Egitto – 2012
Per il grande paese africano il decennio appena terminato è coinciso
con eventi di portata eccezionale e, purtroppo, costati la vita a
migliaia di persone. Il primo all’inizio del 2011 è stato
la caduta del regime di Hosni Mubarak, presidente per trent’anni e leader
del Partito Nazionale Democratico, avvenuta con quella che è passata
alla storia come la “Rivoluzione del 25 gennaio”. Violenti
scontri tra forze di sicurezza e manifestanti provocarono la morte di
almeno 800 persone e oltre 6.000 feriti. La lotta dei manifestanti
egiziani si concentrò su questioni legali e politiche, brutalità della
polizia, leggi sullo stato di emergenza, mancanza di libertà politica,
libertà civile, libertà di parola, corruzione, alto tasso di
disoccupazione, inflazione e salari bassi.
Andati al potere, con le elezioni, i Fratelli musulmani, le proteste
degli egiziani non sostenitori del movimento islamista si concentrarono
contro il nuovo presidente Mohamed Morsi. Il 22 novembre 2012, milioni
di manifestanti iniziarono a protestare contro Morsi, dopo che il suo
governo aveva annunciato una dichiarazione costituzionale temporanea che
avrebbe garantito al presidente poteri illimitati. A capo delle
manifestazioni, organizzazioni e figure dell’opposizione egiziana,
principalmente liberali, di sinistra, laici e cristiani. Le
dimostrazioni provocarono violenti scontri con decine di morti e
centinaia di feriti. Numerosi consiglieri di Morsi diedero le
dimissioni in segno di protesta e anche molti giudici manifestarono la
propria opinione contro le azioni del presidente.
A dicembre del 2012, Morsi annullò il decreto temporaneo che aveva
ampliato la sua autorità presidenziale e rimosso la revisione
giudiziaria dei suoi decreti. Ma il suo destino sarebbe stato segnato
dal colpo di stato militare. Il 30 giugno 2013, primo anniversario della
sua elezione, milioni di oppositori si radunarono in piazza Tahrir e
fuori dal palazzo presidenziale, nel sobborgo di Heliopolis, chiedendo
le dimissioni del presidente. Il 3 luglio 2013 le forze armate egiziane
entrarono in azione mettendo fine alla sua presidenza e diedero vita ad
una feroce repressione dei sostenitori del presidente islamista.
Sudafrica – 2013
A 95 anni, il 5 dicembre 2013, muore Nelson Mandela. Leader dei
diritti civili, leader politico e simbolo di integrità e
riconciliazione, dopo un periodo di quasi tre anni in prigione diventa
presidente del Sudafrica.
La sua missione permanente di porre fine all’apartheid è iniziata quando ha lasciato presto la scuola per unirsi all’African National Congress
(ANC). Fu nel 1960 che gli sforzi di Mandela divennero più militanti,
scatenati quando la polizia aprì il fuoco su un gruppo di manifestanti
disarmati nella cittadina di Sharpeville, uccidendo 69 persone.
Poco dopo, l’ANC fu considerato fuorilegge, ma ciò non fermò Mandela
che continuò la sua lotta a fianco dell’organizzazione la ‘Umkhonto we Sizwe’ (lancia della nazione).
In qualità di presidente, dal 1994, Mandela ha introdotto innovativi
programmi sociali ed economici e ha presieduto l’emanazione di una nuova
costituzione che ha istituito un forte governo centrale e vietato la
discriminazione razziale.
Guinea Conakry, Sierra Leone, Liberia – 2014
Il 30 dicembre del 2015 è stata dichiarata libera dal focolaio di
ebola, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la Guinea
Conakry. Nel corso del 2016 vengono dichiarati spenti anche gli ultimi
focolai di ebola in Liberia e Sierra Leone.
È stata la fine di una delle più aggressive epidemie del virus
ebola in Africa occidentale, che ha contato 28.657 casi conclamati e
11.325 morti. L’ebola ha lasciato orfani circa 6.200 bambini solo in
Guinea Conakry.
Il focolaio infettivo è iniziato a Gueckedou, nella Guinea
orientale, prima di diffondersi violentemente in Liberia, Sierra Leone e
altri sette Paesi limitrofi. La costruzione di sistemi di assistenza
sanitaria resilienti, la ferrea vigilanza e la rapidità di risposta sono
stati i punti chiavi per sottomettere l’infezione.
Etiopia – 2015
El Niño colpisce le regioni settentrionali dell’Africa orientale con
una crescente intensità. L’aumentato rischio di siccità seguito da
inondazioni nelle aree fluviali è risultato strettamente correlato alle
anomalie climatiche.
I forti eventi di El Niño hanno causato un’importante riduzione nella
produzione agricola. Inoltre, l’impatto della variabilità climatica
sullo stoccaggio delle acque sotterranee, ha ricevuto ancora una volta
un’attenzione limitata, nonostante la diffusa dipendenza da queste come
risorsa di acqua potabile e come elemento cruciale in agricoltura e
industria.
Il Paese più colpito rimane l’Etiopia con una drammatica siccità che
ha costretto 18 milioni di persone alla dipendenza da aiuti umanitari,
secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e
l’agricoltura (FAO).
Rwanda – 2018
Firmato nella capitale rwandese Kigali, il 21 marzo 2018, l‘African Continental Free Trade Agreement (AfCFTA). Con l’accordo, tenacemente mediato dall’Unione Africana, nasce una zona di libero scambio tra 44 Paesi africani.
L’accordo prevede che i membri riducano le tariffe doganali del 90%,
consentendo il libero accesso a merci e servizi in tutto il continente.
La Commissione economica delle Nazioni Unite per l’Africa (UNECA) ha
stimato che l’accordo aumenterà il commercio intra-africano del 52%
entro il 2022.
Algeria – 2019
Iniziato il 16 febbraio 2019, sei giorni dopo che Abdelaziz
Bouteflika ha annunciato la sua candidatura per un quinto mandato
presidenziale, il movimento Revolution of Smiles o Hirak Movement, ha inondato di proteste e manifestazioni le strade algerine.
Queste proteste, senza precedenti dalla guerra civile algerina, sono
state pacifiche e hanno portato i militari algerini a insistere sulle
dimissioni immediate di Bouteflika, che hanno effettivamente avuto luogo
il 2 aprile 2019.
Le crescenti tensioni all’interno del regime algerino possono essere
ricondotte all’inizio del dominio di Bouteflika, che è stato
caratterizzato dal monopolio dello stato sulle entrate delle risorse
naturali utilizzate per finanziare il sistema clientelare del governo volto a garantirne la stabilità.
Le autorità algerine hanno arrestato decine di attivisti del Mouvement pour la démocratie en Algérie dal settembre 2019. Molti rimangono tuttora detenuti con vaghe accuse.
Presi di mira anche i giornalisti che hanno documentato le proteste. I
rapporti della polizia negli archivi giudiziari mostrano che la Brigade de Recherche et Investigation,
ha monitorato le attività sui social media di alcuni leader del
movimento, presentandole come crimini elettronici ai danni della
sicurezza dello stato o dell’unità nazionale.
Sud Sudan – 2011
Le celebrazioni sono scoppiate a mezzanotte. Migliaia di manifestanti
si sono riversati nelle strade di Juba nelle prime ore del mattino,
issando enormi bandiere per festeggiare la nascita di una nuova Nazione.
Era il 9 luglio del 2011.
Dopo più di cinquant’anni di guerriglia e due milioni di vite perse,
la Repubblica del Sud-Sudan, il 54° stato dell’Africa, ha dunque
ufficialmente dichiarato la propria indipendenza.
Dalla metà degli anni ’50, anche prima che il Sudan si liberasse dal giogo coloniale, i sudanesi del sud cercavano maggiori diritti. La
lotta del Sud Sudan scoppiò in una vera e propria ribellione negli anni
’60, poi ripresa di nuovo negli anni ’80. Il governo sudanese rispose
brutalmente, bombardando villaggi e scatenando milizie arabe che
massacrarono civili e ridussero in schiavitù i minorenni.
I gruppi cristiani hanno storicamente difeso il Sud Sudan. Il governo
americano ha spinto i ribelli del sud e il governo centrale a firmare
un accordo di pace globale che garantisse ai meridionali il diritto alla
secessione.
Fonte
Una cronaca davvero molto parziale in alcuni dettagli specifici: da Mandela che non era affatto un pacifista a senso unico come viene dipinto dall'autrice e che abdicò troppo presto nei confronti della giustizia sociale senza cui la parità civile tra bianchi e neri in Sudafrica non si è di fatto ancora realizzata, all'epidemia di Ebola in cui si rimuove come l'occidente strumentalizzò l'emergenza per insediarsi militarmente nelle aree colpite dal contagio, la cui sconfittà si giovò in larga parte degli sforzi profusi a titolo puramente solidaristico da Cuba.
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