quadro dei rapporti Nord-Sud e delle cause ultime dell’immigrazione, difendendo il diritto dei Paesi del Sud del Mondo:
“Noi difendiamo il diritto dei paesi poveri di difendere e di proteggere i loro mercati, le loro economie, con delle tariffe doganali contro le nostre esportazioni agricole. Ma questo non significa anche fissare dei limiti alla libera circolazione della merce. Noi esigiamo un controllo dei capitali per impedire agli speculatori finanziari di decidere delle valute, dei tassi d’interesse e delle sorti di economie intere”.
Poco oltre afferma: “molti tra di noi sono dell’avviso che è irresponsabile allontanare dai Paesi poveri i propri specialisti qualificati perché la povertà e la miseria in questo modo non fanno che aumentare”, e cita le posizioni di Bernie Sanders e di Jeremy Corbyn sull’immigrazione, che non sono certo tacciabili di inseguire la destra sul suo terreno, per denunciare la “non-cultura del dibattito” all’interno del suo Partito su questo punto.
L’11 agosto, intervistata dal “Frankfurter Rundschau”, risponde alla giornalista ribadendo un concetto preciso: “il problema della povertà del mondo non può essere risolto da una immigrazione senza frontiere. Al contrario, noi dobbiamo fare di tutto affinché la Germania e l’Europa non continuino a distruggere le prospettive di vita nei Paesi poveri. Le persone hanno bisogno di una prospettiva di vita nel loro Paese d’origine”.
In una precedente intervista alla “Rhein Neckar Zeitung”, dell’11 giugno del 2018, aveva ribadito: “noi vogliamo combattere le cause della fuga e aiutare le persone che fuggono dalla guerra e che sono in condizione di bisogno. Noi abbiamo ugualmente bisogno di maggiore giustizia sociale in Germania. Non c’è alcuna persona all’interno del partito che lo mette in discussione. Noi siamo per il diritto d’Asilo e lo difendiamo. Bisogna avere delle frontiere aperte per chi è perseguito”.
Nel febbraio di quest’anno, in un’altra intervista a Focus, aveva dichiarato: “ma coloro che vogliono sopperire alla penuria di lavoratori qualificati dovrebbero piuttosto investire più soldi nel nostro sistema d’educazione”, riferendosi a chi – come la Merkel – intende sfruttare il flusso di lavoratori qualificati del Sud del Mondo verso la locomotiva tedesca.
In sintesi l’esponente della Die Linke colloca i fenomeni migratori all’interno dell’attuale contesto sistemico, denunciando gli attori delle cause ultime della migrazioni e il tentativo di sfruttamento di questi flussi da parte delle classi dominanti, mettendo l’accento sui bisogni delle classi subalterne che hanno conosciuto un impoverimento complessivo della propria esistenza a causa delle politiche di austerity dei governi che si sono succeduti in Germania e desidera lanciare una sfida all’estrema destra.
“Con questo movimento” ha dichiarato in conferenza stampa durante il lancio di Aufstehen, “noi vogliamo stroncare l’ascesa dell’AfD. Guardate ciò che succede nell’ex Germania dell’Est. L’AfD è divenuto il partito dei lavoratori e di chi cerca lavoro. Questo ci deve fare riflettere, a sinistra, su ciò che abbiamo sbagliato.”
Senza collocare le sue affermazioni all’interno del contesto tedesco, e senza contestualizzarle, estrapolandole e mutilandole dal suo discorso complessivo, non si possono in alcun modo comprendere (e comprendere – ripetiamo – non si significa “sposarle”), soprattutto quando sono usate strumentalmente per un attacco portato avanti dalla filiera di interessi che propugna una “difesa della UE”, fantasticando che sia una specie di “bastione dei diritti”.
Discorso diverso per chi – interno ad un processo costituente a livello continentale che sfida la falsa alternativa tra il populismo di destra (assolutamente cooptabile all’interno della stanza dei bottoni a Bruxelles, come dimostra l’incontro tra Blair e Salvini) e un fronte che va da “Macron a Tsipras” – critica un approccio della leader comunista tedesca che non corrisponde ai propri paradigmi d’analisi rispetto alla “gestione” dei flussi migratori e alla loro presunta influenza sui meccanismi di livellamento verso il basso delle condizioni di vita delle classi subalterne.
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Veniamo a noi...
Per chi organizza quotidianamente, insieme a porzioni importanti del proletariato multinazionale, in settori chiave dell’economia come nella filiera dell’agro-business o nella logistica, ed è al fianco delle lotte dei migranti e dei richiedenti asilo;
per gli attivisti sindacali, sociali o politici che si sono stretti intorno ai compagni caduti, Abdel Salam e Soumail Sacko;
per chi contende ogni giorno sul terreno, “palmo a palmo” (non nei salotti televisivi e dalle colonne dei giornali mainstream), le periferie all’estrema destra e al tentativo di penetrazione dei neo-fascisti dentro il nostro “blocco sociale”;
per chi denuncia “la creazione del sottosviluppo” nel nostro Paese come un prodotto delle politiche della UE, che costringono sempre più persone all’emigrazione senza prospettiva di ritorno o all’impoverimento crescente delle classi subalterne;
per tutti questi attivisti la questione della “contiguità con i razzisti” non si pone proprio.
E anche una seppur vaga accusa di “rossobrunismo” – il “venticello sottile” della calunnia è sempre attivo – suonerebbe come una inaccettabile provocazione alla nostra quotidiana pratica di classe.
Una provocazione non innocente, né frutto di insopportabile superficialità, fatta per screditare alle nostre latitudini un progetto politico che sta scuotendo la sinistra radicale europea dal torpore politico e dalla subordinazione culturale, recidendo il cordone ombelicale con quella cultura politica liberal-europeista, niente affatto “di sinistra”, cui vogliamo impedire di perpetrare altri disastri.
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