Nel maggio del 1980 Ian Curtis si suicida ponendo tragicamente fine alla storia dei Joy Division, la band di Manchester che in Inghilterra è il simbolo del post-punk e della dark-wave.
Rinominatisi New Order, i superstiti, ancora sotto shock, eleggono
cantante il chitarrista (e principale sperimentatore elettronico)
Bernard Sumner e aggiungono la tastierista Gillian Gilbert. Soltanto con
questo secondo disco però riescono a uscire dall'ombra della band
precedente, trovando non solo una modalità espressiva propria e
originale, ma incidendo profondamente sul corso della musica pop tutta.
La svolta è rappresentata da un brano, "Blue Monday", che esce come
singolo nello stesso anno di questo album e ne rappresenta l'ideale
complemento. A collegarli è la quarta traccia dell'Lp, "586", quasi un demo
originale di "Blue Monday", sorta di testimonianza della genesi del
famoso brano. Dal vivo la band è infatti solita alternare i propri
interventi con momenti in cui i musicisti scompaiono dalla scena,
lasciando spazio alle "macchine" (sintetizzatori, sequencer, drum machine)
che eseguono tracce pre-programmate, per lo sgomento del pubblico. Una
di queste tracce è un lungo magma titolato "5-8-6", costituito da
un'epica linea di basso, dagli interventi atmosferici del sintetizzatore
e dalle ritmiche sovrapposte di una martellante drum machine:
da essa prenderà forma "Blue Monday", uno dei primi brani elettronici a
registrare un enorme successo di pubblico e un vero caposaldo dei dancefloor degli ultimi vent'anni, capostipite del synth-pop che spopolerà negli anni Ottanta ma anche della futura electro.
È un punto di svolta per la band e registra anche un mutamento sociale in
atto per quanto riguarda Manchester, che nel corso del decennio si
evolverà da grigia città industriale a moderno epicentro del
divertimento notturno. "Stavamo facendo deliberatamente musica che si
potesse ballare" dirà Sumner, "anche se noi non ci andavamo. Quando
eravamo nei Joy Division, la gente non andava nei club per ballare, ma
per prendersi a testate".
Tutto "Power, Corruption and Lies" si
muove sulle coordinate di quel brano, la stessa copertina, che accosta
una natura morta ottocentesca (un mazzo di fiori) a una combinazione di
colori elaborata sulla base di un codice (dove ai colori corrispondono
lettere, a formare titolo e intestazione), rimanda ai codici binari
dell'informatica e al rapporto tra organico (i fiori, la musica suonata)
e digitale.
I grandi ispiratori di questo approccio non possono non essere i Kraftwerk,
pionieri dell'applicazione dell'elettronica "colta" alla musica pop di
successo, ma tanto questi sono teutonicamente rigorosi, misurati,
monumentali, quanto i New Order sono istintivi, brutali, fisici, anche
nell'approccio all'astrazione dell'elettronica: ecco la grande
innovazione di questo disco. Ne risulta un approccio viscerale nel
connubio tra umani e macchine, testimoniato soprattutto dal senso di
intercambiabilità tra la batteria vera di Stephen Morris e le drum machine
in episodi di ipnotico synth-pop come "586", "Ultraviolence", e nella
più leggera "The Village". In quest'ultima è evidente anche la
fascinazione per la disco newyorkese, contraltare sensuale e
ludico alle austerità germaniche e in grado però di convivere con esse
all'interno dei singoli pezzi.
Un altro elemento caratterizzante
di queste tracce, come del suddetto singolo, è il basso di Peter Hook:
oscuro, potente, melodico, dalle tonalità alte quanto quelle di una
chitarra, vero e proprio trait d'union coi Joy Division. Un
esempio della sua forza è negli squarci oscuri di "Ecstasy", brano dal
titolo profetico, dato che un ulteriore contributo al mood
generale è dato dalla euforia indotta dagli acidi, mentre l'Mdma
arriverà dopo. Vi è infine il cantato querulo di un Sumner ormai libero
dalla lezione di Curtis e in grado di definire una propria poetica
malinconica e rancorosa, che si sposa con i ritmi elettronici e
ballabili in un connubio unico, esorcizzando sulle piste da ballo il
dolore del passato.
Ma i New Order stanno diventando soprattutto
un grande gruppo pop, e a testimoniarlo c'è il tris di canzoni che
rendono memorabile questo disco. "Age of Consent" è l'archetipo dei New
Order pop, una lunga cavalcata trascinata dal basso melodico di
Hook su cui si innalzano luminosi muri di tastiere, il recitato
romantico e fatalista di Sumner, una chitarra scampanellante e sempre
più frenetica fino al parossismo della coda finale. È, come tanti grandi
pezzi della band, un brano di grande respiro, che cresce liberamente
(nascendo evidentemente da una jam) in modo istintivo e si
esaurisce soltanto quando al quadro sonoro non c'è più nulla da
aggiungere, un vero riflesso della filosofia autarchica, ferocemente
autoreferenziale del gruppo. Lo stesso titolo dell'album d'altronde,
ripreso da una frase ("Potere, corruzione, bugie") scritta dall'artista
Gerard Richter sulle pareti della Kunsthalle di Colonia nel 1981,
rispecchia lo stesso spirito iconoclasta.
"Your Silent Face" è invece una ballad
semplicemente maestosa, figlia di quella "Atmosphere" che dei Joy
Division era insieme il brano più elettronico e più romantico. Qui il
minimalismo della band, testimoniato dai tipici, semplici riff
di basso e chitarra, viene trasceso per forza di accumulo in un
crescendo orchestrale magniloquente che influenzerà non poco in futuro i
Cure di
"Disintegration". Bret Easton Ellis citerà il pezzo nel suo romanzo "Le
regole dell'attrazione", prendendolo a paradigma di certa malinconia
musicale degli Anni Ottanta.
A chiudere, "Leave Me Alone", dove le
macchine scompaiono e si riparte come da zero, con uno scarnificato
dialogo tra chitarra, batteria e basso che arriva dove le parole non
possono, per una elegia da cuori gonfi e occhi desolati: se dimenticare
il dolore è impossibile, questa musica testimonia di come la vita possa
continuare. L'alternanza tra macchine e uomini rappresenta infatti anche
l'incertezza tra un andare avanti meccanico, stoico, privo di pensiero e
al contrario il bisogno di lasciar fluire i sentimenti.
L'approccio
organico tra fisicità rock e moderne sonorità elettroniche in seguito
farà grandi i New Order e la scena di Manchester tutta, prefigurando
l'esplosione della house music e dei rave party tra
fine anni Ottanta e inizio Novanta. Ne saranno influenzate diverse
correnti della musica elettronica, le eredi più autentiche dello
sperimentalismo new wave, con buona pace dei numerosi cloni dei Joy
Division proposti dal rock del Duemila. Questo disco però resterà unico
per il suo rappresentare una grande transizione, musicale ed
esistenziale, come una misteriosa soglia tra luce e buio che ancora
riesce ad affascinare.
Nessun commento:
Posta un commento