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01/04/2019

F-35: il potere delle armi


“La “unione personale” delle banche con l’industria è completata dalla “unione personale” di entrambe col governo” (Lenin – L’imperialismo)

I trentaquattro F-35 che il Belgio deve acquistare dagli Stati Uniti, per una cifra di circa 4 miliardi di euro, non sarebbero in grado di sostenere un combattimento aereo. La notizia non viene da Bruxelles, ma dall’organizzazione non governativa americana POGO (Project On Government Oversight), anche se riportata dalla rivista belga Le Vif.

I velivoli avrebbero così tanti difetti e carenze tecniche, da renderli inadatti ad azioni di guerra e da mettere in pericolo gli stessi piloti. Nello specifico, in estrema sintesi: scarsa precisione di fuoco, insufficiente livello di difesa da cyberattacchi e durata limitata di servizio, sia complessiva (2.000 ore, invece delle 8.000 previste), sia relativa, con una media di 0,3-0,4 uscite al giorno, contro 1 uscita di F-15 ed F-16 e 1,4 uscite del A-10. Nella versione per la Marina i F-35B di oggi potrebbero finire al cimitero già nel 2026, 44 anni prima del 2070, come previsto dal programma.

Ma la “scelta” del governo belga sugli F-35 è fatta ed è stata annunciata pochi mesi fa (alla gara indetta, avevano risposto la svedese Saab, l’americana Boeing, la britannica BAE System – con i suoi Eurofighter Typhoon – e la Lockheed Martin, appunto, coi F-35 Lightning II; poi Saab e Boeing si erano ritirate). Una scelta che aveva sollevato la reazione stizzita di Emmanuel Macron, che aveva qualificato quella decisione belga come “strategicamente contraria agli interessi del vecchio continente”, essendo stati scartati il francese Dassault Rafale (non rispondente alle procedure di gara) e l’Eurofighter, in cui entra, tra le altre, anche la Francia.

In generale, a giudizio della POGO, lascerebbe molto a desiderare la versione dei caccia della Lockheed destinati alla Marina. Quello del F-35, osserva iarex.ru, costituisce un’ulteriore testimonianza del degrado del complesso militare-industriale statunitense.

Un altro esempio è dato dalla recentissima portaerei nucleare “Gerald R. Ford”, per cui si sono spesi quasi 13 miliardi di dollari, ma che, subito dopo la prima uscita in mare, è dovuta andare in bacino, dove rimarrà non meno di 15 mesi, e tuttavia ciò non ha impedito alla US Navy di ordinare altri due vascelli dello stesso tipo.

Più che di “degrado del complesso militare-industriale”, sembra dunque di poter rilevare il potere del denaro nel dettare le scelte politiche o, per dirla con Lenin, poter constatare come “Le due istituzioni più caratteristiche di questa macchina statale sono: la burocrazia e l’esercito permanente. Marx ed Engels parlano molte volte, nelle loro opere, dei mille legami che collegano queste istituzioni appunto con la borghesia”.

Tornando agli F-35 – il sistema d’arma più costoso della storia: sinora 1,5 trilioni di dollari – un’estesa e dettagliata analisi dei suoi difetti, è stata pubblicata a firma di Dan Grazier, associato presso il Center for Defense Information della POGO. Grazier riassume le varie manovre e sotterfugi adottati per guadagnar tempo rispetto alle fasi previste e aggirare i risultati negativi forniti dai test di valutazione operativa dei velivoli, pur di continuare il programma della Lockheed.

Si parla di grossolane carenze, ad esempio, nell’impiego dell’arma principale del caccia, cioè il missile aria-aria “AIM-120″ e di bassa funzionalità del cannoncino di bordo, il cui tiro è troppo lungo e spostato a destra. Non vanno meglio le cose per il software operativo: Grazier cita quanto già pubblicamente riconosciuto dal capo Dipartimento collaudo-armi (“DOT&E”) del Pentagono, Robert Behler, a proposito delle carenze del sistema ALIS (Autonomic Logistics Information System), in particolare per i programmi di attacco elettronico e strategico, interdizione aerea, mappe, segnali elettronici di minaccia, dati sulle potenziali armi nemiche, sensori per distinguere aerei amici dai nemici, ecc.

Come già in precedenza, nota Grazier,i test di sicurezza informatica dimostrano come non siano state affatto risolte molte vulnerabilità già evidenziate in precedenza, il che significa che hacker nemici potrebbero potenzialmente arrestare la rete ALIS, sottrarre dati dalla rete e dai computer di bordo e impedire all’aereo di volare.

La natura completamente integrata di tutti i sistemi dei F-35 rende la sicurezza informatica più essenziale rispetto a qualsiasi altro velivolo; dal momento che tutti i sottosistemi di bordo – radar di scansione elettronica, sistema di comunicazione, navigazione e identificazione, ecc. – sono collegati, probabili hacker nemici devono solo compromettere il software di uno di questi per manomettere l’intero sistema.

I problemi con ALIS sarebbero così gravi da costringere l’aviazione USA ad annunciare che, tramite la Lockheed, sta lavorando a un nuovo programma, “Mad Hatter”, che eseguirà tutte le funzioni previste da ALIS. “Per essere chiari” ironizza Grazier, “i contribuenti hanno finanziato la Lockheed per creare ALIS e ora pagheranno la Lockheed per un sostituto di ‘Mad Hatter’ e pagheranno anche il conto per nuove patch nel software originale”.

In sostanza, scrive Grazier, accade che l’Ufficio di collaudo operativo del Pentagono (DOT&E), voluto dal Congresso nel 1983 quale ufficio del Dipartimento della difesa indipendente dagli appaltatori, per garantire che il Parlamento ricevesse informazioni precise sulle prestazioni dei nuovi sistemi d’arma, manchi totalmente di trasparenza e ritardi deliberatamente di presentare quei risultati dei test che non offrono risposte soddisfacenti.

Ma, per il F-35, sembra che l’Ufficio abbia avallato tutti i test dell’appaltatore Lockheed Martin. Prima dell’apertura di tale Ufficio, qualsiasi “dato di prova” che arrivava nelle mani dei deputati veniva filtrato per fare in modo che nulla ostacolasse la messa in produzione a pieno ritmo di un nuovo sistema d’arma. Ora, invece di utilizzare una squadra informatica governativa, per evitare anche l’apparenza di un conflitto di interessi, l’ufficio di programma ha pagato un team della Lockheed per eseguire i test di sicurezza informatica della rete ALIS della società stessa...

Tralasciando gli aperti legami personali e d’affari di ministri, deputati e finanche presidenti USA con questo o quel trust industriale o consorzio finanziario, sembra dunque che oltreoceano le cose siano cambiate di poco rispetto al 1983, e confermino anzi sempre più quanto scritto da Engels nel 1887 – poi ripreso da Lenin – secondo cui “... lo stato cura sempre meno gli interessi delle masse popolari per trasformarsi in un consorzio di agrari, di borsisti e grandi industriali”.

Se Grazier, al termine della sua lunga disamina tecnica, arriva a chiedere che il Congresso USA esiga un ritorno del DOT&E alla “sua precedente trasparenza”, perché il “popolo americano, in particolare gli uomini e le donne che dovranno affidare le loro vite ai F-35” e “i contribuenti, che stanno pagando un conto in costante aumento, non meritano niente di meno”, cosa hanno da dire “gli uomini e le donne” d’Italia, obbligati a sborsare una media di 110 milioni di euro per ognuno dei 90 esemplari di F-35 che i vari governi non hanno mai rinunciato a comprare?

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