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03/08/2022

Covid. Esposti alle Procure contro le “bolle” negli ospedali

Istituire le “bolle”, cioè mantenere i pazienti positivi al Covid all’interno del reparto di degenza insieme ai pazienti negativi, sembra sia diventata l’unica ricetta adottata praticamente in tutta Italia per cercare di contenere il diffondersi del virus all’interno degli ospedali e cercare di supplire alla cronica carenza di personale.

Le soluzioni adottate però, sono rabberciate ed inefficaci e non hanno lo scopo di tutelare in maniera efficace la salute dei degenti e di tutelare dal rischio gli operatori sanitari, bensì di continuare a non assumere se è vero, come è vero, che da aprile 2021 il reclutamento di personale a tempo indeterminato si è praticamente arrestato in tutte le regioni, che i sanitari assunti in emergenza Covid con il contratto di collaborazione coordinata e continuativa stanno per essere mandati a casa dopo essere stati sfruttati a dovere e che le stabilizzazioni del personale precario che ne ha maturati i requisiti stanno avvenendo con il contagocce.

Dalla Toscana alla Puglia, dalla Sardegna alle Marche, solo per citarne alcune, tutte le regioni stanno adottando questo metodo che si sta rivelando fallimentare, inefficace e pericoloso, come testimonia l’aumento esponenziale dei contagi sia fra i ricoverati che fra il personale.

Gli espedienti impiegati per dare una parvenza di serietà e di base scientifica alla procedura sono molteplici e tutti risibili: dall’indicazione di tenere le finestre delle camere aperte, che in una situazione di caldo estremo come quella che stiamo vivendo ed a fronte delle indicazioni di Inps e Inail che prevedono la possibilità di ricorrere alla cassa integrazione con temperature sopra i 35 gradi, sembra più una provocazione che una soluzione, alle “separazioni funzionali, – un semplice paravento per essere chiari – posti nei corridoi a separare la zona pulita da quella infetta, per finire con il personale sanitario che, costretto a fare la spola fra i pazienti negativi e quelli positivi ed a ripetere più volte per turno in totale mancanza di sicurezza le operazioni di vestizione e svestizione dei dispositivi individuali di protezione, viene sempre più spesso accusato di essere l’“untore” perché non rispetterebbe le procedure e le norme igienico sanitarie.

È invece chiaro che le responsabilità sono della dirigenza delle ASL e non è che adottando una procedura più o meno fantasiosa si possa pensare di evitarle. Perché è palese che si sta sottoponendo in maniera consapevole al rischio del contagio i pazienti, anche quelli fragili e con multimorbilità, facendo conto, con un incredibile gioco d’azzardo e con una bella dose di cinismo, sulla minor pericolosità del virus e sulla ridotta entità dei sintomi, e che si sta alimentando un circolo vizioso nel quale la già grave mancanza di operatori sanitari viene accentuata dal diffondersi del contagio dovuto alla totale mancanza di sicurezza nella quale sono costretti ad operare.

Proprio per cercare di fare chiarezza sulle responsabilità e squarciare il velo sulle omissioni e le distorsioni delle norme sulla sicurezza, a partire dalla Toscana, come USB presenteremo esposti alle Procure della Repubblica nei territori dove le “bolle Covid” stanno producendo gli effetti più negativi ma, al contempo, continueremo a mobilitarci per richiedere in tutte le sedi l’unica cosa che può evitare tutto questo: assunzioni, stabilizzazioni, investimenti.

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